«Avevamo invitato il presidente Renzi. Purtroppo visti i suoi grandi impegni ha declinato l’invito. Avremmo potuto confrontarci e avremmo potuto ricordargli che questa è la prima fiera al mondo per le calzature e che il settore è sotto schiaffo. Un suo intervento sarebbe stato sicuramente positivo». La nuova presidente di Assocalzaturifici, Annarita Pilotti, non tenta neanche di nascondere l’amarezza di un’associazione che ha appena visto il premier annunciare al Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, di fronte ai vertici di FederlegnoArredo, la conferma del “bonus mobili”. «Gli avremmo mostrato il caso della Turchia – continua Pilotti -, dove le imprese hanno imparato a fare bene i prodotti ma sono anche molto sostenute, con una defiscalizzazione fortissima. Competere con concorrenti in queste condizioni è difficile. I nostri imprenditori sono degli eroi, l’unica cosa che fa la politica è sottoporli a una grande pressione fiscale».
Annarita Pilotti, neo-presidente di Assocalzaturifici e theMicam (Fabrizio Patti / Linkiesta)
Mercato interno: importazioni cinesi, saldi e nulla più
Il mercato interno continua a calare e il 57% della spesa in scarpe avviene durante saldi e svendite
La nuova presidente dell’associazione dei prodotuttori di calzature parla da theMicam, la fiera delle scarpe e della pelle (con Mipel) che si tiene dal 1° al 4 settembre alla Fiera Milano (Rho). Una fiera che i più diplomatici tra gli espositori definiscono “calma” e che ha dovuto lottare per riempire i sette padiglioni dedicati. C’è poco da stupirsi, a guardare i dati che arrivano dal primo semestre 2015. In sintesi: il mercato interno continua a calare. Non sono più le discese (dei consumi) del 7,2% in termini di spesa e del 2,9% in termini di volume del 2014. Né il -6% in volume e il -5,8% per spesa del 2013, ma la contrazione (-1% in quantità e -3,2% in spesa) continua, nonostante il bonus di 80 euro del governo che aveva lo scopo di rianimare il mercato. Gli operatori rimangano attaccati a qualche segnale più positivo che arriva nel secondo trimestre, in confronto al primo. Finora, però, solo gli sconti hanno attirato i consumatori e non è un caso che ormai il 57% della quantità e il 54% della spesa riguardi saldi, sconti e svendite. Mentre solo il 10% degli imprenditori si attende una crescita nel mercato interno nel secondo semestre del 2015, crescono solo le importazioni. Basta un prezzo a dire tutto: 5,94 euro è il prezzo medio, all’ingrosso, di un paio di scarpe dalla Cina; 16,75 euro è quello medio degli altri Paesi.
La scarpa e il mondo: uno dei simboli del Micam (Fabrizio Patti / Linkiesta)
La Russia è un buco nero
La Russia scende ancora: -36%, mentre la Cina preoccupa ma continua a tenere
Il vero cruccio di chi produce scarpe è però l’export, il pilastro che ha tenuto in piedi il settore negli anni passati. Già a fine 2014 si erano sentiti, eccome, gli effetti della crisi in Russia. Non tanto per le sanzioni, ma per il crollo dei consumi e la svalutazione del rublo. Così, dopo il -22,6% (in valore, -20% in volume) del 2014, anche i primi sei mesi del 2015 mostrano un -36% (volume) e un -12,6% negli ordini (volume) e la stessa musica si sente in Kazakistan e (peggio) in Ucraina. Megli vanno solo Corea del Sud, Stati Uniti e Medio Oriente, mentre la Cina, che aveva chiuso il 2014 con una crescita in valore del 12%, oggi è una grande incognita. «Non vediamo ancora un calo in Cina. C’è una grande voglia di Made in Italy, nonostante l’economia sia meno trainante di prima», commenta Annarita Pilotti. Finora parlano i dati: -1% delle vendite in volume e +25% in valore, segno che il lusso ha sfondato. Più in generale è questa la dinamica che emerge più forte: scendono le quantità ma prezzo medio sale. Nei soli mercati extra-Ue a una diminuzione in volume del 6% è corriposto un aumento dell’export in valore del 6 per cento. Poco male se si tratta di una selezione di prodotti di maggiore qualità. Sarebbe invece più preoccupante, nel lungo periodo, se i dati fossero il frutto una strategia di alzare i prezzi a parità di prodotto.
La manifestazione theMicam, alla Fiera Milano Rho (Fabrizio Patti / Linkiesta)
Per spiegare le preoccupazioni di chi è presente a Mosca è dintorni bastano pochi minuti di chiacchierata con Gimmi Baldinini, stilista e imprenditore che dagli anni Settanta ha fatto diventare l’azienda di famiglia un marchio noto nel mondo, e soprattutto in Russia. Baldinini ha nel Paese 100 punti vendita, sui 150 fuori dall’Italia e nello stand ci sono soprattutto buyer russi e asiatici. «Lavoriamo in Russia da 30 anni e non abbiamo mai avuto problemi. Ora i problemi ci sono, ma voglio essere ottimista: entro l’anno le cose possono andare a posto. La ragione è che l’interesse dei russi verso i prodotti italiani è fortissimo. Rublo e petrolio basso stanno colpendo duro il mercato, ma la crisi è destinata a finire».
