Nella valutazione della performance delle banche abbiamo finalmente imparato che l’anello debole è rappresentato dal portafoglio dei crediti alla clientela e in particolare ai crediti concessi a piccole e grandi imprese. Tutti si stanno ora concentrando sulle sofferenze bancarie, sia perché sono cresciute sino a 200 miliardi lordi, quindi un cumulo davvero difficile da smaltire (senza troppi aiuti e bad bank) sia perché nel caso delle 4 banche uccise e resuscitate la valutazione delle sofferenze cedute al 17% al veicolo che le ha acquistate tutte insieme crea un pericoloso precedente per le altre banche nel definire un prezzo di mercato.
Eppure per capire la reale salute delle nostre banche non occorre guardare solo alle sofferenze, che sono state identificate e opportunamente ricoperte in vari passaggi di riserve (rettifiche), ma con maggiore interesse al comportamento degli incagli (oggi rinominati inadempienze probabili). L’incaglio dovrebbe essere uno stato di passaggio: una volta identificato il rischio di parziale mancato rimborso il paziente o viene curato o se incurabile viene trasferito da appestato al lazzaretto delle sofferenze. Difficilmente dovrebbe permanere nello stato di incaglio più a lungo di un anno. Ora vediamo quel’è l’effettivo comportamento sui bilanci delle banche italiane fino alla fine del 2014 con questa infografica:
In valore assoluto gli incagli sono passati da fine 2008 a fine 2014 da 33 a 113 miliardi di euro. Una crescita registrata nonostante la categoria “incagli” abbia costantemente spurgato posizioni verso la categoria peggiore delle sofferenze
In valore assoluto gli incagli registrati da Banca d’Italia sono passati da fine 2008 a fine 2014 da 33 a 113 miliardi di euro. Una crescita registrata nonostante la categoria “incagli” abbia costantemente e fisiologicamente spurgato posizioni verso la categoria peggiore delle sofferenze (salita da 42 a 183 mld e ora 200 nel 2015).
Come cerca di spiegare il disegno delle bottiglie, il vaso degli incagli ogni anno si rifornisce di nuovi arrivi pari – in base ai risultati delle principali banche nel 2014 – al 60-70% del loro valore iniziale. In alcuni casi molto di più come mostra il grafico successivo.
Se un terzo degli incagli è destinato a finire tra le sofferenze e se altri nuovi incagli sono in arrivo si può immaginare che tra il 2015 e il 2016 altri 60-70 miliardi potrebbero confluire tra le sofferenze seppure a un tasso decrescente come previsto dai centri studi
Non casualmente 3 tra le banche con maggiori difficoltà (Mps, Popolare Vicenza e Veneto Banca) hanno avuto tassi di ingresso a nuovi incagli superiori o vicini al 100%, mentre la media delle 12 principali banche si attesta al 70%. Mentre entrano nuovi incagli una percentuale dei vecchi incagli mediamente pari al 33% passa a sofferenza nel corso del 2014 e il 17% rientra in classificazione in bonis oppure viene incassata.
Ecco che il quadro si compone meglio: sulla base dell’andamento 2014 circa un terzo degli incagli si trasforma in sofferenze, più o meno a seconda della volontà di attribuire agli incagli un destino più realistico (grafico in basso). I conti del 2015 per le singole banche si faranno tra pochi mesi, per ora si comincia a notare una stabilizzazione degli incagli totali a livello 110 miliardi, ma è solo il saldo di voci in entrata e voci in uscita. Se un terzo degli incagli è destinato a finire tra le sofferenze e se altri nuovi incagli sono in arrivo si può immaginare che tra il 2015 e il 2016 altri 60-70 miliardi potrebbero confluire tra le sofferenze seppure a un tasso decrescente come previsto dai centri studi.
L’effetto peggiore del passaggio da incaglio a sofferenza è un maggiore accantonamento dovuto per regole di vigilanza pari a circa il 40% (65% per le sofferenze, 20% per gli incagli) quindi un aggravio sui conti delle banche di circa altri 25 miliardi di nuove rettifiche.
Per le quattro nuove banche che devono essere vendute in asta nei prossimi mesi va posta una domanda: ci dicono che sono state ripulite dalle sofferenze passate alla bad bank, ma quanti incagli contengono i portafogli crediti?
Identico ragionamento vale per le 4 nuove banche che devono essere vendute in asta nei prossimi mesi: ci dicono che sono state ripulite dalle sofferenze passate alla bad bank, ma quanti incagli contengono i portafogli crediti? E quanti incagli diventeranno nuove sofferenze fuori dalla bad bank? Domanda senza risposta (i dati non sono pubblici) e rilevante per chi vorrà fare offerte di acquisto che il presidente Nicastro dovrà vagliare.
I dati di incagli e sofferenze sono sempre più difficili da analizzare e più aumenta l’attività di cessione di portafogli di crediti deteriorati meno trasparenza sui conti ci sarà. Anche nel caso dell’ultima cessione di un portafoglio NPL da parte di MPS nessun valore di prezzo è stato citato. Si dice solo nel comunicato stampa ufficiale “L’impatto della vendita sul conto economico e sui ratios patrimoniali di BMPS non è significativo.”. Se davvero non fosse significativo perché non dichiararlo con cifre precise?