La nave di Teseo rischia di far naufragare Mondazzoli

Autori, agenti, editor: perché la nuova iniziativa di Elisabetta Sgarbi rischia di mettere in crisi il nuovo gigante dell’editoria italiana

Era stata presentata come la madre di tutte le aggregazioni in campo editoriale. L’acquisto della Rizzoli da parte della Mondadori, infatti, ha dato vita a quella che è stata subito ribattezzata “Mondazzoli”: 55% dei primi cento titoli venduti nel 2014, 35% del mercato trade e 25% dell’editoria scolastica.

Ma ancor prima dell’inevitabile giudizio dell’antitrust, però, Mondazzoli rischia di diventare un gigante dai piedi di argilla. A meno di due mesi da un’operazione costata alla Mondadori 127,5 milioni di euro, infatti, Elisabetta Sgarbi, direttore editoriale della Bompiani, è uscita da Mondazzoli per fondare La nave di Teseo, che sarà promossa in libreria dalla Pde (gruppo Feltrinelli) e distribuita da Messaggerie.

Insieme alla Sgarbi, lasciano anche gli editor della Bompiani con in testa Mario Andreose e soprattutto sono entrati nella nuova compagine azionaria autori di punta come Umberto Eco, Sandro Veronesi, Furio Colombo, Edoardo Nesi.

Hanno annunciato di aderire all’iniziativa anche Tahar Ben Jelloun, Michael Cunningham e Hanif Kureishi e gli italiani Pietrangelo Buttafuoco, Mauro Covacich, Lidia Ravera e Vittorio Sgarbi.

In altre parole, Bompiani (2,3% del mercato trade) che già ai tempi della Rizzoli era stata declassata a un marchio editoriale, rischia di diventare poco più che un guscio vuoto, al più un brand d’antico lignaggio tutto da ricostruire perché una casa editrice ha il suo patrimonio vero, al di là dei bilanci civilistici, in tre asset: il catalogo, gli autori e gli editor.

Alla Bompiani (e quindi a Mondazzoli), dunque, rimane solo il catalogo, anch’esso però inevitabilmente destinato nel tempo a seguire gli autori nei nuovi lidi alla scadenza dei contratti. Evidentemente non sono servite le rassicurazioni di Enrico Selva Coddè, amministratore delegato area Trade di Mondadori Libri, che aveva sottolineato come «Nella nostra tradizione centenaria c’è la prova del rispetto che si è sempre avuto per gli autori e per le identità delle singole case editrici».

E dire che la Mondadori poteva portare a suo sostegno in tema di indipendenza la gestione del passaggio sotto le sue insegne dell’Einaudi, nell’ormai lontano 1994. In quella occasione, al di là di qualche rara eccezione (Carlo Ginzburg e pochi altri), non si assistette ad alcun abbandono degli autori della storica casa editrice, simbolo della cultura della sinistra italiana. Il merito di quel traghettamento indolore fu certamente del gruppo dirigente storico dell’Einaudi, a cominciare dal fondatore Giulio Einaudi, insieme a Roberto Cerati e a Walter Barberis e dalle scelte compiute dall’allora dominus della libri Mondadori, Gian Arturo Ferrari che individuò in Vittorio Bo, l’uomo giusto per coniugare lo spirito einaudiano con i bilanci.

Oggi Einaudi ė il fiore all’occhiello della Mondadori Libri e contribuisce anche in modo significativo all’andamento del gruppo sia in termini di quote di mercato (6,1% nel 2014 e secondo editore italiano nel trade) sia di margini economici.

A differenza di quanto avvenne con Einaudi, perciò, lo spin off da Bompiani rischia di costare molto alla Mondadori anche in chiave prospettica, perché se La nave di Teseo dovesse dimostrare di solcare bene i mari perigliosi della distribuzione e incontrare anche il favore dei lettori, allora potrebbe diventare un pericoloso attrattore di autori e di agenti.

Questi ultimi, infatti, per evidenti ragioni, non hanno visto di buon occhio la nascita di Mondazzoli e potrebbero quindi favorire la crescita di nuovi soggetti editoriali capaci di competere con il nuovo gigante.

Se La nave di Teseo dovesse dimostrare di solcare bene i mari perigliosi della distribuzione e incontrare anche il favore dei lettori, allora potrebbe diventare un pericoloso attrattore di autori e di agenti

A Segrate, quindi, non possono dormire sonni tranquilli e ironia della sorte a gestire questa fase complicata e assai rischiosa anche per i conti, sarà ancora una volta Gian Arturo Ferrari, in veste questa volta di vicepresidente della libri, richiamato precipitosamente alle armi da Marina Berlusconi e da Ernesto Mauri nel gennaio di quest’anno, per ridare smalto alla libri Mondadori e ai suoi conti.

Questa volta, però, Ferrari avrà un compito ancor più difficile che ai tempi dell’Einaudi, perché in editoria sono pressoché scomparsi gli editori e messi in un angolo gli editor, progressivamente sostituiti alla guida delle case editrici dagli uomini del marketing e del controllo di gestione: perfetti quando tutto va bene, ma – senza nulla togliere all’utilità di queste due fondamentali funzioni in una impresa moderna – potenzialmente dannosi quando si tratta di navigare nella crisi e bisognerebbe avere l’intelligenza e il coraggio di investire in primo luogo nel prodotto editoriale e dunque nel ricordato patrimonio rappresentato dalle risorse umane: autori e editor

La nascita de La Nave di Teseo, il cui varo ė stato accolto con grande simpatia e attenzione, è dunque per i manager di Segrate un campanello d’allarme che farebbero bene ad ascoltare, perché in caso contrario il “gigante dai piedi d’argilla” potrebbe rapidamente e fragorosamente andare in affanno.

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