Parigi – Boulevard de la Chapelle, Halle Pajol, il Parco Dormoy, Quai d’Austerlitz e il sagrato del municipio del 18esimo arrondissement. È da giugno scorso che le espulsioni dai campi profughi a Parigi si susseguono. Il cammino che dovrebbe condurre i rifugiati in Inghilterra, ultima tappa di un lungo periplo di decine di migliaia di chilometri, è più spinoso e invalicabile delle neo-frontiere ungheresi bardate di filo spinato e polizia antisommossa. Alla Porte de Saint Ouen, nuove tende spuntano come funghi sotto un cavalcavia, tra due carreggiate. Un campo improvvisato, composto quasi esclusivamente da siriani. Presto, lamentano i volontari che si sono riuniti per portare cibo, vestiti e per offrire assistenza legale ai rifugiati, saranno cacciati a suon di manganello anche da lì.
Qualche centinaio di chilometri più a Nord, a Calais, alle 7.30 del mattino di lunedi 21 settembre, il campo profughi che sorge in prossimità dell’hangar Paul-Devot è stato evacuato dalle forze di polizia. Circa 300 migranti hanno dovuto abbandonare l’improvvisato campo e raggiungere la “new jungle”, una bidonville di tende in prossimità del centro Jules-Ferry dove nessuno vuole andare. Anche a Calais, da mesi oramai, soprattutto nel quartiere di Courgain Maritime, che pullula di depositi ed hangar industriali, i rifugiati siriani s’accampano dove possono. Negli spazi verdi, in uno slargo, sotto un ponte, ai bordi delle autostrade.
In quest’anno di crisi le domande di asilo sono irrisorie rispetto ad altri paesi come la Germania, la Svezia o l’Inghilterra. Migranti e rifugiati non vogliono restare in Francia
In quest’anno di crisi le domande di asilo sono in numero irrisorio rispetto ad altri paesi europei come Germania, Svezia o Inghilterra. Soltanto 65mila. Praticamente le stesse del 2014. Migranti e rifugiati non vogliono restare in Francia, ma andare altrove. In Germania, si parla di accoglienza per quasi un milione di rifugiati. Un altro dato fa capire che in questa disperata ricerca di salvezza la Francia gioca il ruolo di comparsa nonostante mostri per lo più un viso arcigno. Su quattro milioni di siriani che hanno abbandonato la Siria dal 2011 a soltanto 7.000 di loro la Francia ha dato asilo.
E non è finita. I rifugiati in Francia rischiano pure. Rischiano di venire evacuati con violenza, portati in centri di detenzione provvisoria in quanto penetrati illegalmente in territorio francese e poi espulsi. Già, espulsi, ma verso dove? Kadija Azougach, avvocato, giurista ed antropologa presso il Tribunale di Parigi s’interessa della loro sorte. Basandosi esclusivamente sul diritto, diritto alla difesa e sulla Convenziona di Ginevra e evidenziando le storture e gli abusi della Prefettura, ha assunto spontaneamente la difesa (pro bono), liberando rifugiati siriani, iracheni, curdi in fuga dalla guerra e minacciati di espulsione verso gli stessi paesi dai quali sono fuggiti. Noi l’abbiamo incontrata a Parigi.
«Sono avvocato e professore di diritto» – racconta Kadija Azougach a Linkiesta – «ed è all’interno del Tribunale di Parigi che, con un gruppo di altri avvocati volontari, ci occupiamo di questi casi aberranti dal punto di vista giuridico. Nel senso che ci troviamo di fronte a delle persone in regime di detenzione in vista di essere espulse verso i loro paesi. Con gli altri colleghi, ci siamo resi conto che c’era qualcosa che non quadrava. Non si tratta infatti di migranti normali ma di rifugiati, gente che fugge da guerre. Parliamo di siriani, iracheni, curdi. La Prefettura di Parigi vive forse in un mondo parallelo? Come si possono rispedire nei propri paesi rifugiati che fuggono da guerre e morte certa?».
Kadija punta il dito contro le storture giuridiche ed il comportamento scorretto della Prefettura che, pur di evitare procedure d’asilo, “deporta” i rifugiati e li espelle
Kadija, su indicazione dell’Ong Cimade, che si occupa in maniera benevola di offrire supporto ai rifugiati, punta il dito contro le storture giuridiche ed il comportamento scorretto della Prefettura che, pur di evitare procedure d’asilo, “deporta” i rifugiati e li espelle. «Invece di permettere ai rifugiati di depositare una domanda d’asilo – spiega Kadija – già alla Gare du Nord la gendarmeria aspetta i rifugiati per arrestarli e portarli nei centri di detenzione. Non gli si dà nemmeno la possibilità di usufruire di un diritto sacrosanto. Tra l’altro c’è da dire che la maggioranza di questi rifugiati non desidera nemmeno installarsi in Francia. Il loro obbiettivo è arrivare a Gare du Nord per raggiungere l’Inghilterra. Diversi siriani che abbiamo incontrato preferiscono andare in Inghilterra perché parlano inglese o perché una parte della propria famiglia è già in Inghilterra. Purtroppo una volta giunti in Francia la polizia li porta subito via senza dare loro il tempo di depositare una domanda d’asilo per l’Inghilterra».
