TaccolaBasta finto made in Italy: l’approccio rigoroso e vincente di Blackfin

Basta finto made in Italy: l’approccio rigoroso e vincente di Blackfin

Essere rigorosi e farne un vanto paga: così si può leggere il +48% di ricavi di un’azienda della provincia di Belluno produttrice di occhiali in titanio, la Pramaor, che anno dopo anno si sta smarcando dalla sua storia di fornitore delle principali aziende del distretto, per diventare un marchio che vive di luce propria. Il fatturato 2015 è arrivato a 4,9 milioni di euro, quello 2015 dovrebbe salire di un altro 40 per cento. Dietro questi risultati c’è una strategia chiara: produrre tutto in Italia e comunicarlo in ogni modo. Nel mondo della moda in genere non funziona così, anche perché per avere l’etichetta di Made in Italy è sufficiente svolgere le ultime lavorazioni nei nostri confini. Per questo l’idea dell’amministratore delegato della Pramaor, Nicola Del Din, è stata di coniare un nuovo termine: “neomadeinitaly”. «La denominazione “Made in Italy” non dà garanzie di produzione totalmente italiana – dice a Linkiesta -. Le aziende, per esigenze di costi, acquistano prodotti semilavorati all’estero e si limitano a fare in Italia gli ultimi passaggi. Questo è legale», aggiunge, «al di fuori di una prospettiva di trasparenza». 

Nicola Del Din, amministratore delegato di Pramaor

L’ad della Pramaor ha coniato il termine “neomadeinitaly”: «La denominazione “Made in Italy” non dà garanzie di produzione totalmente italiana» 

La Pramaor, in quanto azienda piccola, ha deciso di non fare battaglie nelle associazioni di categoria, ma di usare questa circostanza come leva di marketing, sia verso il mercato italiano sia verso l’estero, da dove arriva il 75% del fatturato. Raggiunto al telefono, Del Din racconta di essere in Bulgaria, a visionare la location del prossimo video di comunicazione. Il giorno prima era stato a girare un video sulle Dolomiti. Lo scopo è sempre lo stesso: fare storytelling, raccontare una realtà produttiva che non tutti possono sfoggiare con lo stesso orgoglio. «Questo approccio ci sta dando tante soddisfazioni», racconta. I dati lo testimoniano: quelli sul fatturato, già ricordati, e il +29% di vendite registrato nel 2014 nell’asfittico mercato interno. 

Una fase della lavorazione degli occhiali Blackfin, in titanio

«Mi chiedo come facciano i concorrenti a gestire le produzioni dall’altra parte del mondo. Noi abbiamo vantaggi enormi dalla gestione interna»

Per Del Din il neomadeinitaly va però oltre la comunicazione. «Mi chiedo come facciano i concorrenti a gestire le produzioni dall’altra parte del mondo. Immagino abbiano costi fissi altissimi di trasporto. Noi invece abbiamo vantaggi enormi dalla gestione interna del magazzino». Oggi la Pramaor di straniero ha solo tre cose: il nome del marchio principale di occhiali (Blackfin), il titanio che arriva in lamiere dal Giappone e i macchinari per lavorarlo. Oltre che nei confini italiani, i processi stanno entrando sempre di più all’interno del perimetro aziendale. È dello scorso Natale l’acquisizione di un ex fornitore, che realizzava la coloratura degli occhiali. «La decina di dipendenti del fornitore è entrata a far parte della nostra famiglia e questa primavera abbiamo trovato il modo di realizzare aumenti di produttività», commenta. 

 https://www.youtube.com/embed/Wwmu8I7XxSw/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-IT 

MESSAGGIO PROMOZIONALE

Oltre alla produzione italiana e alla comunicazione, la terza gamba della strategia della società è il modello di organizzazione nord-europeo. La scintilla, dice Del Din, è arrivata a metà anni Duemila, dalla constatazione che nelle fiere internazionali si stavano facendo sempre più strada le aziende scandinave. Pur avendo meno tradizione in fatto di componentistica, si distinguevano per il design e la comunicazione. «Il modello organizzativo nord-europeo dovrebbe essere un riferimento per molte Pmi italiane, che hanno tante scintille e belle idee ma purtroppo non sono gestite bene».

La dichiarazione, impegnativa: «Abbiamo un approccio etico che dimostriamo con il rispetto per i collaboratori, dei fornitori e dell’ambiente»

Del Din usa parola che nel business è sempre a rischio di essere un boomerang: “etica”. «Abbiamo un approccio etico che dimostriamo con il rispetto per i collaboratori, dei fornitori e dell’ambiente». Come esempio di rispetto verso i dipendenti – 53, a cui si aggiungono 20 agenti e 30 distributori all’estero – cita una gita effettuata in una nota fabbrica di motociclette. L’anno prossimo si replicherà, con una visita alla pattuglia acrobatica delle Frecce Tricolori. «Serve a fare gruppo, ma anche a migliorare il processo produttivo», dice. Da quest’anno, aggiunge, partirà un sistema di premi di fine anno per i dipendenti. Esporsi come esempio positivo è un rischio. Ma se non si hanno scheletri nell’armadio è una carta che può essere vincente. 

Foto di gruppo dei dipendenti della Pramaor (foto: fonte aziendale)