Nobel alla Tunisia: “Un premio per tutta la società civile”

Ali Zeddini, membro del Comitato esecutivo della lega tunisina per i diritti dell'uomo: «Il premio spingerà tutti i tunisini a lavorare ancora di più per preservare i risultati ottenuti nel corso della transizione»

Un premio di pace a un movimento politico, a una società civile, anzi a un popolo intero che ha lottato strenuamente per liberarsi dagli orpelli della dittatura. Nonostante l’ombra del terrorismo continui a planare su quello che è stato l’unico processo di transizione democratica nato delle cosiddette “primavere arabe”, il Premio Nobel per la Pace 2015 al “Quartetto per il dialogo nazionale tunisino” è una bellissima notizia per la Tunisia e per il suo futuro. Il Quartetto – formato dall’Unione generale tunisina del lavoro, dalla Confederazione dell’industria del commercio e dell’artigianato, dalla Lega tunisina per i diritti dell’uomo e dall’ordine nazionale degli avvocati di tunisia – nasce dopo gli assassini politici di Chokri Belaïd e Mohammed Brahmi.

Grazie al suo impegno per instaurare un dialogo politico a livello nazionale, il Quartetto ha fatto sì che la Tunisia non sprofondasse nella violenza settaria dopo la rivoluzione che ha portato alla caduta di Ben Ali. Questo quartetto è stato insignito per il suo contributo determinante nella costruzione di una democrazia pluralistica in Tunisia. Il premio Nobel è in realtà un omaggio al coraggio di tutte le tunisine e i tunisini che, di fronte ai continui e ripetuti attacchi contro le libertà individuali, sono riusciti a riunire tutti i settori della società per consolidare la giovane democrazia tunisina. Ne abbiamo parlato col vicepresidente e membro del Comitato esecutivo della lega tunisina per i diritti dell’uomo (LTDH) Ali Zeddini.

«Sono felicissimo», ha detto Zeddini a Linkiesta, «per questo premio che va, ricordiamolo, a tutto il quartetto. In realtà non siamo noi a essere stati premiati. Questo premio supera nettamente il quadro del quartetto del dialogo nazionale per inglobare tutta la società civile tunisina».

Cosa significa questo premio per la Tunisia?
È un grande messaggio. A quanto ne so è la prima volta che una società civile viene insignita nella propria totalità di un premio Nobel. È un fatto unico nella storia non solo della Tunisia. Ma questo premio è ugualmente una responsabilità per noi. Ci spingerà e spingerà anche tutti i tunisini a lavorare ancora di più per preservare i risultati ottenuti nel corso della transizione e del processo democratico avviatosi con il dialogo nazionale. Questo premio servirà a propagare la cultura del dialogo a livello nazionale.

Il nostro lavoro in Tunisia è storico ma questo è un premio per tutta la società civile tunisina. Il premio ci spingerà ancora di più a mettere a disposizione la nostra esperienza per la Tunisia

Cosa cambia per la Lega tunisina per i diritti dell’uomo?
Il nostro lavoro in Tunisia è storico ma ripeto questo è un premio per tutta la società civile tunisina. Il premio ci spingerà ancora di più a mettere a disposizione la nostra esperienza per la Tunisia. A livello regionale, purtroppo sono ancora le armi e la violenza a farla da padrone. L’unico antidoto per la violenza in Tunisia è il dialogo. Questo dialogo, ricordiamolo, ha finito per vincere sulla violenza, è la nostra vera arma che ci ha permesso di portare a termine la transizione democratica e garantire delle elezioni libere. Il premio Nobel ci spingerà a investire ancora di più anche nel dialogo sociale. Non basta infatti solo il dialogo politico. Questo premio è per noi una grande occasione ma anche una grande responsabilità. Continueremo ad essere garanti della democrazia e a combattere tutte le derive.

Il terrorismo è venuto spesso a interporsi nel processo democratico in Tunisia come se ci fossero forze sempre in agguato nel tentativo di bloccarlo.
Il premio Nobel dimostra che la società civile tunisina è una società pacifica. Questo riconoscimento aiuterà il popolo tunisino ugualmente a lottare contro il terrorismo. Per combattere il terrorismo occorre lavorare su più livelli. Esiste sicuramente la dimensione “securitaria” ma questa dimensione, secondo la nostra opinione, è insufficiente. Bisogna infatti prendere in considerazione anche altri livelli. Ovvero quello economico, sociale. Non basta lavorare esclusivamente sulla sicurezza. Occorre impegnarsi anche per avere più giustizia sociale, occorre lavorare per la riforma del sistema scolastico, un sistema in cui il dialogo e l’accettazione dell’altro deve diventare un modello per la nostra società. Un altro livello importante su cui occorre lavorare è quello della cultura. Solo incoraggiando la cultura si può battere il terrorismo. Se riusciremo a includere tutti questi livelli nella nostra battaglia potremo sconfiggere definitivamente il terrorismo.

Non basta lavorare esclusivamente sulla sicurezza. Occorre impegnarsi anche per avere più giustizia sociale, occorre lavorare per la riforma del sistema scolastico, un sistema in cui il dialogo e l’accettazione dell’altro deve diventare un modello per la nostra società

Di fronte alla minaccia del terrorismo però aleggia l’ombra di leggi liberticide.
Noi ci opponiamo con forza alle leggi liberticide. Non tollereremo che si usi il pretesto della minaccia terroristica per attaccare i diritti umani e per ritornare alla tortura e alla segregazione, come ai tempi di Ben Ali. Tutti hanno diritto a un processo equo, non si possono cancellare i diritti fondamentali in nome dell’antiterrorismo. Noi giocheremo il nostro ruolo affinché non ci siano derive in questo senso perché è facile scadere nella violenza e nella repressione di fronte alla minaccia terroristica.

Com’è cambiata la Tunisia di oggi rispetto alla Tunisia di Ben Ali?
A livello di libertà individuali, non c’è assolutamente paragone. Abbiamo acquisito, nel corso del processo democratico che ha portato alle prime elezioni libere della storia della Tunisia, tutta una serie di risultati innegabili. Abbiamo fatto passi da gigante in pochi anni. Credo che oggi sia impossibile tornare indietro. Il popolo tunisino è maturo e non potrebbe mai più accettare una dittatura. Quel tempo oramai è finito. Oggi però non bisogna abbassare la guardia, bisogna restare vigilanti. E noi come Lega tunisina dei diritti umani abbiamo sempre vigilato e continueremo a vigilare affinché i diritti fondamentali ed i risultati acquisiti nel corso della nostra rivoluzione siano preservati dalle derive di violenza. È una questione nazionale. Solo se ognuno giocherà il proprio ruolo potremo preservare la transizione democratica e salvare la Tunisia.

@marco_cesario

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