Investire nelle reti elettriche e in quelle idriche rende meno e tanto basta per porre fine alla luna di miele che c’era stata negli ultimi anni tra l’Authority del settore e le utilities. L’Autorità per l’energia elettrica e il gas sta abbassando le remunerazioni del capitale di circa un punto percentuale (o meglio di 100 punti base), principalmente perché nel frattempo i tassi di interesse si sono abbassati. Una revisione che per l’associazione di categoria Utilitalia significherà investimenti trentennali sballati, possibile fuga degli investitori esteri e stallo in vista per gli investimenti in settori come la banda larga, le microproduzioni diffuse di energia rinnovabile e i depuratori. A preoccupare le società di gestione di acqua ed elettricità è soprattutto la distanza con i rendimenti medi europei, perché il differenziale è negativo per più di un punto percentuale, senza considerare le componenti fiscali e la rischiosità del sistema Paese.
La partita è ancora aperta e si chiuderà entro fine anno, presumibilmente il 28 dicembre. Lunedì 21 c’è stato intanto l’ultimo faccia a faccia tra le aziende e l’Aeegsi. «È stato un confronto franco» dicono gli operatori del settore, vale a dire una guerra aperta, dopo anni di allineamento, soprattutto nel settore idrico, a seguito del referendum sull’“acqua bene comune”.
L’Autorità per l’energia elettrica e il gas sta abbassando le remunerazioni del capitale di circa un punto percentuale, principalmente perché nel frattempo i tassi di interesse si sono abbassati
Era il 2011 quando gli elettori bocciavano un sistema che avrebbe assegnato agli operatori rendimenti alti (pari al 7%), senza il filtro di un’autorità indipendente. Il voto popolare si spingeva anche oltre, prevedendo di fatto l’impossibilità di remunerare gli investimenti. Ciò avrebbe comportato l’uscita dei privati e un ritorno alle gestioni pubbliche, costosissimo per le finanze dello Stato o degli enti locali. La soluzione che fu trovata fu di estendere i poteri dell’Autorità dell’energia e il gas anche al servizio idrico e di assegnare alla nuova authority il potere di determinare la tariffa. Per arrivare a fissarla è stato creato un algoritmo la cui spiegazione occupa una sessantina di pagine. Il succo è che bisogna trovare un compromesso tra la necessità di incentivare gli investimenti – molto necessari per le perdite dell’acqua e per i ritardi nella depurazione – e tutelare i consumatori.
Fino al 2015 le soluzioni trovate sono andate bene a tutti, dato che la remunerazione del capitale investito (Wacc) è stata vicina al 7 per cento. Ora, però, le cose cambiano. Il tasso nel settore idrico, per il periodo 2016-2019, è attorno al 5%, in discesa di oltre un punto percentuale. Lo stesso andamento si vede nelle reti elettriche: il tasso di rimborso dei costi di investimento scende dal 6,4% al 5,6 per cento.
L’associazione di categoria Utilitalia parli di investimenti trentennali sballati, possibile fuga degli investitori esteri, così come di stallo in vista per gli investimenti in settori come la banda larga, le microproduzioni diffuse di energia rinnovabile e i depuratori
Perché questo calo? Principalmente perché i tassi di interesse si sono abbassati, e con loro i rendimenti dei titoli di Stato che sono presi a riferimento dall’autorità. A un tasso base si aggiungono altre componenti, tra cui quelle legate al rischio Paese. Oggi i bond europei AA hanno rendimenti talmente bassi da essere negativi, e l’Autorità ha fissato un tasso positivo dello 0,5 per cento. Questa cifra viene contestata dalle aziende, perché considerata arbitraria e troppo bassa.
Chi ha ragione? Per ora pesa il giudizio dell’agenzia di rating Fitch, riferita al mondo del gas. In quel caso l’Autorità ha abbassato all’inizio di dicembre la remunerazione del capitale investito (tra lo 0,5% e lo 0,8% nel trasporto e distribuzione), mentre ha alzato il rendimento atteso per lo stoccaggio. Fitch ha giudicato queste revisioni coerenti con il nuovo scenario dei tassi di interesse, e ha mantenuto stabile l’outlook di tutti i principali operatori del settore, soprattutto per chi è più sbilanciato nel gas, come Snam.
Elettricità e acqua, secondo Utilitalia, saranno più penalizzati. «Di fatto, l’Aeegsi ha scelto di consolidare settori tradizionali come il gas – si legge in una nota dell’associazione -, trascurando la strategicità delle reti elettriche e idriche, che hanno invece ampi margini di crescita e potrebbero contribuire alla modernizzazione del Paese». Per gli operatori a essere grave è soprattutto la “logica di breve periodo” dell’orientamento assunto dall’autorità, “teso unicamente a ridurre le tariffe agli utenti nei prossimi due anni”. La “scarsa stabilità regolatoria” metterebbe in difficoltà aziende che fanno piani di investimento di lungo periodo, per realizzare asset che durino nel tempo, in media 30 anni. L’accusa è di creare squilibri nei piani economico-finanziari di molte aziende e di spingerle a operazioni di finanziamento a breve termine, quando i mercati offrono la possibilità di indebitarsi a lungo termine con condizioni straordinariamente vantaggiose. La risposta dell’Aeegsi finora è stata lapidaria: «ognuno fa il suo mestiere. Il nostro è di cercare un equilibrio tra le esigenze degli investitori e quelle dei consumatori».
Le tariffe per i servizi idrici sono aumentate mediamente nel 2015 del 4,4 per cento, mentre per l’elettricità si è scesi del 2,2% e per il gas del 4,2%, sebbene con rialzi nell’ultimo trimestre dell’anno.