Occident Ex-PressMuffa, gelo e degrado: l’inverno nei quartieri popolari di Milano

Temperature sotto i 17 gradi, rubinetti difettosi e muffa sui muri: nelle case Aler di Milano è la norma. Le famiglie accusano: «Abbiamo chiamato per due mesi senza ricevere risposta. Mia madre ha la polmonite». La risposta: «La temperatura è buona, le famiglie mentono per non pagare»

Umidità sopra il settanta per cento, temperature sotto i 17 gradi nei mesi invernali, rubinetti che perdono acqua tutto il giorno: è questa la situazione dentro lo stabile Aler di via Belinzaghi 11, a Milano, in zona Maciachini. Tutte condizioni ottimali per il proliferare delle muffe negli ambienti chiusi: l’alta umidità in particolare favorisce la presenza di acari, funghi e spore. Microrganismi e patogeni che secondo l’Organizzazione mondiale della sanità sono fra le principali cause di disturbi respiratori: allergie ed asma. E che vanno a colpire i soggetti più deboli, come donne anziane e bambini, che vivono in queste case popolari nel nord di Milano.

La denuncia arriva da una delle famiglie del terzo piano, ma basta un giro negli appartamenti per capire che non sono gli unici a soffrire il freddo invernale: «Per due mesi abbiamo inviato richieste di controlli ad Aler ma non è mai stato mandato nessuno», raccontano.

Muffa, gelo e crepe sui muri: nel palazzo Aler si muore di freddo. Le accuse degli inquilini: «Abbiamo telefonato per due mesi e non è mai stato inviato nessuno»

Gli impianti di riscaldamento sono stati accesi il 16 ottobre. Sono due le caldaie a metano che dovrebbero servire a riscaldare le abitazioni di decine di famiglie: sia quelle che vivono nello stabile di via Belinzaghi 11 che quelle del civico 6 nella stessa via. «La prima settimana dall’accensione ha fatto un caldo eccessivo. Poi è cambiato qualcosa, come se una delle due caldaie avesse smesso di funzionare. I termosifoni non scaldano più, sopratutto nei piani alti del condominio, dove rimangono tiepidi». Durante il periodo natalizio può aver influito anche “l’emergenza smog”, quando il Comune ha imposto di abbassare le temperature e utilizzare gli impianti termici a regime ridotto, per ridurre le emissioni inquinanti nell’aria.

È domenica 10 gennaio quando Linkiesta visita lo stabile Aler: in pieno pomeriggio il termostato appeso alla parete segna una temperatura di 17,1 gradi. Sale di un grado verso le sei del pomeriggio per poi scendere di nuovo di sera e a tarda notte. A quell’ora è necessario indossare maglioni e giacche anche dentro casa e riempire i letti di coperte per potersi assicurare un sonno tranquillo.

La società che si occupa dei controlli sugli impianti termici in questo stabile, su commissione di Aler, è la Combustibili Nuova Prenestina Spa (CNP Spa). Raggiunti al telefono sostengono che quei dati non siano veritieri: «I termostati di queste persone non funzionano e non sono certificati. Oppure questa gente mente per cercare di strappare uno sconto sulle bollette», ha riferito uno dei loro responsabili per l’ufficio di Milano.

Il 5 gennaio, dopo diverse settimane dalla prime segnalazioni, è stato inviato un tecnico della CNP. Ha redatto una bolla di lavoro su carta copiativa in cui scrive che, secondo la sua strumentazione, la temperatura effettiva nella sala è di 21 gradi. Infine l’ha fatta firmare a una delle signore che abita all’interno, diffidandola «dal comprare termostati cinesi». Queste rassicurazioni non hanno convinto le famiglie di via Belinzaghi: «Mia madre si è presa la polmonite e se provo a stendere i panni anche vicino al termosifone ci mettono più di due giorni ad asciugarsi», accusa una delle donne del terzo piano.

I tecnici della società incaricata dei controlli da Aler: «La temperatura è buona,quelle famiglie mentono per farsi scontare la bolletta. La smettano di comprare i termostati dai cinesi». La risposta delle famiglie: «Mia madre si è presa la polmonite e se stendo i panni ci mettono due giorni ad asciugarsi»

Ma non è solo il freddo a preoccupare da queste parti. Il degrado e l’abbandono si vedono in tutti gli appartamenti: crepe sull’intonaco e le pareti che danno sull’esterno sono cosparse di muffa. Nelle camere da letto e nelle cucine ogni angolo dei muri diventa terreno fertile per funghi e batteri. Un’altra signora di ottant’anni, che vive da sola e parla a stento, mostra il lavello della propria cucina: perde gocce tutto il giorno e quando si prova ad aprire il rubinetto la pressione non è sufficiente nemmeno a far uscire un rivolo d’acqua. Per riempire una pentola da cucina ci è voluto quasi un quarto d’ora.

Le case popolari di via Belinzaghi 11 sembrano non avere pace. Sono note alle cronache milanesi già da diverso tempo: uno degli sgomberi più eclatanti del 2015 è avvenuto a luglio, in uno di questi appartamenti, a danno di una donna portoghese, madre di cinque figli, diventata occupante abusiva dopo aver perso il lavoro. Oggi quell’appartamento è ancora sigillato e non è stato assegnato a nessun nucleo familiare. Pochi mesi dopo si è avuto un violento scontro fra alcune famiglie di condomini, con accuse di spaccio all’interno del cortile, lesioni e aggressioni fisiche. Accuse mai verificate del tutto su cui ancora si sta indagando.

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