La storia, in estrema sintesi. A gennaio Syriza vince le elezioni con un programma “radicale”, che non riusce ad imporre alla Troika – Commissione Europea, Banca Centrale Europea, Fondo Monetario. A luglio è convocato da Syriza un referendum per chiedere agli elettori se continuare a negoziare “duramente”, oppure se accettare la proposta della Troika. Vince l’opzione del negoziato “duro”, il referendum dell’oki, ma, nonostante questo esito, il governo cede ai creditori, non vedendo alternative.
Il risultato è che a luglio, in Grecia, c’è un governo che avrebbe dovuto attuare un programma opposto a quello per il quale era stato eletto a gennaio. Sorge così il problema di legittimità. Tsipras convoca nuove elezioni per cercare l’appoggio necessario all’attuazione del programma appena concordato con la Troika, e vince le elezioni di settembre con un programma diverso da quello di inizio anno. I dissenzienti di Syriza, che volevano continuare con il vecchio programma, si sono intanto organizzati in un nuovo partito, ma non riescono a raggiungere il quorum.
Insomma, il debito è grosso, ma costa poco, e scade nel lontano futuro
Il nuovo programma da attuare è quello delle riforme. O, meglio, della modernizzazione. Con la modernizzazione che prende forma, ecco che la Grecia può riprendere a crescere e quindi pagare nel corso dei decenni il suo debito. Il meccanismo è: dalla modernizzazione al controllo del debito e non viceversa, come invece pensano i più. Il debito pubblico greco è enorme – il 180% del PIL – ma è detenuto dalla Troika per l’ottanta per cento e costa alla Grecia circa il due per cento. Costa, come ovvio, ben di più il rimanente venti per cento che è in mano ai privati. Tuttavia, se la Grecia seguisse la strada delle riforme, esso potrebbe prima o poi rientrare nei programmi di acquisto della banca centrale europea – il famigerato Quantitative Easing – e quindi finire per costare molto meno. Insomma, il debito è grosso, ma costa poco, e scade nel lontano futuro.
Se il debito non è il problema, allora perché se ne parla tanto? Perché è considerato la questione greca per eccellenza? Perché si parla tanto di una sua rinegoziazione? Il dubbio viene. Forse perché è più facile negoziare il debito che mettere in piedi il catasto, privatizzare, riformare le pensioni. Nel secondo caso si toccano, infatti, degli interessi concreti. Nel primo anche, certo, ma questi ultimi sono lontani dalla vita quotidiana della popolazione. Sono in capo ai creditori – ossia i governi dei paesi dell’euro zona e la banca centrale. L’Italia, per esempio, ha crediti verso la Grecia per circa quaranta miliardi di euro, ma nel Bel Paese si discute d’altro – dalla riforma delle pensioni, alla riduzione delle imposte sulle abitazioni, eccetera.
Se il debito non è il problema, allora perché se ne parla tanto? Perché è più facile negoziare il debito che mettere in piedi il catasto, privatizzare, riformare le pensioni
Con la vittoria di Tsipras nella nuova veste di riformatore tutto diventa “pratico”. Il debito passa in secondo piano, mentre le riforme vanno fatte, invece che promesse mentre si negozia il debito. Non che sia semplice riformare. Le pensioni in Grecia hanno un aspetto che scandalizza i non greci – si va in pensione presto versando poco, ma esse assolvono, allo stesso tempo, una funzione di pertinenza dello “stato sociale”. Non vi è, infatti, in Grecia una protezione dalla disoccupazione, perciò la pensione del nonno aiuta il nipote senza lavoro.
Il bivio è chiaro e sembra essere stato ben compreso dall’elettorato. Non si ha alternativa alla modernizzazione. Ed è sbagliato confondere quest’ultima con il “liberismo selvaggio”. Si tratta di risollevare un’economia che vuole essere moderna. In termini crudi, la Grecia deve scegliere fra l’Europa ed i Balcani. I quali Balcani, peraltro, vogliono diventare Europa.