Dopo il danno la beffa: negli ultimi giorni il Comune di Milano sta inviando alle famiglie colpite dall’esondazione dei fiumi Seveso e Lambro del 15 novembre 2014, il rimborso per i danni subito dall’alluvione. Un valore di cento euro, questa la cifra dei primi bonifici rilasciati dall’amministrazione ad alcune famiglie, che da un anno a questa parte fanno spola fra la propria abitazione e gli uffici competenti del Comune per presentare le fatture e gli scontrini fiscali al fine di dimostrare di aver effettivamente eseguito lavori di riparazione alle case o alle automobili.
Quel sabato di un anno fa, la vasca di laminazione da 40mila metri quadri presente dentro il Parco Nord e nascosta dal velodromo, non ha tenuto alla forza delle piogge torrenziali e in tutta l’area settentrionale di Milano, nei quartieri Niguarda, Bicocca e Isola si sono riversati migliaia di litri d’acqua e fango.
Il 15 settembre 2015 la vasca di laminazione del Parco Nord non ha tenuto alla forza delle piogge torrenziali. Interi quartieri allagati, danni per migliaia di euro e oggi arriva un rimborso da cento euro a famiglia previa presentazione di tutte le fatture
Chi ha pagato di più sono gli inquilini dello stabile di via Arezzo 9, a poche decine di metri da viale Fulvio Testi: lì l’acqua ha raggiunto 1,70 metri di altezza, inondando i box auto dell’edificio e la tromba dell’ascensore, facendo temere il peggio per il contatto con i circuiti elettrici. «La nostra via era improvvisamente diventata un gigantesco naviglio in piena» racconta una residente di via Arezzo «ma avevamo paura sopratutto perché non arrivavano i soccorsi».
In effetti quella via in particolare non era stata in passato interessata dalle esondazioni, purtroppo abituali in autunno, dei due fiumi lombardi. L’area non era quindi considerata a particolare rischio e ci sono volute diverse ore prima che l’emergenza venisse diramata e i soccorsi diventassero completamente operativi, anche perché nel frattempo c’era da soccorrere altre zone di Milano. In quel lasso di tempo le acque provenienti dal Parco Nord hanno trovato una via preferenziale e alla prima pendenza – proprio la rampa che conduce ai box di via Arezzo 9 – si sono scagliate contro automobili, motociclette, biciclette e materiali conservati nei garage. Alcune famiglie hanno riportato danni per migliaia di euro e «con quei cento non ci compro nemmeno i detersivi che ho utilizzato per ripulire i pavimenti».
Il Comune ha avviato i colloqui con con Cap Holding, il gestore del servizio idrico integrato e del bacino di laminazione, ma i resoconti di quei colloqui per molto tempo sono rimasti segreti. Oggi la battaglia è sulla nuova vasca di laminazione da 150mila metri quadri dentro al Parco Nord. Gli oppositori: «È inutile e noi abbiamo già dato»
Una volta finita l’emergenza comincia la trafila burocratica: il Comune convoca in più occasioni i vertici di Cap Holding, la società che gestisce il servizio idrico integrato nella provincia di Milano e, nello specifico, anche il bacino di laminazione del Parco Nord. Bisogna trovare soluzioni efficienti per il futuro, accertare le responsabilità e inserire quell’area nell’elenco di quelle soggette a rischio idrogeologico. Di questi colloqui fra Cap Holding e amministrazione si sa poco e nulla – come denunciato dal gruppo consiliare della Lega Nord a palazzo Marino – anche se adesso la battaglia si è spostata sulla costruzione di una nuova vasca di laminazione dentro al parco. Il progetto preliminare è stato approvato ad aprile fra mille polemiche, perché un nuovo bacino da 150mila metri quadri fra Bresso e Bruzzano, che fungerà da valvola di sfogo nei giorni di piena, «non serve a nulla – dicono i detrattori – se non si risolve il problema in Brianza, più a monte». E anche perché «il Parco Nord ha già dato» come dichiarato alla stampa da Giuseppe Manni, presidente del Parco, e terrorizzato dall’impatto ambientale della nuova vasca in una Milano, che in nome dei progetti urbanistici, ha un conto aperto con il consumo del suolo e le aree verdi.
Una trafila burocratica infinita che prevede dei costi fra carte bollate e stipendi dei funzionari. Per poi erogare un assegno da cento euro. Non si capisce se il gioco valga la candela
La burocrazia non colpisce però soltanto gli attori principali e istituzionali ma anche i cittadini stessi, che si vedono costretti a prendersi giornate di permesso dal lavoro per potersi recare negli uffici di via Passerini per il censimento e la ricognizione dei danni. Viene da chiedersi se il gioco valga la candela in termini di costi: trafile burocratiche, carte bollate, giornate di permesso, compensi ai periti e stipendi ai funzionari che hanno seguito le pratiche, sono tutte voci che hanno un costo. Per poi erogare un bonifico da cento euro, spiegando che quella cifra corrisponde mediamente alla metà dei costi sostenuti dagli inquilini di via Arezzo 9. Dato che però non trova riscontro nelle fatture presentate dagli stessi e che se anche fosse veritiero corrisponde a una logica iniqua: rimborsare mediamente la stessa cifra, sia a chi ha perso un’automobile che a chi ha visto scivolare via una bicicletta, non sembra affatto una mossa di buon senso.