PARIGI. Alla fine quello che tutti si aspettavano è accaduto. Le premesse non erano certo buone ma i risultati del primo turno delle regionali in Francia riflettono pesantemente il clima che si respira nel paese nelle ultime settimane. Stato d’emergenza che mette in ombra i diritti costituzionali, derive autoritarie pur di garantire la sicurezza, centinaia di arresti e migliaia di perquisizioni nelle settimane che hanno seguito gli attentati, società francese impaurita e astensionismo che tocca il 50%. Tutti elementi che storicamente favoriscono l’avanzata dell’estrema destra o dell’estrema sinistra. Anche questa volta, dunque, tutto secondo copione.
Dopo il primo turno il Front National è il primo partito di Francia con il 30,08 % dei suffragi. Nella regione in cui si è candidata alla presidenza, il Nord-Pas-de-Calais-Picardie, Marine Le Pen ha sfondato addirittura il tetto del 40% delle preferenze. Segue a rimorchio la destra sarkozista con la coalizione dei Repubblicani-UDI-Modem (27,2%) e per ultimo il Partito Socialista ed i suoi alleati al 22,7%. Il Front National è primo in sei regioni metropolitane su tredici: nel Nord-Pas-de-Calais/Picardie, nella regione Provence-Alpes-Côte d’Azur, in Alsazia-Lorena, nel Centro, nella regione Languedoc-Roussillon/Midi-Pyrénées e in Borgogna/Franca-Contea. Il voto, che si è svolto per la prima volta nel pieno dello stato d’emergenza decretato dalle autorità francesi in seguito agli attentati dello scorso 13 Novembre, ha interessato le tredici grandi regioni metropolitane nate dalla recente riforma territoriale e le quattro regioni e territori d’oltremare (Guadeloupe, La Réunion, Guyana, Martinica). Dietro questo ennesimo exploit del Front National si scopre un paese impaurito, scosso profondamente dagli attentati, un paese che fatica a rialzare la testa e che quando lo fa, lo fa in maniera rabbiosa, cieca, impulsiva.
E adesso? Marine Le Pen assapora il risultato storico che trasforma a propria guisa in una sorta di unità nazionale repubblicana realizzata per mezzo dello scrutinio. Di fronte infatti all’impossibilità di assembramento, di manifestazione e di creare qualsivoglia pretesto di sussulto nazionale, quale occasione migliore per sventolare il tricolore francese ed ergersi a paladina della Repubblica ferita dagli attentati ma ritrovatasi nell’esercizio della democrazia? L’intuizione di Marine Le Pen è ancor più giusta se si considera che questo è il primo grande passo verso le presidenziali del 2017, anno in cui dovrà finalmente rendersi credibile (dopo aver magari amministrato proprio la grande regione del Nord) anche a chi, a destra o al centro, oggi non la voterebbe. Insomma Marine Le Pen fa le prove generali delle presidenziali sfruttando l’onda lunga della paura e contemporaneamente basandosi sul desiderio di sussulto nazionale.
In un contesto teso come quello attuale – tra vademecum governativi per salvare il cittadino da potenziali attentati terroristici in stile guida delle giovani marmotte, uno stato d’emergenza permanente che rischia di entrare di diritto nella Costituzione francese, sbavature poliziesche e botte nel mucchio approfittando del giro di vite sulla sicurezza – la figura politica della Le Pen può apparire persino rassicurante
E tra i socialisti? Si minimizza ma si corre ai ripari in maniera fin troppo drastica. Dopo la diffusione dei primi risultati l’ufficio centrale del Partito Socialista ha votato all’unanimità il ritiro delle liste del candidato alla regione Provence-Alpes-Côte d’Azur Christophe Castaner e quelle di Pierre de Saintignon, candidato alla regione Nord-Pas-de-Calais-Picardie. Il motivo? Di fronte ad un risultato così grave, che rappresenta una minaccia per il futuro democratico della Francia, il Ps sceglie la ritirata strategica. Ritirata che ha lo scopo di creare un “blocco repubblicano” nel tentativo – vano? – di fermare l’avanzata del Front National. Insomma pur d’impedire la vittoria dell’estrema destra i socialisti si fanno addirittura da parte. Non è forse una confessione d’impotenza? Ma il sacrificio politico del Partito socialista, che si vuol forse far passare per rigurgito di spirito repubblicano, sembra più che altro la solita disperata (e tardiva) reazione ad una catastrofe già annunciata. Addirittura l’ecologista Sandrine Rousseau (la cui lista ha ottenuto circa il 4,65 % dei suffragi) ha chiesto espressamente ai propri elettori di votare i Repubblicani (il partito di Sarkozy) al secondo turno. Insomma la paura che circola è tale da provocare strane ed inusitate alleanze che non possono che essere controproducenti nel lungo termine.
Del resto Nicolas Sarkozy, il grande sconfitto di questa prima tornata elettorale, ha già fiutato l’imbroglio e per questo ha scartato qualunque fusione o desistenza strategica. Sa benissimo che nel breve termine questo escamotage puo’ forse servire ad arginare l’avanzata del Front National ma nel lungo termine questi disperati e raffazzonati balletti politici equivalgono a dilapidare un patrimonio politico costruito con pazienza in tutti questi mesi. Se anche i verdi e la sinistra si mettono a votare il partito di Sarkozy la destra sarkozista diverrà sempre meno destra agli occhi degli elettori con il risultato che l’unica destra all’orizzonte – quella che sarà votata in quanto tale – sarà soltanto quella della Le Pen.
In un contesto teso come quello attuale – tra vademecum governativi per salvare il cittadino da potenziali attentati terroristici in stile guida delle giovani marmotte, uno stato d’emergenza permanente che rischia di entrare di diritto nella Costituzione francese, sbavature poliziesche e botte nel mucchio approfittando del giro di vite sulla sicurezza – la figura politica della Le Pen può apparire persino rassicurante, credibile agli occhi del cittadino francese medio. Del resto già nel lessico post elezioni la Le Pen è riuscita a scippare al partito di Sarkozy il vocabolario repubblicano, segno che il Front National non si accontenta più dell’estrema destra e della destra moderata, ma vuole allargarsi anche al centro e governare stabilmente la Francia.
@marco_cesario