“Aiuto, sono di sinistra ma sto diventando razzista” scriveva un anonimo dipendente del Quirinale a Repubblica in una lettera aperta a Corrado Augias, nel maggio del 2007. Oggi si sentirebbe di certo meno solo.
Perché di persone con il portafoglio a sinistra e il cuore a destra – contrariamente a quanto vuole la saggezza popolare – ne è pieno il mondo. O almeno ne è pieno l’internet. Come questa pagina facebook dal nome sintomatico: “Di sinistra e antirazzista, ma contro l’invasione straniera”. Rifiutano l’accusa di xenofobia “perché noi non sosteniamo il concetto di razza superiore né tantomeno le persecuzioni”. Però utilizzano un vocabolario che sembra uscito da un’adunata di CasaPound: “invasione barbarica”, “deportazione forzata dei migranti”, “genocidio per sostituzione”. Difendono i popoli europei “come si difendono i panda o le balene dall’estinzione”. Sostengono l’impossibilità di avere una società multietnica e che dovunque ciò si sia verificato abbiano spadroneggiato guerra, distruzione e morte.
“Aiuto, sono di sinistra ma sto diventando razzista” scriveva un disperato lettore di Repubblica nel 2007. I gruppi e i gruppuscoli che difendono i popoli europei “dall’invasione barbarica e dal genocidio per sostituzione” in nome di lavoro e salari, nascono come funghi
«È l’atteggiamento di chi crede che non esistano più destra e sinistra, perché entrambe sarebbero schiave della grande finanza» racconta a Linkiesta lo storico marxista Stefano Azzarà, dell’Università di Urbino. «Il conflitto oggi viene visto come quello fra una presunta “resistenza popolare” e il neoliberismo. È la ricerca disperata di una “terza posizione” – non a caso l’espressione richiama alla memoria il nome del gruppo eversivo e neofascista fondato a Roma nel 1978 – ma ha radici lontane nel tempo: da Action franҫaise, un movimento politico francese di fine ottocento, passando per le idee del filosofo Alain de Benoist».
Buona parte di questa deriva è da imputarsi alle responsabilità della sinistra partitica e di governo, secondo Azzarà: «Quando circa venti anni fa il problema dell’immigrazione si è posto in maniera massiccia, l’unica reazione dei partiti di sinistra è stata quella “umanitaria” e caritatevole. Un atteggiamento che non ha nulla di scientifico e analitico. È chiaro che i flussi migratori hanno un impatto sul costo del lavoro».
«I partiti della sinistra di governo non hanno capito nulla dell’immigrazione. L’unica reazione è stata “umanitaria” e caritatevole. È sparito il conflitto fra destra e sinistra, rimane solo quello fra “resistenza popolare” e neoliberismo, da parte di chi cerca una “Terza Posizione”»
E mentre le forze istituzionali chiudevano gli occhi, o davano le spalle al problema, la società se ne è accorta e si è affermata la volontà di chiusura, in primo luogo delle frontiere.
Le parole d’ordine del buon “costruttore di muri”, oggi, sono le stesse che imperavano nell’Italia delle migrazioni interne: «Accuse di stupro (vedi Colonia ndR), di sporcizia, di portare disoccupazione e calo dei salari, erano all’ordine del giorno contro i braccianti del meridione che arrivavano nelle fabbriche del nord. La reazione xenofoba è tecnicamente sbagliata, perché individua un falso nemico, ma è l’altro lato della medaglia dell’umanitarismo».
Il peccato originale della sinistra in tema di immigrazione oggi torna a galla e le si ritorce contro, come dimostrano le dichiarazioni aggressive sempre più frequenti del Presidente francese Hollande. I Socialisti europei da una parte rassicurano l’opinione pubblica intimorita e dall’altra sono costretti ad inseguire un elettorato che scivola a destra.
La sinistra paga oggi il suo peccato originale in tema d’immigrazione: i programmi elettorali, le azioni e le parole del duo Valls-Hollande sono indistinguibili da quelle delle sorelle platinate Le Pen
In Europa, anche quando i socialisti “non perdono” (cit.) si tratta comunque di vittorie di Pirro: è complesso distinguere, senza il lanternino, i programmi elettorali, le azioni e le parole del duo Valls-Hollande in tema di immigrazione da quelle delle sorelle platinate Le Pen.
Il caso francese è esemplare, perché gli eredi della tradizione socialista e comunista transalpina scontano decenni un ulteriore ambiguità: quella sul passato coloniale del proprio Paese.