Gimmi Baldinini, titolare di Baldinini, a theMicam 2015 (Fabrizio Patti / Linkiesta)
Le Marche pagano il prezzo
Nel 2014 in tutta Italia c’è stato un saldo negativo tra chiusure e nuove aperture per 155 imprese. Di queste, 120 sono marchingiane
Lo stesso ottimismo non si sente in tutte le aziende e l’umore vira al nero quando si parla con le aziende marchigiane. Le Marche sono il grande malato all’ospedale delle imprese calzaturiere. Nel 2014 in tutta Italia c’è stato un saldo negativo tra chiusure e nuove aperture per 155 imprese. Di queste, 120 sono marchingiane. In termini di lavoro, sono quasi mille posti di lavoro persi sugli oltre 1.400 bruciati a livello nazionale.
Piccoli produttori di lusso, che erano fortemente esposti con la Russia. «Sono però soprattutto piccole imprese, artigiani che non riuscivano a esportare a sufficienza. Da sempre si sono sentiti ripetere che “piccolo è bello”. Ma se non si mettono almeno insieme, il mercato se li mangia». A parlare è Lara Sagripanti, titolare con il fratello Cleto di Ihm, Italian Holding Moda, un gruppo fondato nel settembre 2013 e che da allora ha acquisito alcuni marchi di calzature. Il più noto è Alberto Fermani, che nel 2013 era in grande difficoltà. Cleto Sagripanti è stato il presidente di Assocalzaturifici e ad di Manas, da cui la famiglia è uscita con ruoli operativi, rimanendone azionista. «La Alberto Fermani è storicamente presente negli Usa, dove realizza il 35% delle vendite – continua Lara Sagripanti -. Questo ci pone una situazione favorevole. Ma bisogna capire che in mercati come gli Stati Uniti bisogna posizionarsi nei posti adeguati, con punti vendita vicino a marchi famosi».
Lara Sagripanti a theMicam 2015 (Fabrizio Patti / Linkiesta)
«I buyer cinesi, se non vedono un marchio, vedono solo una fabbrica, e loro a una fabbrica non sono interessati»
Il solo ombrello del Made in Italy, insomma, non basta. «Ho visto molte piccole aziende andare al Micam di Shanghai. Ma l’investimento, pur molto costoso per una Pmi, può essere del tutto inutile: se non si va con un marchio forte si viene massacrati – aggiunge -. Quello che deve essere chiaro è che raccontare che si produce una scarpa con metodi artigianali può non essere sufficiente a convincere i consumatori e i distributori. I buyer cinesi, se non vedono un marchio, vedono solo una fabbrica, e loro a una fabbrica non sono interessati».
“Made in”, eterna promessa
La battaglia per avere il “Made in”, cioè l’etichetta di origine obbligatoria che l’Europa non ha, a differenza di Cina e Stati Uniti, è stata una delle grandi battaglie di Assocalzaturifici, ed è stata una battaglia finora persa. Lo ricorda Andrea Brotini, co-titolare della Pakerson, nome inglese ma cuore a Cerreto Guidi, in provincia di Firenze. «Sono quasi 20 anni che facciamo questa lotta. Ricordo che una dozzina di anni fa andammo a Bruxelles con un aereo pieno di imprenditori italiani, protestando con tanto di striscioni. Hanno prevalso gli interessi degli importatori olandesi, tedeschi e inglesi, che sono molto diversi dai nostri».
Andrea Brotini a theMicam 2015 (Fabrizio Patti / Linkiesta)
Il Jobs Act ha prodotto un’anomalia positiva: a fronte di un saldo tra aperture e chiusure ancora negativo (-63 imprese, che ora sono 4.968), il settore ha recuperato 509 occupati
Anche per Brotini, che è vice-presidente di Assocalzaturifici, l’esecutivo è poco attento alle richieste delle categorie. Il governo, alle accuse dell’associazione di categoria, potrebbe rispondere che dal Jobs Act al taglio di Irap e Irpef (gli 80 euro), fino alla legge Sabatini che incentiva gli investimenti di macchinari, sono state realizzate misure a sostegno delle imprese. Il Jobs Act in particolare ha prodotto un’anomalia positiva nel quadro fosco del primo semestre 2015. A fronte di un saldo tra aperture e chiusure ancora negativo (-63 imprese, che ora sono 4.968), il settore ha recuperato 509 occupati. Può essere il risultato del rinvio di assunzioni del semestre precedente, spiega l’associazione di categoria, che in tutti casi riconosce la spinta all’occupazione della nuova legge sul lavoro.
MESSAGGIO PROMOZIONALE
Per il co-titolare della Pakerson, tuttavia, al settore servono misure più mirate. «Per noi l’innovazione è la ricerca di un nuovo stilista, di nuovi materiali, di nuove tecniche di lavorazione, o riscoperta di tecniche antiche. Per noi non è importante l’investimento in macchinario». Dell’esecutivo il vice-presidente di Assocalzaturificio salva solo il vice-ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda («è attento e attivo»), mentre per il resto conferma la sensazione di lontananza della presidente Pilotti.
Calma piatta: uno degli ingressi di Milano Fiera durante il Micam (Fabrizio Patti / Linkiesta)
E le imprese cosa stanno facendo? «L’unica cosa da non maggiorare è il prezzo, a parità di prodotto – risponde Brotini -. Noi come società stiamo alzando sempre di più il livello delle lavorazioni, dei materiali anticati e delle cuciture. Se si alza la qualità del prodotto si riesce a tenere come fatturato anche se la quantità scende». C’è poi l’urgenza, per chi non l’ha fatto, di stare sul web. la Pakerson e Baldinini hanno scelto di lanciare propri siti ed evitare grandi portali come Amazon, Zalando o gli outlet virtuali. «Ma bisogna considerarlo un investimento di marketing – spiega Lara Sagripanti -. Oggi se non sei su alcuni portali, le persone lo notano. Anche se i margini sono bassissimi conviene non lasciare scoperto un canale che cresce».