Articolo tratto da Linkerblog.biz
Quando si declamano gli interventi promossi dai governi, incluso quello attuale, per agevolare la complicata situazione finanziaria delle Pmi, l’intervento fornito dal Fondo Centrale di Garanzia è sempre al primo posto. È giusto che sia così perché anno dopo anno la garanzia dello Stato sui finanziamenti alle piccole e medie imprese è cresciuta, insieme alla dotazione dei fondi messi a disposizione dal ministero dello Sviluppo Economico.
L’utilizzo crescente di questo strumento di sussidio statale ha però sempre generato più di un sospetto per essere destinato più a sostenere la salute delle banche, abbattendo il loro utilizzo di capitale su quella quota del 60-80% garantita dal Fondo, che non a procurare una dose di maggiore credito per le imprese. Non esistono ovviamente controprove e dati sul nuovo credito erogato, ma chi ha dimestichezza con il mercato del credito e soprattutto chi ascolta la voce proveniente dal mondo dei Confidi sa bene che il Fondo è stato utilizzato dalle banche in parte per offrire nuovo credito richiesto, ma molto per garantire vecchio credito con scarso effetto incrementale, ma con effetti straordinariamente benefici sul capitale di vigilanza.
Il Fondo è stato utilizzato dalle banche in parte per offrire nuovo credito richiesto, ma molto per garantire vecchio credito con scarso effetto incrementale, ma con effetti straordinariamente benefici sul capitale di vigilanza
Il dubbio resta anche guardando i numeri del periodo 2011-15, confrontando la riduzione del credito totale alle imprese (90 miliardi) e i crediti erogati dalle banche con la garanzia del Fcg (50 miliardi). Considerando che la garanzia statale copre operazioni a medio-termine per il 64% del totale erogato, ma solo il 22% per nuovi investimenti, è lecito supporre che una parte non banale si riferisca a vecchio credito che è stato in qualche modo riverniciato con una mano di garanzia pubblica. Per certo degli 800 miliardi concessi alle imprese, di cui indicativamente non più di 160-200 riferibili alle Pmi, una quota di 40-50 miliardi è ora garantita dallo Stato e su questa parte le banche oggi possono stare più tranquille.
Il meccanismo di sostituzione del rischio pieno con il rischio Stato continua a pieno ritmo ora che le banche hanno imparato come accedere automaticamente alla garanzia in modo diretto, senza ricorrere all’intervento di un Confidi, come mostra il grafico successivo con variazioni ben diverse tra garanzia diretta e controgaranzia.
Il Fondo Centrale di Garanzia è una benedizione per le 43.000 micro imprese che ne hanno beneficiato nel 2015 e questo articolo come i precedenti non toglie nulla al valore dello strumento. Tuttavia quando il sistema bancario si lamenta di non avere ricevuto favori dimentica quanto la mano generosa dello Stato sia intervenuta e intervenga per raddrizzare le sorti di un capitale bancario che scarseggia.
Mi sembra che tra le righe lo scriva anche la Banca d’Italia che mostra anche qualche perplessità sull’utilizzo “qualitativo” dello strumento garanzia:
La crescita dei prestiti garantiti dal Fondo ha beneficiato anche del progressivo rafforzamento della sua operatività dal 2009. I cambiamenti hanno interessato: (a) l’aumento della dotazione patrimoniale; (b) l’ampliamento della platea dei potenziali beneficiari; (c) l’allentamento dei criteri di ammissibilità; (d) il riconoscimento della garanzia di ultima istanza dello Stato, che consente alle banche di azzerare l’assorbimento di patrimonio della quota dei prestiti coperta dal Fondo. Da ultimo è stato inoltre reso possibile il rilascio della garanzia pubblica a favore di portafogli di prestiti e di obbligazioni emesse da PMI non quotate (cosiddetti minibond).
(…) La presenza di un garante pubblico, se da un lato favorisce l’afflusso di credito all’economia, dall’altro può indurre gli intermediari a classificare più rapidamente tra le sofferenze i debitori per i quali è agevole ottenere un rimborso. L’elevato grado di copertura della garanzia, fino all’80 per cento del valore del prestito, potrebbe inoltre aver disincentivato gli intermediari a selezionare con attenzione le controparti. (fonte Bollettino Economico – 4, 2015)