“Vada a bordo ca***”, il naufragio della Concordia quattro anni dopo

Nella notte tra il 13 e il 14 gennaio la nave da crociera sbagliò l’inchino vicino all’Isola del Giglio, fece naufragio e morirono 32 persone. Come sono andate le cose

“Vada a bordo, cazzo”, se la ricordano tutti. I più atteni hanno memoria anche della “biscaggina” da risalire, e “dell’anima di guai” che il comandante della Capitaneria di Porto Gregorio De Falco aveva minacciato al comandante della Costa Concordia Francesco Schettino. Era la notte tra il 12 e il 13 gennaio 2012, e la nave da crociera, dopo un “inchino” andato male, stava naufragando tra gli scogli dell’Isola del Giglio. Non va dimenticato che l’incidente, spesso visto più come una scena da commedia che da tragedia, costò la vita a 32 persone.

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In quei giorni nessuna immagine fu potente come quella della nave incagliata. Metafora di un’Italia alla deriva, abbandonata da un comandante incapace (Silvio Berlusconi, ovvio) contro gli scogli inevitabili del malgoverno. Era irresistibile, e nessuno resistette. Per lo Spiegel era il simbolo di una nazione di “codardi” – e il Giornale rispose così:

“Specchio del Paese” dicevano tutti. Era una delle frasi più ricorrenti. Lo pensava anche Paolo Sorrentino, a quanto pare:

Erano altri tempi, però. Nell’Italia “ripartita” di Matteo Renzi nessuno ricorda più quei giorni. E i protagonisti di quella notte sono andati incontro al loro destino. Il comandante “torni a bordo, cazzo”, Gregorio De Falco, per pochi giorni il Bene personificato, si è visto crescere intorno sospetti per il ritardo delle telefonate. In più ha giocato il fatto stesso che l’inchino fosse stato consentito e fosse pratica abituale. Morale: ora è stato trasferito (ma non è una cosa insolita nella Marina) a un centro studi, ha fatto ricorso al Tar ma è stato bocciato. Motivo? Problemi di forma.

Il capitano Francesco Schettino, invece, è stato condannato a 16 anni per naufragio colposo, omicidio colposo, lesioni colpose plurime, abbandono di incapaci, interdizione dal comando per cinque anni e interdizione perpetua dai pubblici uffici. Ha cercato di difendersi, con i suoi avvocati, sostenendo di non aver mai abbandonato la nave, dicendo che i soccorsi sono stati inviati in ritardo e nel posto sbagliato. Ma non lo ha aiutato tanto.

Infine, la Costa Concordia, vera icona di quella stagione. Dopo una lunga stagnazione nelle acque del Giglio, è stata rimossa e trasportata a Genova, nell’area dell’ex Superbacino. Qui 250 operai si occupano del suo smantellamento, per il recupero di oltre 30mila tonnellate di acciaio, che sarà riciclato. Si costruiranno, con i pezzi della Concordia, altre navi, automobili ed elettrodomestici. Ci sarà chi userà un tostapane fatto con la plancia della nave? O una lavatrice? È possibile. Ormai quel tempo è passato, la stagione è chiusa. E l’Italia, che era naufragata, ora è stata fatta a pezzi. I simboli, anche quando vengono smontati, hanno sempre qualcosa da dire.

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