Il piano di Hitler per uccidere Stalin, Churchill e Roosevelt (insieme)

È l’operazione Long Jump, con cui alcuni militari tedeschi avrebbero dovuto colpire i tre leader riuniti, nel 1943, a Teheran per decidere la fine del dittatore tedesco. Non funzionò. Ma forse, non fu mai messa in atto

Nel 1943, quando la guerra sembrava aver preso una direzione precisa, Chrchill, Stalin e Roosevelt decisero di incontrarsi a Teheran, nell’ambasciata inglese. Era una riunione segreta, anzi segretissima. Si discuteva dei piani per vincere la guerra e (ma questo non è chiaro) le prime eventuali spartizioni, che poi saranno l’argomento principale di Yalta.

In ogni caso, l’incontro era tanto segreto che Hitler lo sapeva, grazie all’intercettazione e alla decrittazione di alcuni messaggi. E secondo i racconti dei sovietici, aveva anche organizzato un commando per assassinare i tre capi di stato, tutti insieme. Era l’operazione Long Jump, e se ci si pensa, sarebbe stato un colpaccio. Il problema è che non si sa nemmeno se sia mai esistito il piano.

Quello che è certo, è che se anche fosse esistito, non funzionò. Secondo i sovietici, fu merito del loro controspionaggio. Una serie di informazioni, acquisite grazie alla dabbenaggine di alcuni ufficiali tedeschi, troppo incauti nel bere e nel scegliersi le compagnie (ad esempio, spie che facevano il doppio gioco), permise ai servizi segreti russi, di scoprire l’esistenza del piano e di raccogliere informazioni sulla missione. Secondo la loro versione, un gruppo di soldati tedeschi, guidati dal tenente colonnello delle SS Otto Skorzeny (che partecipò al “rapimento” di Benito Mussolini sul Gran Sasso) si sarebbe introdotto nell’ambasciata inglese e avrebbe ucciso i tre leader. As simple as that.

Non così tanto semplice, però. Per questo Hitler avrebbe mandato in avanscoperta tre spie naziste, che si paracadutarono a Qom, e che poi, da lì raggiunsero Tehern a dorso di cammello, dove si sarebbero rifugiati in uno dei pochi covi di spie tedesche rimasti. Da qui avrebbero cominciato a trasmettere informazioni a Berlino. Quello che quelle spie tedesche non sapevano, raccontano i russi, è che erano a loro volta spiate dai servizi sovietici: intercettavano ogni loro comunicazione, seguivano i loro movimenti e il dipanarsi dell’operazione. Il piano prevedeva l’arrivo di Skorzeny in persona, sempre in paracadute, e l’ingresso sotto copertura nell’ambasciata. Ma prima che potessero anche solo cominciare l’organizzazione, furono fermati e uccisi.

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Intesa San Paolo, Gallerie d’Italia – MESSAGGIO PROMOZIONALE

Un soggetto da romanzo, e in Russia il tema va per la maggiore. Ne hanno tratto libri e film, e continuano ancora a farlo. Per loro, è motivo orgoglio (oltre che un’ulteriore certificazione dell’importanza della Russia nella vittoria della guerra).

In realtà sarebbe tutta una bufala. Fin dall’inizio, né Roosevelt né Churchill credettero mai a una parola sull’operazione Long Jump. Era improbabile, anche perché i servizi segreti tedeschi, in Iran, erano stati distrutti da tempo. E perché le loro spie non li avevano informati al riguardo. E poi perché lo stesso Otto Skorzeny, nel suo libro di memorie, scrisse che sì, ci avevano pensato. Ma che poi, in un colloquio con Hitler, si resero conto che era troppo difficile e avevano deciso di rinunciare. Nessun piano, nessuna missione. Sarà vero? C’è da credere a un ufficiale delle SS in pensione? O no?

I russi, intanto, insistono. E il dibattito continua, con inchieste e contro-inchieste. Quello che è certo, è che la questione va oltre la necessità di stabilire la verità storica. Questi sono affari importanti: la ri-scrittura del passato, come è noto, è la certificazione del presente.

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