TaccolaRifiuti, tasse alle stelle e dall’anno prossimo sarà peggio

Negli ultimi cinque anni gli aumenti delle tasse sono stati fuori controllo, +22%, il triplo dell’inflazione e più del doppio della media europea. Lo scandalo del Lazio. Quest’anno le tariffe si sono fermate, ma c’era una moratoria: dall’anno prossimo sono attesi forti rialzi

La buona notizia bisogna andarsela a cercare. La si trova tra le righe di un rapporto di Confartigianato dedicato alle tasse sui rifiuti. Nel 2015 le tariffe per la raccolta dei rifiuti sono aumentate solo dello 0,1 per cento. Dato che l’inflazione è stata dello 0,3%, in termini reali c’è un segno meno, anche se minuscolo. È stata anche la prima volta, da tanti, che la media degli aumenti europei è stata superiore a quelli italiani, anche in questo caso di un’inezia (0,4%).

Ma le buone notizie finiscono qui. In primo luogo perché, ha spiegato un altro rapporto, di Cittadinanzattiva, se si considerano le spese della famiglia media italiana (e non le tariffe per imprese e famiglie divise per il numero di cittadini), l’aumento c‘è stato anche nel 2015, pari al 2 per cento.

In secondo luogo perché per il biennio 2014-2015 era stato stabilito un regime transitorio facilitato. Quando fu introdotta la Tari (la tassa sui rifiuti che ha preso il posto della Tares), nel 2014 (all’interno della Iuc, che aveva anche Tasi e Imu), per non avere un carico fiscale eccessivo sulle case da un anno all’altro si diede la possibilità ai comuni di derogare ai valori minimi (e massimi) dei coefficienti di produzione dei rifiuti. Si poteva inoltre non considerare, per le utenze domestiche, il numero di componenti del nucleo familiare. Dal 2015 questo periodo transitorio finirà e le attese degli osservatori del settore sono di un incremento in tutta Italia delle tariffe. Questo anche perché il decreto Enti locali ha stabilito che il conto della Tari deve coprire tutte le “componenti di costo fisse”. Tra queste, c’è anche l’imposta non riscossa negli anni precedenti. Bisognerà accollare a tutti i cittadini i debiti di chi in passato ha evaso la tassa sui rifiuti. Se sparisce la Tasi, quindi, pesa di più la nuova Tari.

Non che la vecchia tassa fosse leggera. Siamo reduci da anni di aumenti a un tasso triplo dell’inflazione, segnati da una serie di paradossi: più le tariffe aumentavano, e più in termini assoluti diventavano pesanti, più corrispondeva un servizio cattivo.

Scandalo Lazio

L’Italia, infatti, se si parla di rifiuti è lunghissima. Ma se le differenze Nord-Sud sono messe in conto, la maglia nera è senza dubbio il Lazio. La gestione della parentopoli di Alemanno all’Ama a Roma (che si è chiusa solo nei giorni scorsi con il licenziamento di 34 dipendenti amministrativi e quattro autotisti assunti durante Parentopoli), non ha lasciato solo buchi di bilancio, ma anche un cattivo servizio e tariffe alle stelle. Vale per la raccolta dei rifiuti ma anche per la pulizia delle strade. «Il Lazio – dice lo studio – mostra il valore più alto in Italia (45,9%) di quota di famiglie che rileva il problema della sporcizia delle strade e registra anche il costo più alto (41,98 euro pro capite) per lavaggio e spazzamento strade». Non si tratta della sola Roma, ma il peso della capitale è evidente.

Se si guardano tutti i servizi (raccolta rifiuti indifferenziati, raccolta differenziata, pulizia strade, servizi comuni), nel Lazio si arriva a un prezzo pro capite (calcolato sui servizi per cittadini e imprese) di 214 euro, il 27,3% sopra la media nazionale.

Siamo reduci da anni di aumenti indiscriminati, segnati da una serie di paradossi: più le tariffe aumentavano, e più in termini assoluti diventavano pesanti, più corrispondeva un servizio cattivo

In cinque anni tasse su del 22%

I problemi però vanno ben oltre il Tevere. Negli ultimi cinque anni in tutta Italia il prezzo del servizio della raccolta dei rifiuti (168 euro in media) è cresciuto del 22,6%, quasi tre volte superiore all’inflazione (+8,0%) e ha mostrato un gap di 14,6 punti percentuali, – risultando oltre due volte superiore – rispetto al +9,8% osservato nell’Eurozona. In Germania, tanto per essere chiari, nello stesso quinquennio le tariffe sono scese dello 0,3%, 10 punti percentuali sotto l’inflazione.

Le differenze di prezzi tra le regioni sono notevoli: i proventi procapite, nel Lazio sono quasi doppi di quelli del Molise (123 euro), la regione più virtuosa. Gli altri salassi maggiori negli ultimi anni si sono registrati Liguria, Toscana, Campania, Umbria, Sardegna e Sicilia tra le più care.

Negli ultimi cinque anni in tutta Italia il prezzo del servizio della raccolta dei rifiuti (168 euro in media) è cresciuto del 22,6 per cento. In Germania nello stesso quinquennio le tariffe sono scese dello 0,3%, 10 punti percentuali sotto l’inflazione

Un miliardo di risparmi possibili

Se le tariffe aumentano, restano le inefficienze delle quasi tremila municipalizzate che gestiscono il servizio. Qui bisogna passare dall’analisi delle tariffe a quelle dei costi. Come ha mostrato il dossier del Gruppo di lavoro “Fabbisogni e costi standard” dell’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli, quasi un terzo (30,1%) della spesa inefficiente dei Comuni si concentra nel settore di smaltimento dei rifiuti che mostra un potenziale risparmio di spesa di lungo periodo pari a 1.073 milioni di euro, pari al 14,1 per cento.

Quasi un terzo della spesa inefficiente dei Comuni si concentra nel settore di smaltimento dei rifiuti. Il potenziale risparmio di spesa di lungo periodo pari a 1.073 milioni di euro, pari al 14,1 per cento

La differenziata pesa, sui costi totali procapite, solo per poco più di un quarto, quindi non è realistico attribuire solo questa componente – la cui incidenza è salita negli anni – la responsabilità degli aumenti tariffari. Nella maggioranza dei casi è la gestione dei rifiuti indifferenziati a pesare di più sui costi, mentre in altri è alta l’incidenza dei costi amministrativi e del costo del capitale.

Le amministrazioni locali detengono 2.968 partecipazioni in 376 società distinte. Di queste nel 2012 il 18,5% risultava in perdita, quota che sale al 25% nel Centro e nel Mezzogiorno. I vari progetti di spending review hanno previsto il loro taglio per una gestione più razionale e professionale.

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