Kadija racconta le evacuazioni forzate e la “deportazione” verso i centri di detenzione provvisoria e la procedura che porta all’espulsione. «I rifugiati vengono messi in centri che sono vere e proprie prigioni per cinque giorni. Poi passano davanti al giudice per l’espulsione. Queste persone vorrebbero presentare la propria domanda d’asilo ma non possono. Ho potuto parlare con diversi rifugiati essenzialmente siriani, iracheni e curdi. Abbiamo anche degli interpreti che ci aiutano. Alcuni di loro piangevano, erano scioccati di fronte a questo trattamento inumano e fuori da ogni rispetto del diritto internazionale. “Non vogliamo restare in Francia”, mi raccontavano la maggior parte, “ma non vogliamo ritornare nemmeno in Siria”».
«Come avvocato ho cercato di rassicurarli dicendo loro che esiste il diritto d’asilo, la Convenzione di Ginevra e che la Prefettura agisce calpestando i loro diritti. Puntando poi su queste “procedure” molto poco democratiche, sul fatto che il rifugiato viene messo nell’impossibilità di raccogliere i documenti per presentare la sua domanda d’asilo perché viene espulso prima ed evidenziando che la prefettura di polizia non rispetta le procedure vigenti ed i diritti dei rifugiati, sono riuscita ad ottenere per molti di loro l’annullamento della procedura d’espulsione. In questo modo sono riuscita a liberare diversi rifugiati e ad evitare che vengano espulsi dal suolo francese per essere spediti dove? Purtroppo debbo dire che pochi altri avvocati hanno accettato di seguire il nostro esempio. Ma io mi chiedo: come si può rispedire un uomo che fugge dalla guera in Siria verso la Siria? La nostra azione ha portato comunque ad un risultato importante. Il Tribunale amministrativo di Parigi ora ha formalmente vietato l’espulsione di cittadini verso paesi come la Siria, l’Iraq, annullando tutte le decisioni del prefetto».
In questo modo sono riuscita a liberare diversi rifugiati e ad evitare che vengano espulsi dal suolo francese per essere spediti dove? Purtroppo debbo dire che pochi altri avvocati hanno accettato di seguire il nostro esempio
Un piccola vittoria per Kadija e gli altri avvocati che la sostengono anche se il cammino è irto di pericoli. «Oggi diventa sempre più difficile anche servirsi dell’apparato legale. Io ho una certa esperienza in termini di diritto d’asilo ma oggi le polizie e le questure sono attrezzate per rispedire a casa i rifugiati prima che riescano ad accedere ai propri diritti, si opera usando la forza, al di sopra delle leggi, come in uno stato d’emergenza permanente. Queste persone vengono prese direttamente in stazione».
Anche nel lessico, si continua a parlare di migrazioni, di migranti. «Ma occorre ricordare che per la maggior parte di essi si tratta di rifugiati non di migranti perché fuggono da paesi in guerra. Risultato, l’accoglieza, il rispetto del diritto d’asilo diventano sempre più difficili ed il margine di manovra di noi avvocati, che lo facciamo in maniera esclusivamente volontaria, diventa sempre più esiguo. Qualcuno, Sarkozy credo, ha addirittura parlato di fornire ai rifugiati uno statuto “intermedio” di rifugiati cioè per la durata eventuale del conflitto per poi rispedirli a casa. Una soluzione ridicola, impraticabile. Si agisce come se non esistesse la solidarietà internazionale e come se ognuno dovesse risolvere i propri problemi da solo».
Le chiedo di raccontarmi un caso che l’ha particolarmente colpita. «È stato quello di un ragazzo di vent’anni curdo – dice Kadija – Sembrava così forte. Ha superato tutte le prove. La guerra, la prigionia, le torture senza mai batter ciglio. Arrivato in Francia, davanti alla grettezza delle autorità francesi è crollato. Mi ha detto: “Ho subito la peggiore umiliazione della mia vita qui in Francia. Preferirei morire piuttosto che sopportare questa umiliazione”. Fortunatamente sono riuscito ad annullare la sua espulsione ma l’ho visto piangere. Era fragile, sparuto, come un bambino».
Un uomo che non aveva pianto sfuggendo le bombe, le milizie dell’Isis, mentre attraversava pericoli tra terra e mare, in un periplo senza fine, resistendo alla fatica, alla sete, alla durezza del viaggio. Non aveva pianto per quelle terribili prove. Piangeva soltanto ora nel cuore dell’Europa che voleva respingerlo, senza batter ciglio, verso la sua casa in fiamme.