Dal primo gennaio 2015 saranno gli azionisti, obbligazionisti e correntisti di ogni istituto bancario a sopportarne i costi di un eventuale fallimento. Con una nuova direttiva comunitaria, l’Unione Europea ha infatti decretato la fine del meccanismo di solidarietà tra i contribuenti di differenti nazioni nel caso di crisi bancarie, delegando di fatto al singolo correntista l’onere della valutazione della solvibilità dell’istituto cui ha affidato i propri risparmi.
Per capire l’impatto di tale direttiva, occorre tornare al 31 dicembre 2014.
Mentre nelle nostre case iniziava il conto alla rovescia per salutare l’arrivo di un nuovo, prosperoso, anno, sul sito della Commissione Europea usciva questa notizia:
«Dal 1° Gennaio 2015 si applicherà in tutta l’Unione Europea un regolamento unico per la risoluzione delle crisi bancarie[1]».
Fermi! Aspettate un secondo ad alzare i calici, che devo leggere.
«Il nuovo regolamento armonizzerà e renderà più efficienti gli strumenti disponibili per la gestione della crisi delle banche dell’Eurozona. Tali regole garantiranno inoltre che azionisti e creditori delle banche sopporteranno la propria quota dei costi del fallimento attraverso un meccanismo di bail-in»[2].
Mah, sarà uno scherzo! E poi cosa sarebbe questo meccanismo? Ma soprattutto cosa intendono per dividersi i costi del fallimento?
Per tre mesi non si seppe più nulla.
Poi, un fulmine a ciel sereno:
«Visco: I clienti pagheranno i salvataggi delle banche, vanno informati. Il Governatore della Banca d’Italia interviene al Senato e rassicura sulla condizioni dell’economia il cui miglioramento si sta riflettendo positivamente sulle condizioni delle banche, ma mette in guardia sul futuro». (La Repubblica – 22/04/2015[3]).
Colpo di grazia: con 270 voti favorevoli, 113 contrari e 22 astenuti, nella seduta del 02 luglio 2015 il Parlamento Italiano recepisce 56 direttive e 9 decisioni quadro della Ue, in materia di agricoltura, giustizia, salute, ma soprattutto finanza.
Per capire il bail-in bisogna partire dalla crisi di Cipro del 2013, quando si impone un principio: non sarebbero stati i creditori istituzionali di Cipro a pagare, ma i cittadini e le imprese cipriote
Urge fare chiarezza. Cos’è esattamente questo “bail-in”? Basta spostare le lancette indietro di qualche anno ancora: l’Europa è appena stata investita dalla peggiore crisi finanziaria della storia. Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna sono accomunate dall’essere sull’orlo del baratro. La “periferia” dissestata (dell’Europa) ha bisogno dell’aiuto dei Paesi “cuore”, viene persino coniato un acronimo infelice: “P.I.I.G.S.”. Certo: una “i” in più per distinguerlo da “pigs”, maiali. Peccato però che per gli anglofoni sia (quasi) impossibile distinguere i due suoni. Il clima di sospetto e crescente diffidenza emerge a più riprese tra i partner europei: nelle menti del fronte teutonico comincia a instillarsi l’idea che i Paesi periferici abbiano interpretato l’Europa come una Commedia dell’Arte in cui – manco a dirlo – “paga Pantalone!”.
In questo scenario, nel marzo del 2013, irrompe in maniera devastante la crisi di Cipro. Il Paese è piccolo, piccolissimo: rappresenta appena lo 0,20% del Pil dell’economia europea. Tuttavia il momento – storico – è delicatissimo: c’è molta più politica che economia.
La storia di Cipro presenta evidenti parallelismi con quelle di Islanda e Irlanda, con il riciclaggio di denaro (sporco) russo come ingrediente extra.
Con le parole di Paul Krugman:
«Tutte e tre queste isole-Stato hanno conosciuto una crescita rapida grazie al loro status di santuari del banking internazionale, che però li ha lasciati con un sistema bancario troppo gonfiato per poter essere salvato. L’Islanda è uscita dalla crisi con meno ammaccature dell’Irlanda, e questo per due ragioni. La prima è che non ha coperto i debiti delle sue banche verso i creditori esteri, nemmeno i soldi depositati in conti correnti fuori dai confini nazionali. La seconda è che poteva contare sulla flessibilità che deriva dal fatto di avere una propria valuta». (Il Sole 24 Ore, 25/03/2015[4]).
Amen.
