C’è una frattura generazionale nella società islandese, e sarà difficile sanarla. Non c’entra lo squilibrio tra stipendio d’entrata e pensioni, e nemmeno l’accesso alle cure sanitarie: su quell’isola piena di geyser si discute di Dio e creazione, e le posizioni sono molto distanti.
Secondo un sondaggio condotto da Maskina, il 18% degli islandesi crede che Dio abbia creato l’universo. Il 62% è convinto che tutto sia cominciato con il Big Bang. Il restante 10% non sa, non risponde (e forse è la posizione più saggia, in questo caso).
La posizione in questione varia molto a seconda della provenienza dell’intervistato, del livello di istruzione e della visione politica. Ma soprattutto, a seconda dell’età. Tra i 25enni (e più giovani), la credenza che Dio abbia creato il mondo si attesta allo 0%. Il 94% crede nel Big Bang. Tra i 65enni, invece, le cose cambiano: il 46% sta con il Big Bang, ma il 24% crede nella manina di Dio. Un clash culturale, oltre che generazionale. Tra i ragazzi, la favola dei sette giorni, della separazione del cielo dalle acque, di Adamo ed Eva non tiene più. Colpa della modernità? Dell’iPhone? Chi può dirlo.
Se si guarda l’affiliazione politica, si nota una spaccatura all’interno degli elettori del partito Progressista (38% pro Big Bang, 37,1 pro Dio), mentre Partito Pirata, Movimento Verde, Alleanza social-democratica sono tutte schierate con la scienza.
La situazione è seria, ma non è per nulla grave. Non ci saranno rieducazioni forzate per ricondurre i giovani islandesi atei alla fede. Né scontri epocali. È un segno dei tempi che cambiano, in un’isola che, come si vede qui, ha sempre avuto un rapporto molto sportivo con le religioni.