Credito e credibilitàBanche salvate, perché la rabbia non coinvolge i manager?

È surreale quanta poca rabbia ci sia verso gli amministratori che hanno prodotto la bancarotta investendo in maniera orrenda i risparmi loro affidati. Politici e media sono in stato confusionale e dimostrano un’incoerenza che non servirà a prevenire e risolvere altre crisi

Esprimiamo il nostro cordoglio alla famiglia di Luigino D’Angelo, l’uomo di Civitavecchia morto suicida dopo aver perso parecchi soldi investiti nelle obbligazioni subordinate della Banca dell’Etruria, e offriamo qualche riflessione sul surreale caso del “salvabanche” e del “salvarisparmiatori”.

Ogni investimento è rischioso, e questo lo sanno tutti. O, almeno, questo è quello che ci sembrava ovvio ritenere sino a qualche giorno fa: che se prendi dei risparmi e li presti a qualcuno che ti promette un rendimento corri il rischio che quell’investimento non vada bene e che i soldi non ti vengano restituiti. Se tutto va bene ti paga l’interesse (o il dividendo) promesso e ti restituisce il capitale ma, se le cose vanno male, puoi perdere tutto o parte di quanto hai investito.

Alcuni investimenti sono meno rischiosi (ossia, falliscono meno frequentemente e, quando vanno bene, rendono quindi meno), altri sono più rischiosi (ossia, falliscono più frequentemente e, quando vanno bene, rendono quindi di più), ed anche questo tutti possono capirlo. Quando il rischio si materializza e le cose vanno male, a volte il valore di un titolo piomba a zero (come quello delle obbligazioni della Banca dell’Etruria), altre volte si riduce del 30% (come nel caso di un appartamento acquistato all’apice della bolla immobiliare nel 2008). Questi casi sono identici: un investimento rischioso perde valore, a volte, e questa è la ragione fondamentale per cui, quando funziona, paga un interesse, a volte alto. Quindi non si capisce perché il governo (cioé, in ultima istanza, i contribuenti) dovrebbe rimborsare gli obbligazionisti sfortunati e non gli sfortunati possessori di case e appartamenti venduti in perdita. Questo ci pare il primo e forse più evidente aspetto surreale della vicenda.

Non si capisce perché il governo (cioé, in ultima istanza, i contribuenti) dovrebbe rimborsare gli obbligazionisti sfortunati e non gli sfortunati possessori di case e appartamenti venduti in perdita

Il secondo aspetto surrele, che dal primo discende, è quanta poca rabbia ci sia verso gli amministratori che hanno prodotto i buchi di bilancio e la bancarotta investendo in maniera orrenda i risparmi loro affidati. Queste cose dovrebbero essere state ben previste, specialmente da chi ha prestato soldi a queste banche negli ultimi anni visto che le banche in questione sono state commissariate anni fa. La rabbia è tutta e solo diretta al governo che non rimborsa completamente gli investitori che hanno perso i soldi. Merita una citazione il vicedirettore de La Stampa per le cose sensate che ha scritto in proposito. Dimenticavamo: sono banche “del territorio”, nostrane, genuine, ruspanti – mica come quelle che parlano inglese e comprano derivati. In fondo hanno fatto buchi a fin di bene…

È surreale quanta poca rabbia ci sia verso gli amministratori che hanno prodotto i buchi di bilancio e la bancarotta investendo in maniera orrenda i risparmi loro affidati

Il terzo aspetto surreale (per chi, come noi, non si abituerà mai a certe facce da culo) è l’incompetenza (prima) e lo sciacallaggio (poi) dei politici. La direttiva europea su cui tanto si polemizza è stata approvata da FI e PD con l’astensione della Lega. Inoltre, ricordiamo agli smemorati, i voltagabbana, o a chi fa finta d’aver smarrito la memoria che ai tempi della crisi del Monte dei Paschi di Siena, il Sig. Grillo Giuseppe Piero, detto “Beppe”, non voleva che i contribuenti si accollassero i buchi di bilancio. Eppure Siena è in Etruria.

Ai tempi della crisi del Monte dei Paschi di Siena, il Sig. Grillo Giuseppe Piero, detto “Beppe”, non voleva che i contribuenti si accollassero i buchi di bilancio. Eppure Siena è in Etruria

Risparmiatori: raggirati, ricattati o incentivati?