Gli ingredienti di questo thriller sono intriganti:
- c’è un Paese sull’orlo del baratro per la crescita sproporzionata del proprio sistema bancario
- un altro, anzi, L’ALTRO, la Germania, pesantemente esposto (si dice che l’esposizione degli istituti di credito tedeschi con l’Isola sia pari a 5,9 miliardi di euro)
- un terzo Paese, la Russia, che ha visto i propri oligarchi riversare per anni fiumi di denaro nel paradiso cipriota per evadere il Fisco
- c’è un ampio “rischio di contagio” in una zona – l’Europa – già pesantemente in deficit di fiducia da parte degli investitori stranieri.
C’è anche il fulmen in clausura: dopo ore di estenuanti e drammatiche trattative, nella notte del 15 marzo 2013 i ministri delle Finanze europei trovano un accordo destinato a cambiare per sempre la “disciplina della crisi” bancaria europea. Cipro diventa infatti il quinto Paese dell’unione monetaria a ricevere il sostegno dei suoi partner da quando è scoppiata la crisi del debito, ma a fronte dei circa 17 miliardi di euro necessari – e richiesti dal governo di Nicosia – ne vengono erogati solamente 10 attraverso il fondo comunitario “salva Stati”.
La differenza? Attraverso un prelievo forzoso sui conti correnti superiori ai 100.000 euro. Si parla del 9,90%, poi di aliquote scaglionate, infine si arriva al 37,5 per cento.
Poco importa scoprire dopo qualche mese che l’importo dei prelievi sarà, casualmente, pari all’esposizione tedesca, che il rischio di contagio non sia a quel punto più economico, ma psicologico, e che per 12 giorni le banche cipriote vengano forzosamente tenute chiuse, dopo aver imposto ai cittadini un limite massimo di prelievo giornaliero (curioso come la storia si ripeterà altrove nel 2015).
È il principio, a contare: non saranno i creditori istituzionali di Cipro, a pagare (o almeno non in un primo momento). Saranno i cittadini e le imprese cipriote. Insieme a chi si è fidato a depositare i propri risparmi a Cipro. Questo è il concetto di “bail-in”. I soldi non arrivano più dal Sistema, dalle Banche Centrali, dal Fondo Monetario Internazionale. Il “bail” non arriva più da qualcun altro, dall’out. Il “bail” è in: dentro casa tua.
Il “bail” non arriva più da qualcun altro, dall’out. Il “bail” è in: dentro casa tua, sono imprese e correntisti a pagare
Questa è in sintesi la famigerata normativa “BRRD – Bank Recovery and Resolution Directive”, detta comunemente direttiva “bail-in”, recepita a luglio dal nostro Parlamento: ogni Banca europea dovrà dotarsi di un piano dettagliato per il momento in cui dovesse trovarsi in difficoltà, ed ad ogni Autorità nazionale verranno attribuiti specifici strumenti, e poteri, per intervenire nelle attività degli Istituti in difficoltà ed evitarne il fallimento.
Se anche questa misura dovesse rivelarsi inefficace, una precisa gerarchia consentirà di ripartire i costi del fallimento tra azionisti, obbligazionisti, e creditori. Della banca stessa. Questo è ciò che ci hanno comunicato mentre noi eravamo intenti a brindare al nuovo anno.
Resta un ultimo nodo da sciogliere, per essere clienti informati e consapevoli: la gerarchia dei creditori. Eccolo, rigorosamente in ordine dal primo a pagare sino all’ultimo:
- Azioni
- Obbligazioni Tier 1
- Obbligazioni Tier 2
- Debito Subordinato
- Debito Senior e altre passività ammissibili (c.d. obbligazioni tradizionali)
- Depositi di correntisti e piccole imprese (sopra i 100.000 euro)
Vengono per ora esclusi:
- Depositi fino a 100.000 euro, garantiti dai Fondi di Garanzia nazionali
- Passività garantite (es. Covered bond)
- Debiti verso enti previdenziali, fisco, dipendenti, fornitori
Se “ignorantia legibus non excusat”, ora state in guardia: la Finanza è ancora più spietata.
*Pseudonimo di un importante operatore finanziario
[1] http://europa.eu/rapid/press-release_IP-14-2862_en.htm?locale=en
[2] http://europa.eu/rapid/press-release_IP-14-2862_en.htm?locale=en
[3] http://www.repubblica.it/economia/2015/04/22/news/visco_banche_qe-112585311
[4] http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2013-03-25/cattive-sorelle-angoli-europa-145128.shtml?uuid=AbTjxQhH