Nuovo millennio, le lingue che sono morte dal 2000

Il tempo passa, nascono nuovi linguaggi ma altrettanti ne muoiono. Negli anni, con la morte degli ultimi parlanti, certi idiomi sono scomparsi dalla Terra

Con la morte di Hazel Sampson, nel febbraio del 2014, è morta anche una lingua: il Klallam. La parlavano alcune tribù indiane americane, più o meno lungo la costa pacifica al confine tra Oregon e British Columbia. Faceva parte delle lingue Salish, tutte in via di estinzione. Nel migliore dei casi, restano circa un centinaio di parlanti. Nel peggiore, tre o quattro persone. E per il Klallam, ormai, nessuno.

Lo stesso destino è capitato, nel giugno del 2013, al Livoniano, una lingua uralica. La parlavano in Lettonia, nella zona di Capo Kolka. Ma quando è morta Grizelda Kristina, all’età di 103 anni, ha smesso di esistere.

Tante cose scompaiono nel mondo. E le lingue, i linguaggi, continuano a morire. È una sorte che, è molto probabile, capiterà a tutte (non solo al sumero, o all’egizio). Quello che è notevole, è che nel nuovo millennio ne sono morte almeno 17. Quasi tutte semi-sconosciute.

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Per fare qualche esempio, nel 2000 il mondo ha perso il Mesmes, una lingua semitica parlata in Etiopia. L’ultimo parlante, quando fu intervistato dai linguisti, aveva 80 anni. E non la parlava più da almeno 30 anni, cioè da quando era morto suo fratello. Nello stesso anno è scomparso il Laua, nella Papua Nuova Guinea, e il Sowa, parlato a Vanuato (e l’ultimo era Maurice Tabi).

Nel 2003 è morta Marja Sergina, e si è portata via l’Akkala Sami, altra lingua uralica, parlata nella penisola di Kola, in Russia. Nel 2005 il mondo ha perso l’Osage, parlato in Oklahoma, insieme a Lucille Roubedeaux. Dal 2009, invece, nessuno parla più il Pataxõ Hã-Ha-Hãe, che prima viveva in Brasile. Ora tutti si sono “convertiti” al Portoghese. Nel 2010, poi, il Creolo Cochin Indo-Portoghese, invece, che veniva parlato lungo la costa di Malabar, in India, scompare insieme a William Rozario, l’ultimo madrelingua. Alcune famiglie cristiane della zona lo capiscono ancora, ma non del tutto.

È così che una lingua muore. Con la morte degli ultimi parlanti, con la scelta di cambiarla e usarne una più moderna. Scelte sbagliate, forse. Ma necessarie. Ora è l’inglese che la fa da padrone. Ma il suo destino è lo stesso.

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