Grecia: Tsipras trionfa, ma il difficile arriva ora

Atene al voto

Le urne, alle fine, hanno detto una cosa diversa dai pronostici della vigilia: Syriza si conferma prima forza politica del Paese, con oltre il 35%, vicina alla maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento e alla replica dell’alleanza di governo con il partito degli indipendentisti di Anel. I partiti minori, salvo piccole variazioni rispetto alla precedente tornata elettorale, non hanno tratto alcun vantaggio dal precipitare degli eventi che hanno portato, dopo sette mesi, ad elezioni anticipate. Nè si è verificato uno smottamento di elettori di sinistra verso le formazioni che in questa campagna elettorale hanno con forza stigmatizzato la presunta capitolazione di Alexis Tsipras e del suo governo di fronte alla controparte europea e internazionale sulla questione del debito. Per Nuova Democrazia, la fine di un’illusione: quella di poter approfittare dei guai della sinistra per imporre al Paese una “grande coalizione”. Impressionante, tuttavia, il dato sull’astensione, il più alto nella storia della Grecia. Quasi un elettore su due ha deciso di non recarsi ai seggi, segno di un profondo disincanto verso la politica e le istituzioni. Alle precedenti elezioni l’affluenza era stata del 64%. 

La prima considerazione che si può fare a proposito di questi numeri è che la Grecia ha detto no a soluzioni avventuristiche, affidandosi a quelle forze politiche che, nella diversità, si distinguono per una chiara opzione europeista

La prima considerazione che si può fare a proposito di questi numeri è che la Grecia ha detto no a soluzioni avventuristiche, affidandosi a quelle forze politiche che, nella diversità, si distinguono per una chiara opzione europeista. Bocciati, quindi, tutti i sostenitori, di destra e di sinistra, di una fuoriuscita del Paese dalla zona euro, con conseguente ritorno all’antica divisa nazionale. L’esito della trattativa tra il governo guidato da Alexis Tsipras ed i cosiddetti “creditori” aveva senz’altro frustrato le aspettative di una larga fetta della popolazione nei confronti del governo di Syriza, ma l’ipotesi di una fuga rocambolesca dal consesso euro-monetario non ha, nemmeno in questa occasione, persuaso la stragrande maggioranza degli elettori, certamente desiderosi di un cambiamento sostanziale dei rapporti di forza in Europa, ma assolutamente contrari ad una prospettiva isolazionista del proprio Paese.

Praticamente, questo risultato si traduce nella possibilità per Tsipras e Syriza di formare un  nuovo governo senza dover ricorrere al soccorso di quelle formazioni politiche, a cominciare dal Pasok, che negli ultimi anni hanno legato il proprio nome all’esplosione della crisi prima ed alla stagione dell’austerità dopo. Il fatto che i nazionalisti di Anel, il partito dell’ex ministro della difesa Panos Kammenos, abbiano superato l’asticella del 3% mette il partito del premier uscente nella condizione di replicare la formula di governo già sperimentata nei precedenti sette mesi di governo. Lo riconosce anche il leader di Nuova democrazia Vangelis Meimarakis, che a caldo ha dichiarato: «Congratulazioni a Tsipras, ora può fare il governo che crede». «Oggi la Grecia esercita il suo diritto democratico e decide del proprio futuro. «Serve un governo forte con un mandato per quattro anni», aveva dichiarato Tsipras all’uscita dal seggi stamattina. Il popolo, stando a questi risultati, l’ha preso in parola. Escono sconfitti da queste elezioni gli scissionisti di Unità Popolare, il cui magro risultato conferma che per i greci la fuoriuscita dalla secche dei memorandum e dalla morsa del debito non può passare da un disimpegno del Paese dal progetto di costruzione europea.

Per Alexis Tsipras, in ogni caso, ora si apre una partita difficilissima: come ottemperare agli impegni assunti con la Troika senza aggravare le già disastrose condizioni di salute dell’economia nazionale? 

Per Alexis Tsipras, in ogni caso, ora si apre una partita difficilissima. Come ottemperare agli impegni assunti con la Troika senza aggravare le già disastrose condizioni di salute dell’economia nazionale, facendo fronte al tempo stesso alla grave crisi umanitaria che funesta il Paese? Nel corso della campagna elettorale l’ex premier su questo punto è stato chiaro: tra le pieghe del memorandum c’è spazio per interventi che possano mitigare la grave situazione in cui versano tantissimi cittadini ellenici, ferma restando la necessità di un nuovo confronto con i creditori per una ristrutturazione del debito, giudicato, non senza ragione, del tutto insostenibile ed impagabile.