CAMOGLI – Un serrato ping pong tra due posizioni opposte: quella del membro del Consiglio di amministrazione Rai Carlo Freccero e quello del critico televisivo Aldo Grasso. A difendere a spada tratta il ruolo fondamentale del servizio pubblico in Italia il primo, a denunciare i limiti di un concetto vuoto e quasi ruffiano il secondo. È quello che è successo nell’incontro “La Rai fa servizio pubblico” al Festival della Comunicazione di Camogli.
Ma prima di iniziare la tenzone è meglio fare un po’ di chiarezza sulla nascita del mezzo radiotelevisivo. Viene al mondo negli anni trenta del Novecento in un’Europa dominata dai totalitarismi che accompagneranno gli stati alla Seconda guerra mondiale. L’Inghilterra, in particolare, appoggia la nascita del nuovo mezzo, al punto che, quando nasce, la Bbc ha il compito di unificare l’Inghilterra e la sua lingua deve diventare il canone per chiese, scuola e tribunali.
Secondo Grasso c’è «una nozione di servizio pubblico estremamente idealizzata che l’Italia scimmiotta dalla Gran Bretagna senza tuttavia staccarsi dalla sua funzione originale, quella di avvallare i governi totalitari prima, i partiti politici oggi»
Da qui, secondo Grasso, inizia «una nozione di servizio pubblico estremamente idealizzata che l’Italia scimmiotta dalla Gran Bretagna senza tuttavia staccarsi dalla sua funzione originale, quella di avvallare i governi totalitari prima, i partiti politici oggi». È innegabile che in Italia vi sia uno stretto rapporto che lega la tv ai partiti: «Senza trust o fondazioni che rendano la Rai indipendente dal controllo diretto della politica, dove possiamo finire? Cosa significa, insomma, avere una commissione di vigilanza quando basterebbero dei bravi dirigenti della televisione a vigilarla?».
Ma la tesi di Carlo Freccero è un’altra: «La Rai – spiega – è una tipica invenzione di una cultura europea che mira a tutelare i cittadini. Perché? Perché è un servizio pubblico, come la scuola, e non nasce in un mercato ma in una condizione di protezione col compito di aiutare e salvaguardare il pubblico da uno stato di ignoranza comune». Per dirla alla francese, insomma, doveva essere il prolungamento della scuola pubblica. Ma con gli anni ottanta le cose cambiano: la commistione tra televisione italiana e televisione americana porta alla miscela esplosiva della tv commerciale, dove non comanda più l’elite che in passato aveva il compito di lavorare per il pubblico ma comanda il pubblico in prima persona: «E’ lui – prosegue Freccero – a decidere quale palinsesto fare, quali programmi vedere, addirittura quando mettere in pausa una fiction e riprenderla». E anche l’audience diventa attiva, tanto da essere lei, in realtà, la vera manipolatrice della politica.