Contro l’aggettivo “petaloso” o del condono degli errori

È una parola sbagliata; somiglia molto, troppo, al corrispondente inglese "petalous"; è diventata un’operazione simpatia insopportabile

Di fronte a certe cose resta solo lo sconforto. La storia del piccolo scolaro che si inventa il termine “petaloso” non poteva che suscitare tenerezza. La cosa grave è che, insieme a quella, ha suscitato anche una reazione entusiasta di solidarietà nel mondo della rete (e grazie a quell’approfittatore di Renzi, anche fuori). Un’operazione giocosa e divertente per promuovere la diffusione della parola, fino a farla diventare, da fatterello di cronaca, un vocabolo ufficiale della lingua italiana.

Che male c’è, diranno i nostri piccoli lettori? Numerosi mali. Il primo, è che non basta che tutta la rete si mobiliti perché “petaloso” diventi italiano corretto. A rigor di logica, la parola sarà usata in contesti floreali e la useranno (forse) giardinieri e fioristi. Non conoscerà mai una grande diffusione, ed è difficile che chi i fiori li incontra solo a San Valentino e all’8 marzo (festa in cui, tralaltro, i fiori non sono affatto petalosi) la assimilerà con facilità. Per cui, Renzi o non Renzi, c’è da pensare che, nel giro di un paio di giorni, non se la ricorderà più nessuno.

Il secondo, è che – ehi – è un errore. Non siamo di fronte a un poeta (scarso) che si inventa una parola nuova per dire ciò che, fino a quel momento, era indicibile/impensabile. Siamo ancora alla fase di apprendimento. Ed è difficile capire perché gente che passa l’80% su Facebook a correggere gli errori di grammatica commessi da semi-sconosciuti si scaldi tanto, adesso, per promuovere la diffusione di un errore. A scuola (sì, siamo reazionari) gli errori andrebbero sanzionati e non premiati. Così (esagerando un po’), qualcuno potrebbe concludere che venga insegnata la cultura del condono e non quella del rigore delle leggi. Vabbe’, ma siamo in Italia, mica in Germania.

Il terzo, e forse il più grave male, è che “petaloso” non è ancora italiano, ma è già inglese. Gli anglosassoni, per esprimere l’identico concetto usano un bel “petalous”, che suona tanto comprensibile e familiare. Insomma, assonanza e somiglianza, ed ecco che siamo di fronte a un bel calco. Ennesimo, che si aggiunge alla lunga tradizione di calchi e prestiti che anziché arricchire l’italiano allarga i confini dell’inglese. Certo, sono solo parole, e ognuno faccia come vuole. Ma nessuno si scandalizzi più se esistono persone che dicono “location” e scrivono qual’è.

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