In un’intervista alla Stampa il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini ha affermato di sentirsi alla guida del più importante ministero economico d’Italia. Ha sottolineato che ogni Stato deve comprendere la propria vera vocazione e, per l’Italia, la risposta è senza dubbio il patrimonio culturale, che andrebbe valorizzato facendo crescere le industrie creative e culturali. Tra queste non può che venire in mente uno dei simboli della cultura italiana. “Cinecittà Studios S.p.A. è un complesso di teatri di posa di eccellenza” recitano le prime parole della voce su Wikipedia che riguarda gli studi cinematografici.
L’azienda di via Tuscolana 1055 ha però vissuto degli anni difficili. La privatizzazione decisa nel 1997 doveva servire per rilanciare lo stabilimento ma qualcosa è andato storto. Già dopo i primi mesi del nuovo gruppo Italian Entertainment Group (Ieg) i lavoratori sono diventati scettici sul nuovo corso. L’obiettivo, per il sindacalista Rsu Massimo Corridori, era chiaro fin dall’inizio: «Impossessarsi di un marchio da utilizzare per l’intrattenimento ludico e Cinecittà farebbe da contenitore per questo progetto. Tant’è che Abete già nel ’98 presentò un progetto per la costruzione di multisale, centri commerciali e alberghi che il consiglio comunale alla fine bocciò».
Luigi Abete entrò in Cinecittà poco prima di diventare presidente della Banca Nazionale del Lavoro (Bnl) nel 1998, anno in cui è stata privatizzata, ora nel gruppo francese Bnp-Paribas. Abete non ha particolare esperienza nel mondo cinematografico, il collegamento tra lui e Cinecittà è rappresentato dal fatto che Bnl è da più di 70 anni una banca che finanzia il settore cinematografico.
L’obiettivo, per il sindacalista Rsu Massimo Corridori, era chiaro fin dall’inizio: «Impossessarsi di un marchio da utilizzare per l’intrattenimento ludico e Cinecittà farebbe da contenitore per questo progetto»
Tra gli azionisti chi ha la quota maggiore è Diego Della Valle. Aurelio De Laurentiis, che sarebbe l’unico di questi nomi con interessi diretti nel settore, «fa fatica a portare qui mezzo film l’anno, se lo fa. Mentre Della Valle io qui non l’ho mai visto» sottolinea Corridori.
Negli ultimi anni c’è stato uno spacchettamento delle attività, con l’ingresso di nuovi privati nella filiera. La Deluxe, azienda internazionale di post produzione, è una di queste società: entrata nel 2012, dopo soli due anni ha deciso di concludere la sua partecipazione. La Panalight passa alla gestione delle attrezzature, mentre le scenografie rientrano nella società Cat (Cinecittà Allestimenti e Tematizzazioni) la cui sede è a Castel Romano, sulla via Pontina, dove ha sede il parco a tema Cinecittà World. I lavoratori Cat, lo dice il sito stesso della società, si dedicano anche ad allestimenti di altro tipo, tra cui centri commerciali e appunto parchi tematici.
Lo scetticismo dei dipendenti è presto spiegato da Corridori: «Lui (Abete, ndr) vuole sostituire le attività con l’intrattenimento come le mostre ma anche feste di compleanno e matrimoni. Lo stesso progetto di rilancio sostanzialmente diventa un progetto di intrattenimento». In effetti è sullo stesso sito di Cinecittà Studiosche si legge «La proposta commerciale parte da spazi esclusivi ed affascinanti dedicati agli eventi aziendali, quindi prenotabili con largo anticipo (…) Il complesso di Cinecittà è la location ideale per convention, cene di gala, meeting aziendali ed eventi speciali».
Tra le proposte di edificazione c’è la realizzazione di un grande teatro come quello in cui Federico Fellini ha realizzato diversi film, il Teatro 5. Quest’ultimo però non sarebbe nelle immediate disponibilità di Cinecittà Studios, in quanto lo deve chiedere in affitto alla società che lo gestisce. «Se il teatro dovesse servire per degli eventi non lo affitterebbero agli Studios», spiega sempre Corridori.
«Il complesso di Cinecittà è la location ideale per convention, cene di gala, meeting aziendali ed eventi speciali»
Facendo presente al rappresentante Rsu che Abete ha sempre giustificato la volontà di costruire dentro Cinecittà con la necessità di maggior comfort delle produzioni e delle troupe, la risposta è stata netta: «Noi non rifiutiamo i cambiamenti quando sono utili allo sviluppo del core business ma così sarebbe un luogo di intrattenimento dove ogni tanto si farebbe un film, tanto per mantenere il marchio». Fa inoltre presente come le persone con cui ha avuto modo di lavorare non hanno mai chiesto un albergo o una palestra bensì capacità, efficienza, teatri e servizi funzionanti.
Il rischio è che gli spazi fisici per poter operare si riducano ulteriormente a causa del progetto di edificazione, perché si parla di sei ettari di un terreno già privato negli anni ’80, di un’area su cui è stato costruito il centro commerciale Cinecittà Due. «Una palestra di tremila metri quadrati nessuno può immaginare che serva al rilancio di Cinecittà. Un albergo da 300 stanze, ristoranti, centro fitness e via discorrendo poco si accompagnano con l’idea di rilancio del settore». Per Corridori grandi film come Ben Hur o Zoolander 2, Gangs of New York o la Passione di Cristo sarebbero a quel punto irrealizzabili.
Eppure Cinecittà sembra avere ancora le carte in regola per svolgere un ruolo importante nello scenario mondiale. La Rai si disse interessata a un progetto più ampio ma alla fine ha preso possesso di quattro teatri dove realizzerà solo alcune trasmissioni. Dovrebbero inoltre arrivare il regista Paolo Sorrentino, la serie di Diabolik e il Grande Fratello con la versione vip.
I lavoratori denunciano che è soprattutto una questione di volontà, in particolare politica. Per loro c’è bisogno di un grande progetto di ampio respiro con soci importanti, anche internazionali. Hanno lanciato l’idea della Scuola dei Mestieri dei pittori, scenografi, falegnami e sono pronti ad insegnare anche gratuitamente. Tra le idee anche il centro delle scenografie, un centro dell’audiovisivo, un centro del linguaggio in collaborazione con l’università.
C’è bisogno di un grande progetto di ampio respiro con soci importanti, anche internazionali
Anche la gestione dei diritti sul lavoro non è stata brillante. Nel 2012 ci sono voluti otto mesi di vertenze e cinque di occupazione di Cinecittà, da parte dei lavoratori, per strappare qualche garanzia sulla salvaguardia dei posti di lavoro. Garanzie che non sono bastate a evitare la mobilità, la cassa integrazione e la prosecuzione dei contratti di solidarietà. Il settore digitale, che dovrebbe essere il fiore all’occhiello su cui puntare, vede 38 dipendenti in cassa integrazione a zero ore e cento lavoratori dei teatri di posa in solidarietà. C’è poi l’incredibile situazione accaduta a maggio 2015, come ci spiega Massimo Corridori: «L’azienda ha preteso che i lavoratori si mettessero in ferie per riconoscere la cassa integrazione, nonostante avessero già lavorato per dieci giorni».
Cinecittà va in qualche modo avanti con i lavori ma i dipendenti non vedono un disegno chiaro in cui sia centrale il cinema. La loro intenzione è voler portare avanti iniziative per coinvolgere anche i cittadini sul ruolo culturale che sarebbe giusto assegnare nuovamente agli stabilimenti che hanno reso l’Italia, il Paese della Dolce Vita, grande nel mondo.