Piero Angela: «La ricetta per far amare l’arte? Divertire le persone»

Piero Angela: «La ricetta per far amare l’arte? Divertire le persone»

Entrare in un museo archeologico italiano non è sempre un’esperienza degna di nota. Per esempio, quando si guarda un aryballos, boccetta per il profumo spesso decorata con figure fitomorfe, la targhetta non fa altro che recitare: “Contenitore sferico con manico, altezza 30 cm, IX secolo a.C.”. La noia ha il sopravvento e la valorizzazione del bene viene meno.

Piero Angela, il giornalista noto per i programmi di divulgazione in stile anglosassone diventati un must della Rai, svela al Festival della Comunicazione di Camogli come fuggire la monotonia da museo e far parlare oggetti, dipinti e addirittura strutture. Quello che lui definisce “il mio nuovo lavoro” nasce quando l’allora presidente della Provincia di Roma, Enrico Gasbarra, lo contattò per pensare a una strategia che valorizzasse i resti di alcune domus imperiali ritrovate sotto il palazzo Valentini di Roma. Assieme all’amico fisico Paco Lanciano, Piero Angela e il suo team progettarono un’installazione video che, attraverso proiezioni, riproduceva sui muri e sui pavimenti della domus gli affreschi, i mosaici e le strutture per come si presentavano in passato. Si arrivò addirittura a riprodurre l’acqua nelle terme, il fuoco nel tablinum (nella domus romana, una delle stanze con la funzione dell’odierno ufficio) e il terremoto dove erano stati ritrovate tracce di carbone. Ignazio Marino, soddisfatto dall’idea, chiese ad Angela di riprodurre il format anche nel foro di Augusto e nel foro di Cesare, siti archeologici tra i meno battuti nella zona dei fori imperiali. Qui la scelta fu ancora più vasta: si va dalla riscoperta del sottostante quartiere medievale alla riproduzione delle tele del Mantegna con la vittoria di Cesare sui Galli.

Come fuggire la monotonia da museo e far parlare oggetti, dipinti e addirittura strutture? È quello che Angela definisce “il mio nuovo lavoro”

Il risultato? A fronte di un progetto costato 830 mila euro, l’incasso raggiunse in poco tempo il milione e due. «È così facile – commenta Angela – valorizzare il nostro patrimonio artistico facendolo semplicemente parlare da sé». Ma non tutti ragionano come gli Stati Uniti d’America, dove non è difficile trovare – ad esempio – il museo del terremoto in una sperduta cittadina del Montana: dotato di riproduzioni video, oggetti, ma anche caffè e negozi per acquistare un ricordo, il modello anglosassone non riesce a sbarcare in Italia a causa della burocrazia. «I vincoli che la pubblica amministrazione pone – accusa Angela – stanno uccidendo lo stato dell’arte in Italia. Prendiamo le gare di appalto: ne vengono emesse tante, troppe, con budget di partenza altissimi. Eppure a vincere sono sempre i soliti noti, che propongono progetti poco validi che ribassano il prezzo iniziale fino al 30%». Una bella empasse, insomma.

«Anche chi non è troppo acculturato vuole conoscere il mondo e, per farlo, il modo migliore è quello di comunicare divertendo e divertendosi»

Il vero segreto è la creatività: per divulgare non basta sapere le cose, ma bisogna saperle spiegare bene e con coinvolgimento, anche emotivo. A questo proposito il giornalista narra un aneddoto che fa capire quanta voglia di cultura ci sia in Italia ma, al tempo stesso, quanto gli addetti ai lavori debbano ancora migliorare le loro capacità di comunicatori: «Ho scritto il mio primo libro nel 1972: si intitolava “L’uomo e la marionetta” e spiegava il comportamento umano attraverso la genetica e la società. Poco tempo dopo averlo scritto ricevetti una lettera da una mia lettrice, la quale mi ringraziava perché, per la prima volta, aveva finalmente capito una materia tanto ostica per chi, come lei, faceva l’infermiera. La lettera recitava: “Ho apprezzato molto il suo stile, piano e scurrile” – intendeva dire, come è ovvio, “scorrevole” – Questo dimostra che anche chi non è troppo acculturato vuole conoscere il mondo e, per farlo, il modo migliore è quello di comunicare divertendo e divertendosi».

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