Il nome di Licio Gelli ha trascorso l’intera storia repubblicana all’interno degli archivi, e per molto tempo non ne uscirà. Ultimo atto ufficiale su cui viene messo nero su bianco il nome del venerabile maestro della loggia P2 è la proposta di relazione sull’attività svolta dalla Commissione Parlamentare di inchiesta sul rapimento di Aldo Moro conclusa lo scorso 10 dicembre. Al suo interno il nome di Gelli compare per nove volte, tra dichiarazioni di testimoni più o meno attendibili, trame, depistaggi e anche storie di mafia.
Un nome che risuona all’interno delle stanze della commissione e finisce dentro la relazione per la prima volta durante l’audizione del 15 aprile di quest’anno. Davanti ai commissari siede Claudio Martelli, ex ministro di Grazia e Giustizia e già componente della della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro e sull’assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia.
Ultimo atto ufficiale su cui viene messo nero su bianco il nome del venerabile maestro della loggia P2 è la proposta di relazione sull’attività svolta dalla Commissione Parlamentare di inchiesta sul rapimento di Aldo Moro conclusa lo scorso 10 dicembre
GELLI E IL TRASFERIMENTO DELL’UNITA’ DI CRISI – Martelli ripercorre le iniziative del PSI, si legge nella relazione, “per non avviare una trattativa con le Brigate Rosse, ma uno scambio di persone” e fa riferimento alla scarsa sintonia che trovavano le iniziative dei socialisti con l’intransigenza della Democrazia Cristiana di Zaccagnini. Il nome di Gelli emerge riguardo alla decisione di “trasferire la sede dell’unità di crisi – guidata da Francesco Cossiga – dal Viminale al Ministero della Marina con la partecipazione dei servizi segreti, dell’esperto americano Steve Pieczenik e forse – come riferito da alcune fonti – di Licio Gelli”, si legge nella relazione.
IL VENERABILE MAESTRO E LA P2 NEGLI ORGANI INVESTIGATIVI E DELL’INFORMAZIONE – Il 3 giugno è invece Salvo Andò, vicepresidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2, a riavvolgere il nastro e tornare su Gelli. Andò in audizione ricorda che “la Commissione presieduta da Tina Anselmi non riuscì ad acquisire elementi utili per comprendere se e in che misura la P2 abbia condizionato le attività svolte per la liberazione di Aldo Moro”. Motivi per i quali non riuscendo allo stesso modo ad acquisire prove sul coinvolgimento dello stesso Gelli nell’affaire Moro, l’interesse della commissione si affievolì. Difficilmente sarebbero emersi indizi sul venerabile: come ricorda lo stesso Andò, riassume la relazione, “la nota partecipazione, nei comitati che coordinavano le attività investigative, di numerosi iscritti alla P2”.
Lo stesso Andò non manca di sottolineare anche “la presenza egemonica del gruppo di Gelli all’interno del Corriere – si legge nella relazione – che assicurava al «venerabile» uno strumento formidabile per condizionare le vicende della politica italiana. Sul punto l’onorevole Andò ha ricordato che nel corso di un incontro con Bettino Craxi Gelli dichiarò minacciosamente di essere in grado di condizionare non soltanto il Corriere, ma buona parte dalla stampa italiana.
Nota partecipazione, nei comitati che coordinavano le attività investigative, di numerosi iscritti alla P2
GELLI E LE NUOVE INDAGINI SUL CASO MORO – Il procuratore generale di Roma Luigi Ciampoli e il sostituto Otello Lumachini riferiscono in commissione il 12 e 13 novembre 2014, riguardo nuove acquisizioni riguardanti la presenza di una moto riconducibile a due uomini dei servizi al comando del colonnello Camillo Guglielmi, presente nelle vicinanze del luogo dell’agguato.
Per Ciampoli non sono state debitamente approfondite alcune dichiarazioni rilasciate dall’esperto del Dipartimento di Stato Usa Steve Pieczenik. Si legge ancora nella relazione: “Le dichiarazioni rese da quest’ultimo in alcune interviste non erano state, a giudizio del dottor Ciampoli, debitamente approfondite e ciò ha indotto a richiedere alla Procura di Roma un approfondimento ai fini della configurazione a carico di Pieczenik del reato di concorso, in qualità di ispiratore, nell’omicidio di Aldo Moro. Anche alla luce dei contenuti di un colloquio che il regista Martinelli ha dichiarato di aver avuto con Licio Gelli, il Procuratore generale ha espresso la convinzione che l’uccisione del presidente Moro non fu un omicidio legato solo alle Brigate Rosse e che, oltre a queste e ad agenti dei servizi deviati italiani, in via Fani vi fosse la presenza anche di servizi di altri Paesi interessati, se non a determinare un processo di destabilizzazione dello Stato italiano, quantomeno a creare del caos”.
IL MEMORIALE MORO – Il 5 maggio 2015 davanti ai commissari si siede il senatore ed ex ministro della Giustizia del governo Berlusconi Francesco Nitto Palma, allora pm nel corso del processo “Moro-Ter”. Si legge nella relazione “L’ex magistrato ha aggiunto, inoltre, che diverse parti dei documenti presenti nel 1990 (al ritrovamento del memoriale integrale) non lo erano nel 1978. Tale circostanza venne approfondita e ne risultò che in un numero di OP del dicembre 1978 erano state pubblicate frasi o espressi concetti presenti nella documentazione del 1990, ma non in quella del 1978.
Sempre sull’argomento, il senatore Palma ha riferito sulle propalazioni di Umberto Nobili, ufficiale del Sios, che aveva ricevuto dichiarazioni da Licio Gelli secondo cui l’intero memoriale Moro non era stato trasmesso all’autorità giudiziaria.
l’onorevole Andò ha ricordato che nel corso di un incontro con Bettino Craxi Gelli dichiarò minacciosamente di essere in grado di condizionare non soltanto il Corriere, ma buona parte dalla stampa italiana
GLADIO, ANELLO E P2 NEL CASO MORO – Libero Mancuso, che da magistrato prima e da consulente poi si è occupato del caso ha dipinto la figura di Gelli e le relazioni con il sequestro Moro. Mancuso racconta in commissione anche come si è arrivati a lui, e di come l’Italia scoprì il venerabile: «Gelli è stato coperto in una maniera incredibile, straordinaria» ha detto il 13 ottobre scorso l’ex magistrato. «Addirittura il SID di Firenze aveva l’unico documento… A un certo punto Pecchioli e Berlinguer chiedono al ministro di sapere cosa è la P2 e che cosa è Gelli. Loro dicono, dopo avere consultato i vari centri, “Non sappiamo chi sia”. L’unico documento che c’era su Gelli era al SID di Firenze, dove Gelli figurava come agente del KGB. Era un poco il paravento, l’uscita che avevano nel caso in cui Gelli fosse venuto fuori, nel caso in cui fosse venuto a evidenza».
DAGLI ARCHIVI DEI GIORNALI – Dall’archivio de La Stampa, in un articolo del 16 maggio 1977 “si parla di un ricatto che sarebbe stato posto in essere da Licio Gelli nei confronti del gran maestro della massoneria Lino Salvini, asseritamente coinvolto in un traffico di armi. In particolare, si fa riferimento a possibili connessioni con un’indagine del Giudice Vigna, nata da un esposto di alcuni appartenenti alla massoneria che avrebbero denunciato gravi irregolarità nella Loggia P2”.