Buttare la pasta e calare la pasta sono due varianti lessicali (e non le uniche) per riferirsi a un gesto quotidiano e decisamente panitaliano: quello di mettere a cuocere la pasta nella pentola quando l’acqua bolle. La sfera semantica è quella del “cucinare” e l’ambito d’uso delle espressioni varia tra il quotidiano e il settoriale. Entrambe le forme nascono nel parlato colloquiale, familiare, dove si consolidano e passano, in vario modo e in diversa misura, negli altri usi della lingua: nello scritto semi-informale e poi settoriale dei ricettari, nello scritto letterario, nel parlato-trasmesso di programmi radiofonici e televisivi di argomento gastronomico, nella pubblicità, nel web.
Ciò che in origine differenzia le due forme è la loro distribuzione geografica. Si consideri che la coesistenza di forme lessicali diverse da regione a regione per indicare la stessa cosa (geosinonimi) è una caratteristica del nostro lessico, specialmente di quello quotidiano o legato ad attività tradizionali (si veda lascheda di Raffaella Setti). Nel caso specifico, buttare la pasta è variante toscana e preferita nel Settentrione, calare la pasta è invece variante meridionale diffusa, anche se in modo non omogeneo, nelle regioni del Centro e del Sud Italia.
In estrema sintesi questo è il quadro che emerge consultando la banca dati del progetto LinCi – La lingua delle città, una ricerca cofinanziata dal MIUR e diretta da Teresa Poggi Salani, che si propone di indagare le varietà regionali di italiano in uso nelle diverse città d’Italia. Dai risultati delle inchieste, condotte finora in 18 città, emerge anche che, in realtà, le opzioni lessicali che abbiamo a disposizione per indicare lo stesso referente, e fra cui di fatto scegliamo, sono più di due: nell’acqua che bolle la pasta si butta e si cala, ma si può anchemettere, versare, gettare, cacciare (a Genova e dintorni) e, in alcune sporadiche attestazioni, immergere e perfino inserire. E la serie potrebbe essere ancora ampliata.
Buttare e calare la pasta sono probabilmente le varianti più espressive, mettere e versare sembrerebbero più neutre (di registro medio la prima e più formale la seconda), gettare è la versione “nobile” di buttare (variante di registro che innalza il più colloquiale e familiare buttare), immergere e inserire sembrano essere tentativi di “tecnicizzare” l’espressione, cacciare è un regionalismo di area ligure.
Nel rispondere alla domanda su quale sia, fra buttare la pasta e calare la pasta, la variante standard e non regionale, premettiamo che non sono ragioni di natura linguistica (correttezza formale o adeguatezza semantica) a determinare lo status di una forma rispetto a un’altra: quando una variante si diffonde e acquista una capacità di penetrazione negli usi dei più, si standardizza, perde cioè la sua connotazione geografica e si trasferisce nel serbatoio della lingua comune.
Attualmente le diverse forme che abbiamo elencato sopra coesistono e sono variamente attestate: ci sono oscillazioni e alternanze nell’uso e nel giudizio dei parlanti anche all’interno di una stessa area geografica o perfino città, e l’uso di una forma non sempre esclude, nemmeno per lo stesso parlante, la conoscenza o l’uso di altre forme. Tuttavia, a giudicare dalla frequenza ed estensione d’uso e dalle fonti che l’hanno accreditata e diffusa, la forma buttare la pasta è la variante che il processo di standardizzazione – ancora in atto nella comunità parlante – premia. Calare la pasta, pur vitale e ben attestata, mantiene lo status di regionalismo.
Per osservare il movimento della lingua in questa direzione diamo una scorsa ai dizionari: il panorama lessicografico non è uniforme, ma si delinea nettamente la tendenza ad accogliere come standard la variante buttare la pasta. Infatti, i principali dizionari di lingua legittimano la forma buttare o buttare giù la pasta: la maggior parte converge su buttare la pasta (GDLI, GRADIT, GARZANTI,Sabatini-Coletti e Devoto-Oli, che comunque dà come possibile anche buttare giù la pasta) e due registrano la forma buttare giù la pasta senza alternative (Vocabolario Treccani e ZINGARELLI). Invece, calare la pasta viene giudicata variante dell’italiano al pari di buttare la pasta solo dal Vocabolario Treccani; negli altri dizionari, quando compare, è marcata come regionalismo (a partire dal GRADIT). Singolare la posizione del Grande dizionario italiano Hoepli, consultato nella versione disponibile in rete, l’unico a non registrare la formabuttare la pasta, legittimando come italiana la concorrente calare la pasta.
Una conferma della promozione di buttare la pasta a variante dell’italiano standard proviene dal mondo della pubblicità: nel 2011, infatti, la Barilla ha mandato in onda uno spot della pasta il cui testo recitava: “Prendete dell’acqua, accendete il fuoco, fate bollire, buttate la pasta, mescolate, e aspettate qualche minuto. Ecco: la vita è pronta!”. È pur vero che in rete, un’utente di Torre del Greco (NA) ha reagito al filmato, visibile su YouTube, commentando: “Buttate la pasta non si può sentire! Si cala!” (scritto a lettere maiuscole). Aggiungiamo che la stessa Barilla, nella comunicazione in rete, alterna forme diverse in contesti analoghi: nel sito ufficiale www.it.barilla.com e nel sito correlatowww.accademiabarilla.it compaiono versare, calare e buttare la pasta.