Inglese, gli errori che fanno i bambini (e gli stranieri)

Nessuno nasce imparato. Nemmeno gli inglesi, che per imparare la loro lingua faticano anche più degli stranieri. E sbagliano, eccome

Uno degli ostacoli principali nell’apprendimento di una nuova lingua è la vergogna. È facile sentirsi a disagio quando non si riesce a esprimere un concetto (o a esprimerlo bene come si vorrebbe), quando la costruzione delle frasi è fantasiosa e la pronuncia zoppicante. Ci si sente come bambini. E allora, proprio ai bambini bisogna guardare: nell’apprendere la lingua commettono moltissimi errori (che vengono, con gli anni, corretti dai genitori) gli stessi che, guarda un po’ capitano anche agli stranieri.

Non è una novità. Per i greci i “barbari” erano coloro che non sapevano parlare bene in greco: emettevano suoni incerti e sembravano balbuzienti. Per questo, appunto, “bar” “bar” (e da qui la parola). E sempre per questo, i bambini in inglese sono “baby”, perché emettono suoni buffi “ba” “ba”, mentre cercano di imitare gli adulti. Stranieri e bambini: di fronte a una nuova lingua sono uguali. Solo che i secondi sono scusati, gli altri solo presi in giro.

I bambini inglesi sbagliano spesso. Qui vengono raccolti gli errori più comuni (e più buffi) che, però, contengono una certa logica.

“I goed fast”
Il classico problema: i verbi irregolari. La cosa notevole è che molti bambini imparano anche le forme irregolari (e, appunto, dicono “I went fast”). Quando poi scoprono il meccanismo di formazione del passato (cioè aggiungere -ed alla radice) lo applicano anche a sproposito. “I go-ed fast”, diventa frase del tutto logica. Peccato che sia sbagliata.

“I can’t will go today”
Un disastro. Eppure, anche qui, c’è del senso. I verbi ausiliari sono complessi. Can, will, do, would, should, might, cambiano il senso della frase e vanno messi insieme. Ma a volte sì, a volte no. Come capirlo? Con l’esperienza. L’idea è quella di associare diversi significati tutti insieme: “Can”, cioè la possibilità, cui si somma “n’t”, cioè la negazione, insieme a “will”, cioè futuro. Non potrò, non lo farò. È scorretto (I won’t go / I won’t be able è meglio) ma si fa capire bene.

“I won you”
Già si ha un bell’uso del tempo passato in modo corretto (sarebbe più semplice winned*, ma non esiste), peccato che esista anche una maledetta distinzione tra verbi transitivi e intransitivi. Ecco: in questo caso il bambino ha capito il meccanismo di fondo, cioè che se l’azione va a influire su qualcosa allora è transitiva, altrimenti no, ma ignora che non vale sempre. “I won” presuppone che si vinca a spese di qualcuno. Ma per dire che si vince qualcuno, be’, occorre cambiare verbo. “I beat you”. (*beated non esiste, per cui è uguale al presente e al passato).

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