Poco importa se sono di proprietà del Comune, delle Ferrovie dello Stato o dell’azienda ai servizi ambientali Amsa: dallo scorso giugno sono cento, e dislocati in otto zone, i muri che il Comune di Milano ha messo a disposizione della creatività di tutti. “Cento muri liberi”, appunto, che inseriti in un elenco consultabile sul sito del Comune e segnalati sul posto da una targa permettono a qualunque artista di utilizzarli legalmente, senza il rischio cioè di incappare in sanzioni per “deturpamento e imbrattamento di cose altrui”, come recita l’articolo 639 del codice penale.
E così, dal cavalcavia Bussa di Porta Garibaldi ai muri della stazione Milano San Cristoforo, dalla caserma dei pompieri in via Messina ai depositi Amsa di Primaticcio, writer e street artist hanno finalmente potuto iniziare a fare arte proprio là dove, fino a qualche anno prima, avrebbero penato per ricevere un’autorizzazione o, peggio, lavorato in clandestinità. «Alla città – avevano detto a giugno gli organizzatori, i consiglieri comunali Emanuele Lazzarini e Paola Bocci – è utile e necessario un confronto costruttivo tra amministrazione e mondo della street art per cambiare prospettiva: dalla repressione alla valorizzazione della bellezza e dei talenti.
L’arte pubblica del nostro tempo ha bisogno di sperimentare e di avere riconoscimento, e di non essere confusa con il vandalismo». Un riferimento alle amministrazioni passate che hanno sempre fatto orecchie da mercante, confondendo (o facendo finta di confondere) la bellezza di “pezzi” realizzati da writer di fama internazionale con atti di deturpazione. E così, dopo che nei primi dieci anni del Duemila la repressione non ha certo aiutato Milano a diventare una delle capitali europee della cultura, ora la città può finalmente vantare una posizione all’altezza di Londra, Parigi e Berlino, con politiche all’avanguardia nel campo della urban art.
I”cento muri liberi” permettono a qualunque artista di fare street art legalmente, senza il rischio cioè di incappare in sanzioni per “deturpamento e imbrattamento di cose altrui”.
A dirlo sono gli artisti stessi che, vecchie glorie o neofiti, hanno accolto con entusiasmo il progetto dei “cento muri liberi”: «Secondo me – afferma Prosa della Nuclear 1 crew, il primo ad avere usufruito del progetto con la sua murata azzurra in via Schievano – è stato un toccasana per Milano: viaggio parecchio in Europa per fare graffiti e quasi tutte le capitali hanno i free wall. Mancavamo solo noi». «Un’ottima iniziativa – gli fa eco Rendo dei TDK, che ha diversi pezzi storici sulla murata, oggi libera, di via Pontano – tanto che non vediamo l’ora di rifare, questa volta legalmente, tutto quello che è nostro». Già, perché nella legge non scritta della strada esistono murate che appartengono storicamente a una crew: nessuno esterno al gruppo le può “crossare”, ossia coprire con altri disegni, pena un mare di guai. «C’è molto rispetto – dice Alessio, giovane street artist di 22 anni che ha dipinto sui muri liberi del ponte della Ghisolfa – tra chi scrive. Ci si conosce tutti e quasi nessuno viene meno a una regola morale che, da sempre, vige tra writer».
Proprio il rispetto reciproco sembra essere l’unica soluzione al rischio delle sovrapposizioni, inevitabili dove i muri sono messi a disposizione di chiunque. Con i cento muri liberi, infatti, anche la cancellazione a suon di vernice bianca non può essere punita, come avviene, invece, nel caso dei “muri-progetto” (assegnati dal Comune a un’associazione culturale per realizzarvi murales definitivi e non sostituibili). L’ha capito bene un anziano che, durante l’estate, ha coperto più volte con della vernice alcuni pezzi realizzati sui muri liberi del sottopasso del Ghisallo da Zoow24: «Si è spacciato per dipendente del Comune – racconta Zoow24 – e ha imbiancato i disegni che avevo fatto contro i rischi del fumo. A nulla è servito l’intervento del Comune». Il signore stava facendo un’azione tanto legale quanto quella di Zoow24.
«Secondo me è stato un toccasana per Milano: viaggio parecchio in Europa per fare graffiti e quasi tutte le capitali hanno i free wall. Mancavamo solo noi.»
Lo stesso problema, poi, si presenterà quando le murate saranno tutte piene: come sarà meglio agire? «In Comune – spiega Emanuele Lazzarini, uno dei consiglieri comunali che ha dato vita al progetto – stiamo pensando alla possibilità di fare un reset dei muri quando saranno tutti saturi: in quel caso l’imbiancatura sarà la strada migliore per ricominciare da zero. È una scelta impegnativa che va concordata con gli artisti, ma che ci sembra un buono modo per fare refresh e dare a tutti la possibilità di lavorare».
Un’altra proposta è quella che viene dal mondo dei graffiti: «Bisognerebbe istituire una commissione di esperti – dice FlyCat – che coordinino e affidino i muri con cognizione di causa. Il modo migliore per farlo è chiedere consiglio a chi, come me, è nel giro da tempo, conosce la murate storiche e ha modo di valutare le capacità degli artisti. Non puoi chiamare chiunque a lavorare indiscriminatamente, c’è bisogno di una sorta di gerarchia».
Per fortuna a mettere tutti d’accordo ci sono gli archivi fotografici, che testimoniano il lavoro svolto nel corso del tempo, al di là di crossing e sovrapposizioni: non ne esiste ancora uno istituzionale, ma se ne possono trovare molti unofficial su siti e social. Quello più dettagliato, per quanto sia in continua evoluzione, è quello del fotografo Giovanni Candida, in arte Walls of Milano. Anche lui dice la sua sul futuro dei cento muri: «Per evitare conflitti quando i muri saranno tutti pieni e permettere di avere sempre nuove superfici libere il Comune dovrebbe dare una mano di bianco ogni sei mesi, così si riparte da zero: tutti sono contenti e c’è continuamente spazio per nuovi lavori».
Gallery, foto di:
1. Zoow24
2. Zoow24
3. WallsOfMilano
4. WallsOfMilano
5. WallsOfMilano
6. WallsOfMilano
7. WallsOfMilano
8. WallsOfMilano
9. Prosa, Nuclear 1