Certo, non tutti i risparmiatori che hanno perso i loro risparmi in questa vicenda sono uguali, ed è utile distinguere almeno tre diversi casi:

  1. Gli investitori ricattati (ti rinnovo il fido solo se compri questo prodotto finanziario).

  2. Gli investitori incentivati (ti concedo un mutuo più favorevole se compri questa obbligazione).

  3. Gli investitori raggirati (fidati di me, le obbligazioni sono sicure e rendono lo 0,5% in più dei Btp).

Nel caso 1 è colpa della banca (del suo CdA se questo aveva dato l’ordine o del funzionario incaricato se la decisione fu sua) che ha adottato un comportamento penalmente perseguibile (se lo si dimostra). Non si capisce bene perché le persone che si sono trovate davanti a questo ricatto non l’abbiano denunciato, allora, o non lo denuncino, almeno ora, cercando di provarlo.

Il caso 3 è responsabilità dell’investitore l’essersi lasciato raggirare: i tentativi di raggiro sono purtroppo frequenti in tutti gli ambienti e pretendere di non vederli è semplicemente irresponsabile. Al li là di una umana solidarietà non c’è molto da dire, se non che in Italia mancano strumenti per minimizzare truffe di questo tipo in certi ambiti, compreso quello bancario.

Il 2 è un caso limite: bisogna vedere di quanto le condizioni erano più favorevoli e quanto era disperato l’investitore. Ma, anche in questo caso, non ci sembra chiedere troppo se diciamo che l’investitore avrebbe forse dovuto capire che, siccome nessuno dà nulla in cambio di nulla, le obbligazioni dovevano essere rischiosette se, come compensazione dell’acquisto, la banca era pronta a concedere un mutuo. O no?

Ma, qualunque sia il caso, non si capisce perché queste perdite debbano essere socializzate nel bilancio dello Stato. E, a monte della vicenda, non si capisce perché le banche in questione siano state salvate. Capiamoci, qui “salvate” non vuol dire che si sono salvati gli azionisti e gli obbligazionisti (subordinati o meno, dipende dai casi e non entriamo in tecnicismi). Questi, almeno, han pagato per i loro errori, la loro leggerezza o la pessima gestione del denaro loro affidato. Per “salvate” intendiamo il fatto che si è scelta la strada di tenere in piedi in qualche forma (ci perdonerà il lettore se non entriamo nei dettagli tecnici del decreto governativo di alcune settimane fa, manca il tempo e, comunque, non cambierebbe la sostanza dell’argomento che stiamo dibattendo) le strutture aziendali in questione invece di liquidarle mandando a casa non solo i CdA ma anche tutta l’alta, media e, osiamo dire, anche bassa dirigenza che, chiaramente, ha in questi anni partecipato più o meno connivente alla folle gestione di questi istituti. La patetica retorica di Renzi sui posti di lavoro da salvare aggiunge ridicolo al surreale. Che i posti di lavoro alla Banca dell’Etruria erano più meritevoli di tutela di quelli spariti nel 15mila fallimenti registrati in Italia nel 2014?

Un Paese in Stato confusionale

Purtroppo questa vicenda è una tangibile prova dello stato confusionale in cui si trova il Paese, ad ogni livello. Del governo, per il quale è apparente oltre all’incompetenza e la sottomissione agli interessi oligopolistici dell’Abi anche un chiaro conflitto d’interessi che dovrebbe portare, riteniamo, ad una seria riflessione sul ruolo del ministro Boschi. Dell’opposizione, che si è lanciata in folli grida populiste ed operazioni d’incoerente scaricabarile arrivando persino ad inventarsi un’inesistente responsabilità europea in una vicenda tutta italiana (supportata, in questo, da personaggi come Abete che, da quanto ci risulta, va in giro a raccontare che se l’Europa ci avesse fatto fare avremmo risolto tutto senza danni per alcuno). Di Consob e, seppur in misura minore, di Banca d’Italia che sembrano accorgersi del loro ruolo di vigilanza sempre dopo che le uova son state rotte ed il disastro fatto, mai per prevenirlo. Dei media e dell’informazione economica che, fatte salve le lodevoli eccezioni come quella menzionata sopra, non hanno informato negli anni precedenti di quanto stava accadendo in queste (e altre, ricordiamo per esempio Veneto Banca e Popolare Vicenza) banche (e di quanto tutt’ora accade in molte altre, quasi certamente) e si dedica ora all’agitazione populistica più becera.

Questo grave stato confusionale partorisce una classe dirigente incapace di prevenire, prima, e risolvere, dopo, vicende come quella che stiamo commentando.

Articolo tratto da Noisefromamerika.org

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