I bilanci demografici dell’Istat dicono questo: il totale dei morti in Italia nei primi otto mesi del 2015 è aumentato di 45mila unità rispetto ai primi otto mesi del 2014. Un incremento dell’11,3% che, se confermato su base annua, porterebbe a 666mila morti nel 2015 contro i 598mila dello scorso anno. Pari a 68mila morti in più. Cosa significa? Beppe Grillo a parte, che ha collegato i morti allo smog, individuare una sola causa è difficile. «È un numero anomalo», spiega Alessandro Rosina, demografo dell’Università Cattolica di Milano. «Un campanello d’allarme che ci dice che non dobbiamo dare per scontato la riduzione del rischio di morte in età avanzata. Se continuiamo a fare passi indietro nel welfare e a considerare la sanità solo come un costo da tagliare, in un Paese che invecchia più degli altri il numero delle morti potrebbe crescere ancora di più».
Certo, quelli dell’Istat sono ancora numeri provvisori e non dettagliati. E i demografi si aspettano che l’istituto di statistica, nel conteggio di fine anno, li ridimensioni. «Ma solo di un po’, non di molto», dice Rosina. «E anche se ci fosse un ridimensionamento, resta comunque un numero eccessivo». Che può avere diverse spiegazioni.
Anzitutto, l’invecchiamento della popolazione italiana: gli italiani sono sempre più longevi, fanno sempre meno figli e gli anziani aumentano. «Aumenta il numero di persone fragili e vulnerabili», spiega Rosina. I numeri forniti dall’Istat, in realtà, non sono divisi per fasce d’età. Ma ci sono alcuni indicatori che rendono possibile il collegamento tra il picco delle morti e l’invecchiamento. «I decessi sono concentrati nel Nord Italia e tra la popolazione femminile. Questo ci fa pensare che ci sia un legame con l’invecchiamento perché ci sono più donne anziane e perché gli anziani sono più concentrati al Nord che al Sud».
“Di fronte a una popolazione che invecchia, non stiamo rispondendo adeguatamente con un sistema di welfare che consente di vivere bene e a lungo anche in età avanzata. Anzi, abbiamo fatto dei passi indietro. La sanità è vista sempre e solo come un costo da ridurre”
Quelli sulle morti, però, «sono dati aleatori, caratterizzati da una oscillazione di base», spiega il demografo. «Di anno in anno ci può essere una variazione del numero delle morti nella popolazione più anziana. Quest’anno ci sono più decessi, magari il prossimo anno ce ne saranno di meno». Non solo. Un’altra spiegazione dell’aumento delle morti può essere che «la maggiore sensibilità degli anziani ad alcuni cambiamenti che per il resto della popolazione sono irrilevanti. Come i cambiamenti climatici: il troppo freddo o il troppo caldo. O anche i cambiamenti di stagione più bruschi». Le morti sono concentrate in tra le donne anziane e nei mesi invernali, quelli più freddi, in concomitanza con l’epidemia influenzale, che può far precipitare condizioni di salute già precarie.
Davanti a una popolazione che si fa sempre più vecchia e più fragile, la soluzione potrebbe trovarsi nel sistema sanitario. Non in Italia. Ed è qui che sta l’inghippo. «Da un lato la crisi ha ridotto la difesa sanitaria e la prevenzione dei segmenti della società più poveri», dice Rosina. «Dall’altro, per via dei tagli continui alla sanità, il nostro sistema di welfare sanitario si è rivelato sempre meno in grado di rispondere ai bisogni di una popolazione più anziana». Per capire se è questo che ha inciso sull’aumento delle morti, però, «bisognerebbe aspettare i dati dei prossimi anni e vedere se c’è un trend». Ma non basta solo il valore assoluto. «Si deve anche mettere in relazione il numero di decessi con l’esposizione al rischio», dice Rosina. «Finora il rischio di morte è diminuito nel tempo per tutte le età. A 80 anni oggi si muore di meno rispetto a qualche anno fa. Ma se aumenta il numero di persone che hanno 80 anni, aumenta in assoluto anche il numero delle morti in questa fascia d’età».
È un segnale che ci mette in allerta sul fatto che siamo il Paese che invecchia più di altri ma abbiamo un sistema di welfare più debole degli altri, e anzi lo stiamo sempre più indebolendo
Questi sono i fattori che, secondo i demografi, potrebbero spiegare il picco delle morti in attesa di nuovi elementi. Ma nessuno, da solo, può essere la causa dell’impennata della mortalità nel 2015. «L’impressione è che non ci sia una causa forte alla base. Non si può spiegare un incremento così rilevante solo con un problema di ordine tecnico, né con l’invecchiamento della popolazione. Anche la combinazione tra crisi e ridimensionamento del welfare può essere una delle cause ma è presto per vederne le conseguenze. La causa potrebbe essere la combinazione di tutte queste cause», dice Rosina.
Ma sicuramente i 68mila possibili morti in più «restano un numero strano», ribadisce. «È un segnale che ci mette in allerta sul fatto che siamo il Paese che invecchia più di altri ma abbiamo un sistema di welfare più debole degli altri, e anzi lo stiamo sempre più indebolendo». Di fronte a una popolazione che invecchia di anno in anno, «non stiamo rispondendo adeguatamente con un sistema di welfare che consente di vivere bene e a lungo anche in età avanzata. Anzi, abbiamo fatto dei passi indietro. La sanità è vista sempre e solo come un costo da ridurre. E i numeri alti sulle morti nel nostro Paese sono un campanello d’allarme. Non è detto che i rischi di morte in età avanzata potrebbero continuare a diminuire com’è accaduto finora. Non dobbiamo darlo per scontato. Potremmo tornare indietro. L’aumento dei decessi, se verrà confermato, è un incentivo a tener la guardia alta sulle politiche per la salute pubblica».