La storiaAggredito in Argentina, l’Italia non paga le spese sanitarie

Il 29enne Carlo Iannuzzi è stato aggredito a Buenos Aires con un colpo alla testa e rapinato. Tra ricoveri, interventi e riabilitazione, il conto da pagare è di 60mila euro. Ma lo Stato italiano non paga niente. Gli amici riescono a saldare il conto con una raccolta fondi online

Ora è certo. Lo annunciano col sorriso i suoi amici. Carlo Iannuzzi, il 29enne di Roccella Ionica (Reggio Calabria) aggredito lo scorso novembre per le strade di Buenos Aires, il prossimo 20 febbraio tornerà finalmente in Italia. Sono passati tre mesi da quando il 27 novembre un uomo e una donna lo hanno colpito in testa per derubarlo, lasciandolo a terra incosciente e in una pozza di sangue. Tre mesi di ricoveri, interventi chirurgici e riabilitazioni, tra un ospedale e l’altro della capitale argentina. Con un conto salato da pagare: 60mila euro.

Non un euro è arrivato dalle istituzioni italiane. Né la sua famiglia si sarebbe potuta permettere la spesa. I costi sanitari per rimetterlo in piedi e riportarlo in Italia sono stati sostenuti con la raccolta fondi del comitato “El puente per Carlo”, che i suoi amici hanno creato subito dopo l’aggressione. I soldi sono arrivati da tutta Italia, e persino da Singapore. «Mancano ancora 20mila euro per saldare il conto, ma lo faremo a breve», dice Angelo Nizza, 31 anni, uno dei fondatori del comitato. «Risolte le questioni economiche e burocratiche, ora Carlo potrà tornare in Italia. Se fosse dipeso solo dallo Stato italiano, non avrebbe avuto nessuna copertura».

Carlo Iannuzzi si è laureato in ingegneria informatica all’Università della Calabria. Come succede a molti laureati in questo angolo di mondo, il lavoro però lo ha trovato altrove, a Bologna. Ma in testa continuava a ronzargli un’idea: l’Argentina. Il viaggio che aveva sempre sognato. «Non si sentiva gratificato», racconta Angelo. Così all’inizio del 2015 abbandona il suo contratto a tempo indeterminato e fa un biglietto aereo per Buenos Aires. «Il suo obiettivo era andare in Argentina per fare un’esperienza, imparare lo spagnolo, trovare un lavoro, per poi rientrare a Roccella». Non un semplice turista, insomma, «voleva trasferirsi lì per un po’ di tempo, per questo non aveva sottoscritto una assicurazione sanitaria temporanea prima di partire».

A marzo 2015 Carlo arriva in Argentina, dopo pochi mesi firma già un contratto con una delle principali società editoriali del Paese, affitta un appartamento a Buenos Aires, nel barrio Almagro, e si iscrive pure a una scuola di tango. «Dopo le pratiche per il contratto di lavoro avrebbe dovuto concludere quelle per l’assistenza sanitaria in Argentina. Ma non ha fatto in tempo», racconta Angelo. La sera del 27 novembre lo aggrediscono alle spalle, mentre rientra dopo una cena a casa di amici.

Non un euro è arrivato dalle istituzioni italiane. Né la sua famiglia si sarebbe potuta permettere la spesa. I costi sanitari sono stati sostenuti solo con la raccolta fondi del comitato “El puente per Carlo”

Trovato da un passante riverso a terra, Carlo viene portato d’urgenza in ospedale, dove subisce un intervento di craniotomia decompressiva per consentire la fuoriuscita del sangue che premeva sul cervello. Qualche giorno dopo interviene il Consolato generale d’Italia a Buenos Aires, che consiglia di trasferirlo in una clinica privata, l’Hospital italiano di Buenos Aires, più adatto al recupero: qui gli inducono il coma farmacologico, per due settimane circa. E i costi cominciano a salire: 400 euro al giorno solo di posto letto.

Il mese dopo, lo spostano in un altro ospedale per la riabilitazione. Finché il 2 febbraio subisce un delicato intervento di ricostruzione del cranio. «In tutto questo periodo, i costi per le cure mediche sono state addebitate solo a lui e alla sua famiglia», raccontano gli amici. Dopo un mese, i familiari avevano già accumulato un debito di 50mila euro. È solo grazie all’intervento diplomatico del Consolato che si è riusciti a dimezzare almeno il conto salato dell’Hospital italiano.

Il Consolato di Buenos Aires ha anche provato a contattare le istituzioni italiane per capire se potessero sostenere le spese. Ma dai ministeri degli Esteri e della Sanità la risposta è stata no. Non ci sono norme, in Italia, che permettono di sostenere le spese sanitarie di Carlo Iannuzzi in Argentina. Consolato e comitato hanno coinvolto pure la Regione Calabria, che seppur in ritardo si è impegnata ora a versare alla famiglia un contributo a copertura parziale delle spese.

Il problema è che Carlo prima di partire si era dimesso dal lavoro. Per l’Italia quindi è un disoccupato, e come tale non ha diritto ad alcuna tutela sanitaria nel Paese sudamericano

«In tutti questi mesi Carlo Iannuzzi si è trovato in un limbo: senza sostegno da parte del sistema sanitario argentino, con il quale non ha fatto in tempo a mettersi in regola, e senza sostegno da parte dello Stato italiano», spiega Angelo Nizza. Il problema è che Carlo prima di partire si era dimesso dal lavoro. Per l’Italia quindi è un disoccupato, e come tale – come si legge sul sito del ministero della Salute nella sezione “Se parto per” – non ha diritto ad alcuna tutela sanitaria nel Paese sudamericano. Stessa sorte tocca agli studenti senza borsa di studio: il sistema sanitario nazionale non garantisce nemmeno le prestazioni di pronto soccorso. Se invece sei un lavoratore o uno studente con borsa di studio, si può usufruire dell’assistenza sanitaria indiretta, cioè prima anticipi i soldi poi lo Stato ti rimborsa.

Ma se lo Stato ha lasciato solo il 29enne ingegnere calabrese, non lo hanno fatto i suoi amici. Il comitato “El puente per Carlo” ha pagato gli interventi, i ricoveri, i trasporti. Da Buenos Aires arrivano gli scontrini, loro versano quello che hanno raccolto tramite i bonifici e le serate dedicate a Carlo. Ora resta solo da saldare l’ultimo conto dell’ospedale argentino e l’intervento di ricostruzione del cranio. Si sono fatti carico persino dei biglietti aerei dei familiari di Carlo, che oggi presenta problemi di mobilità al lato sinistro del corpo e vuoti di memoria.

Ora il comitato ha lanciato anche una petizione su Change.org per chiedere la costituzione di un fondo interministeriale di solidarietà (come quello per le vittime della strada o dell’usura) per i cittadini italiani vittime di reato all’estero, come Carlo. «Un sistema di tutela per i cittadini che decidono di esercitare la ormai tanto acclamata libertà di movimento», scrivono i ragazzi. «Chiunque di noi può trovarsi in questa situazione». In un momento di lucidità anche Carlo, dal suo letto di ospedale a Buenos Aires, ha firmato la petizione e l’ha condivisa su Facebook. Ora tutti lo aspettano in aeroporto.

Il comitato ha lanciato una petizione su Change.org per chiedere la costituzione di un fondo interministeriale di solidarietà (come quello per le vittime della strada o dell’usura) per i cittadini italiani vittime di reato all’estero

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