«Serve un blocco marittimo in Africa, da dove partono i migranti»

«Serve un blocco marittimo in Africa, da dove partono i migranti»

Parigi – La Francia è uno dei paesi maggiormente toccati dalla crisi dei migranti. Momenti storici così particolari e difficili fanno uscire allo scoperto i punti deboli ed i punti forti di un paese. E se la Germania ne esce globalmente rafforzata, la Francia no. La drammaticità del momento la si può misurare ad esempio con un dato: la sua tradizionale accoglienza e la sua lunga tradizione di diritto d’asilo sembrano sbiadite, annacquate di fronte all’onda lunga del Mediterraneo e dei suoi confini che vomitano guerre, crisi e disperati in fuga che generano nel paese transalpino paura, incomprensione, chiusura.

Un dato su tutti: secondo un recente sondaggio d’opinione realizzato da Elabe per il canale BfmTv, il 56% dei francesi si oppone all’idea di accogliere nuovi rifugiati siriani. Un’opposizione netta, dura, in tutte le categorie della popolazione, un dato che è uno schiaffo alla solida tradizione transalpina. Per decenni al primo rango a livello europeo, oggi la Francia si piazza solo al quarto posto per numero di domande d’asilo andate a buon fine nel 2014. Anche le condizioni di accoglienza sono visibilmente peggiorate. Di fronte alle circa 65.000 richieste, meno di 30.000 posti sono stati messi a disposizione dalle autorità per l’accoglienza dei rifugiati ed anche il tempo di attesa per ottenere lo status di rifugiato s’è inaspettatamente allungato.  Cosa succede? Thomas Guénolé, politologo francese, opinionista a BfmTv, France Culture e Rmc e presidente del gabinetto di comunicazione politica Vox Politica, ci aiuta a capire le ragioni di questo ripiego.  

La crisi dei migranti sembra divenire sempre più ingestibile. Cosa si può fare? 
La prima cosa da fare sarebbe quella di organizzare un blocco non in mare, ma a ridosso delle coste dei paesi dai quali partono i barconi. Bloccare invece i barconi al largo provoca soltanto il naufragio e la drammatica morte delle persone. Ma questa azione da sola, sia chiaro, non serve a niente. Facendo solo questo infatti s’impedisce ai migranti di partire e questo trovo sia disumano. In realtà si devono esaminare molto di più le richieste d’asilo politico direttamente nelle ambasciate e non sul territorio europeo perché così si costringe i migranti a rischiare la propria vita pur di ottenerle. In Francia esistono i cosiddetti “visti di asilo” che sono rilasciati nelle nostre ambasciate ma occorre che questa procedura diventi più frequente e più accessibile perché per ora resta merce molto rara. Un altro punto a mio avviso importante è quello dell’accoglienza: è necessario organizzare l’accoglienza e gli alloggi d’emergenza allestendo veri e propri campi profughi. La protezione e la sicurezza esterna può essere affidata alle forze di polizia ma l’interno del campo deve essere assolutamente gestito da organizzazioni umanitarie quali l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Se è la polizia che gestisce anche l’interno dei campi non può funzionare, non è certamente la polizia che può gestire una crisi umanitaria. Facendo così si provocano soltanto scontri. Aggiungo tra l’altro che ci sono edifici e locali facilmente utilizzabili. È ciò che fa la Germania, che utilizza caserme vuote. In Francia ce ne sono tantissime ma non vengono utilizzate. Perché? 

Manuel Valls ha detto “Installeremo un campo profughi per 1.500 persone a Calais”…
Vuole sapere la mia opinione? A mio avviso è troppo esiguo come numero di persone ma soprattutto è troppo tardiva come azione. Si deve agire subito, nelle prossime settimane. Non tra quattro mesi. Così la situazione diventa ingestibile. In Francia si dovrebbe fare come in Germania. Utilizzare caserme vuote per installarvi dei rifugiati. E ciò da subito. 

In Francia si dovrebbe fare come in Germania. Utilizzare caserme vuote per installarvi dei rifugiati

La crisi dei migranti solleva anche reazioni virulente all’interno della società civile francese…
Non so nel dettaglio cosa avvenga negli altri paesi anche se non credo sia diverso da ciò che avviene in Francia. Ad ogni modo questa crisi, e me ne rendo conto leggendo i sondaggi d’opinione, ha mostrato che in Francia esiste un problema di razzismo. La Germania ad esempio ha una vera e propria educazione anti-razzista. Un’educazione molto rigorosa e ben radicata nella popolazione da oltre sessant’anni. Il risultato è che nei sondaggi di opinione il popolo tedesco è generalmente favorevole all’accoglienza dei migranti. In Francia non c’è stato questo sforzo di educazione antirazzista, non esiste una spiegazione pedagogica contro il razzismo nelle nostre classi, nelle nostre scuole. Non esistono ad esempio musei che ricordino i peggiori esempi di razzismo della nostra storia, diversamente da quanto invece avviene in Germania. In Francia non esiste un museo ad esempio che narri gli orrori di Vichy o che ricordi la barbarie del colonialismo francese. Di conseguenza da noi soltanto il 20% della popolazione pensa che bisogna accogliere più rifugiati. Tutto ciò, a mio avviso, è il risultato della mancanza di una rigorosa educazione anti-razzista. 

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In Francia qualcuno evoca addirittura la sospensione di Schengen. Lei come la vede, occorre riformare, sospendere Schengen?
A mio avviso, da un punto di vista strettamente logico, rispetto all’avvenire del trattato di Schengen ci sono almeno due possibilità all’orizzonte: o si fa una politica comune d’immigrazione che sia valevole per tutto il nostro spazio comune di circolazione delle genti – e non mi sembra che ciò stia avvenendo – o a questo punto è meglio sospendere Schengen. Perché così come sono ora le cose è un po’ come la zona dell’euro. Esiste, è vero, uno spazio di libera circolazione comune ma non abbiamo però la politica di gestione dell’immigrazione che dovrebbe andare di pari passo con questo spazio comune. Dunque o si fa una vera politica comune d’immigrazione oppure è meglio sospendere il trattato che, così com’è, può essere soltanto dannoso.

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