Grecia, si torna al voto con scarso entusiasmo e molta incertezza

Grecia, si torna al voto con scarso entusiasmo e molta incertezza

Domani, per la quarta volta in tre anni, i greci si recheranno alle urne per decidere sul proprio futuro. Il primo gabinetto di “sinistra-sinistra” della storia ellenica, guidato da Alexis Tsipras, è durato solo sei mesi, ma dal 25 gennaio scorso, giorno in cui si tennero le ultime elezioni politiche che sancirono la vittoria di Syriza, sembra che siano passati degli anni.

La campagna elettorale non ha fatto registrare grandi entusiasmi, partecipazione, trasporto emotivo. È stata “sbrigativa”, segnata dallo iato profondo tra gli entusiasmi della popolazione fino al referendum e la doccia fredda della sottoscrizione del terzo memorandum

La “Coalizione della sinistra radicale”, dopo aver accumulato forza e credibilità nelle lotte contro i memorandum sottoscritti dai precedenti governi di larghe intese, vinceva le elezioni con un programma basato su due pilastri: stop alle politiche di austerità e un altro taglio del valore nominale del debito, dopo quello che nel 2012 riguardò l’intero settore privato. Con il nuovo pacchetto di “aiuti”, invece, quello che Tsipras è riuscito a portare a casa è un nuovo prestito, ma in cambio di ulteriori misure di austerità e della rinuncia a un altro pezzettino di sovranità. Si badi: non sono soldi per rilanciare gli investimenti ma, in gran parte, per rianimare l’esangue sistema bancario ed a ripagare i debiti pregressi. Cioè, nient’altro che una partita di giro per consentire alla Grecia di rimanere, artificialmente, in condizione di solvibilità. Si è parlato di “accordo sotto ricatto”, addirittura di “colpo di stato”, ma tant’è. Chiunque vincerà le elezioni dovrà fare i conti con questa dura realtà.

La campagna elettorale non ha fatto registrare grandi entusiasmi, partecipazione, trasporto emotivo. È stata “sbrigativa”, segnata dallo iato profondo tra gli entusiasmi della popolazione fino al referendum del 5 luglio e la doccia fredda della sottoscrizione del terzo memorandum da parte del governo. Due, comunque, gli elementi prevalenti: bassa intensità dello scontro tra le principali forze politiche in campo – al netto degli inevitabili veleni tra i compagni separati di Syriza e Unità Popolare – e ridotta partecipazione dei cittadini agli eventi elettorali. Almeno fino alla manifestazione di chiusura di Syriza in piazza Syntagma, dov’è tornata la folla delle grandi occasioni.

Nel confronto televisivo andato in onda sulla televisione pubblica lo scorso lunedì, Alexis Tsipras e il suo sfidante, il leader di Nuova Democrazia Evangelos Meimarakis, non hanno entusiasmato molto i telespettatori, sebbene la vittoria “ai punti” sia stata assegnata al premier uscente.

Per Varoufakis «le elezioni di domenica hanno due obiettivi: annullare il no espresso dal 62% dei greci al referendum e legittimare la capitolazione avvenuta con la firma del memorandum»

«Abbiamo perso una battaglia, ma non la guerra. Combattiamo a beneficio del popolo sulle principali questioni che rimangono aperte», è stato uno dei passaggi più significativi del leader di Syriza. Era chiara l’allusione alla ristrutturazione del debito, che, a questo punto, rimane la partita più importante da giocare nei prossimi mesi. La risposta di Meimarakis è stata, per così dire, caustica: «Non abbiamo contato mai così tanti disastri in così poco tempo», riferendosi alla chiusura delle banche e alla frenata dell’economia. Scontato, invece, il punto di vista degli scissionisti di Unità Popolare, la formazione nata dalla costola sinistra di Syriza, guidata dall’ex ministro per l’energia Panagiotis Lafazanis, con cui si sono schierati anche il presidente del Parlamento Zoe Konstantopoulou e Manolis Glezos, novantatreenne “eroe della resistenza” greca, fino a pochi giorni fa deputato al parlamento europeo nelle file del partito dei Tsipras: «Con la firma del terzo memorandum – è la loro convinzione – la Grecia è diventata una colonia tedesca. Tsipras porta la responsabilità di aver tradito il mandato ricevuto dal popolo in occasione del referendum del 5 luglio».

E Varoufakis, cosa dice l’ex ministro delle finanze? «Le elezioni di domenica – ha dichiarato – hanno due obiettivi: annullare il no espresso dal 62% dei greci al referendum di luglio contro le richieste della Troika e legittimare la capitolazione avvenuta con la firma del memorandum». Per questo, anche lui, si è deciso a votare per Unità Popolare.

