Era tanto bravo che vendeva i suoi quadri a gente come Picasso, Mirò e Dalì, che passavano ore a guardarli estasiati. Un pittore unico nel suo genere (per essere più precisi, nella sua specie), celebrità degli anni ’50, star della televisione, amato da tutti, invidiato da nessuno.
Il protagonista di questa storia è Congo lo Scimpanzé, la scimmia dello zoo di Londra che dipingeva quadri surrealisti molto apprezzati dagli esperti. Il succitato Dalì aveva notato che la sua mano “è quasi-umana. Quella di Jackson Pollock è, invece, del tutto animale”. L’Institute of Contemporary Arts organizzò una mostra nel 1957, esponendo molti dei suoi lavori. E la cosa non andò molto liscia.
Il fatto è semplice: i lavori di Congo possono essere considerati arte? Il dibattito infuriò all’epoca, e ancora oggi non è facile da risolvere. Come si può immaginare che Congo capisca cosa si intende per arte, o che sia in grado di cogliere il valore estetico delle sue opere? Per lui sembra una sorta di ginnastica giocosa, senza alcuna preoccupazione per il risultato finale. A pensarci bene, in realtà – e in un certo senso – questo discorso vale anche per Pollock. E allora, forse, aveva ragione Dalì.