“Le aziende devono insegnare ai dipendenti a dormire bene”

Lo dice il 70% di boss e manager intervistati da McKinsey: la scienza, oltre che il buon senso, ha dimostrato che dormire (guarda un po’) fa bene. Anche al fatturato

Sembra incredibile, ma ci si è dimenticati di dormire. Per dirla meglio, ci si è dimenticati del valore, fondamentale, del sonno e del suo contributo prezioso per condurre una vita normale, sana e produttiva.

Il processo è stato semplice: di fronte ad alcuni impegni, sempre più pressanti, si è sempre scelto di sacrificare ore al riposo. Era semplice: un’ora in meno e un po’ di lavoro in più, con l’aiuto di sostanze stimolanti (legali, sia chiaro) come il caffè. Una pratica non solo considerata ovvia, ma anche lodata. Ebbene, è sbagliata.

Se non fosse bastato il buon senso, la cultura popolare, i consigli dei genitori e, infine, il responso della scienza, forse può servire questo report di McKinsey, che va a valutare “i costi organizzativi di un sonno insufficiente”. Certo, la questione della salute non è primaria, per cui ci si comincia a considerare il riposo una componente importante della vita del lavoratore solo quando va a intaccare la produttività. Ma è comunque un inizio.

Come spiega il report, un buon riposo è un elisir meraviglioso, soprattutto in situazioni in cui serve “operare con forte orientamento ai risultati, risolvere in modo efficace i problemi, cercare prospettive differenti e aiutare e sostenere gli altri”. In tutte queste situazioni si è dimostrato, in modo sperimentale e perciò scientifico, un “un legame tra sonno e leaderhip”. Il buon capo, a differenza di quanto predicavano i dittatori del ’900, è uno che sa dormire.

Cosa succede se si dorme poco, o male? “Scompare la capacità di focalizzare l’attenzione in modo selettivo”. Dopo 17 o 19 ore di veglia (non è così strano, se ci si sveglia alle sei e si tira fino alle 23), le capacità di un individuo sono equiparabili a quelle di chi ha un tasso di alcol nel sangue dello 0, 05%”. Un mezzo ubriaco, insomma, che non potrebbe (né dovrebbe) guidare.

Gli scienziati, continua il report, hanno dimostrato che dormire aiuta “il processo di apprendimento: serve dormire prima, per poter condificare le nuove informazioni; dopo, per consolidarle, e poi prima di riportarle alla memoria”. Non solo “quando serve prendere decisioni importanti, o inviare una mail sensibile di sera tardi, è meglio aspettare: dormire, e riprendere quando si è più freschi”. Lo dicono tutti, ora anche McKinsey.

Quello che sorprende, però, è che il 70% dei boss e dei manager intervistati concorda su un punto: le aziende dovrebbero insegnare il sonno ai loro dipendenti. I corsi per imparare a gestire il tempo non possono più dimenticare l’importanza del riposo, che dovrà essere parificato, almeno a livello concettuale, con la capacità di mangiare bene, di fare esercizio, di condurre una vita sana. Dormire fa bene anche ai profitti.

Ci sono aziende che, in qualche modo, lo fanno già. Alcune multinazionali, ad esempio, approfittano delle loro varie sedi sparse per il globo. Un compito lungo e importante viene condiviso tra desk diversi in luoghi del mondo diversi, sfruttando il fuso orario. Chi dorme dove è notte, può contare su chi lavora al suo posto dove fa giorno. E viceversa.

Altri rimedi sono il blocco delle email oltre un certo orario: decisione solo all’apparenza anti-produttiva, si affrettano a sottolineare i consulenti di McKinsey, perché ha degli effetti positivi nella lunga durata: meno stress, più produttività. E più felicità. Era così semplice, in fondo. Bastava dormire.

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