Tsipras ha ripetuto continuamente che tra le pieghe del memorandum c’è spazio per interventi per lenire le sofferenze dei ceti più colpiti da crisi e austerità

Ma cosa dicono gli ultimi sondaggi? Tutti sembrano convergere su un punto: Syriza e Nuova Democrazia sarebbero a un’incollatura, ma ben al di sotto del 30%; tutti gli altri partiti distanziati di oltre venti punti. A superare la soglia di sbarramento del 3% sarebbero comunque, oltre alle due principali formazioni, i fascisti di Alba Dorata, i comunisti del KKE, i socialisti del PASOK, il movimento laico di centrosinistra To Potami e gli stessi scissionisti di Syriza. Molto difficile, invece, si presenterebbe l’impresa per i Greci Indipendenti (ANEL), partito nazionalista dell’ex ministro della difesa Panos Kammenos, fino a ieri alleato di governo di Alexis Tsipras. Tradotto: il contraccolpo elettorale per Syriza, in seguito di quella che i suoi avversari chiamano la “kolotoumba” (capriola), molto probabilmente ci sarà, ma non ne approfitteranno le forze che propugnano la fuoriuscita del Paese dalla zona euro.

Se questi sondaggi venissero confermati, in ogni caso, lo scenario che si determinerebbe sarebbe da brividi. Per Syriza e Nuova Democrazia non basterebbe l’alleanza con alcuni partiti minori per formare un governo e l’unica soluzione, a meno di un nuovo ricorso alle urne, sarebbe la “grande coalizione”, ipotesi apertamente caldeggiata dai conservatori – Meimarakis ha parlato di «squadra nazionale» – che, però, Tsipras ha seccamente escluso fino agli ultimi istanti di campagna elettorale, dicendo che il prossimo governo «o sarà progressista o sarà conservatore». Cosa ha voluto dire il leader di Syriza? Che non esclude a priori, sebbene a certe condizioni, un accordo di governo con i socialisti del PASOK o con i centristi di To Potami. L’obiettivo rimane quello di «un mandato largo», ovviamente. Se non arrivasse, però, meglio mettere le mani avanti. Questo secondo scenario sarebbe, tuttavia, ad alto rischio per Syriza, sia sul piano interno che esterno. Potrebbe implicare una gestione più “ossequiosa” del memorandum, dando nuovi argomenti a chi già parla di una “mutazione genetica” del partito, con inevitabili riverberi negativi sullo stesso schieramento anti-austerity europeo.

Intanto i greci vivono in un tempo sospeso, combattuti tra speranze e disillusione, alle prese con problemi gravissimi sul versante economico e sociale. Dietro il grande gioco politico europeo (e non solo) che vede al centro il Paese da ormai alcuni anni, c’è una popolazione che sconta privazioni materiali di ogni tipo e fa i conti quotidianamente con lo sfacelo delle strutture del welfare. Tsipras ha ripetuto continuamente nel corso della campagna elettorale che tra le pieghe del memorandum c’è spazio per interventi che possano lenire le sofferenze dei ceti più colpiti dal combinato disposto di crisi e austerità di questi anni, ricordando anche quel che è stato già fatto su questo versante nei mesi che l’hanno visto al governo. 

«Chiedo un mandato di quattro anni per cambiare la Grecia. Ma il risultato delle nostre elezioni sarà cruciale anche per il futuro dell’Europa», ha detto Tsipras

Si tratta, come lo stesso leader di Syriza riconosce, di misure tampone, mentre gli effetti recessivi dell’accordo con i creditori potrebbero aggravare ulteriormente lo stato di salute dell’economia, impedendo al Paese di divincolarsi rapidamente dalla morsa del debito e dello stesso memorandum. Come se non bastassero i problemi economici, poi, a fare irruzione in questa campagna elettorale è stato anche il tema dei migranti. Questione amplificata dal clima di insicurezza che c’è nel Paese, sfruttata dagli avversari del premier uscente per affondare maggiormente il coltello nella piaga. Certamente, un tema “caro” ai fascisti di Alba Dorata, che potrebbero aumentare i loro consensi proprio grazie alla strumentalizzazione dell’emergenza venutasi a creare in questi giorni in alcune zone del Paese.

Al comizio di chiusura della campagna elettorale di Syriza ad Atene, di fronte ad una folla oceanica, sono saliti sul palco, insieme ad Alexis Tsipras, sulle note di Bella Ciao dei Modena City Ramblers, anche Pablo Iglesias di Podemos, Gregor Gysi della Linke tedesca e Pierre Laurent, segretario generale del Partito comunista francese. «Chiedo un mandato di quattro anni per cambiare la Grecia. Ma il risultato delle nostre elezioni sarà cruciale anche per il futuro dell’Europa», è stato uno dei passaggi dell’intervento di Tsipras. “Syriza, Podemos, venceremos” hanno ancora scandito le migliaia di persone accorse alla manifestazione. Certo, guardando alle trasformazioni che sta subendo il quadro politico europeo, qualche speranza in più può essere coltivata, ma molto dipenderà, ancora una volta, da quello che succederà ad Atene.