Oltre a insegnare una idea distorta dell’amore (sbagliata, ingannevole, che trascina milioni di ragazze – e ragazzi – in lunghi pomeriggi inconcludenti di discussioni tra amiche) le commedie romantiche americane hanno un’altra colpa, altrettanto grave: giustificano lo stalking.
Lo dice uno studio di una studiosa di genere e sessualità, Julia R. Lippman, intitolato “I Did It Because I Never Stopped Loving You”. Certo, è bello che Hugh Grant vi insegua fino all’aeroporto, o che – come succede in Twilight – c’è qualcuno che vi sorveglia mentre dormite. Però nella realtà non è così: nella realtà chi fa queste cose, soprattutto se gli si è detto di non farle, è uno stalker. Lo spiega bene la Lippman: è un problema culturale. Le donne, educate da ore di film romantici e lacrimevoli a tollerare la testardaggine di uomini che non sanno stare senza di loro, alla fine cedono. È il loro happy ending, pensano. E invece è l’inizio dell’inferno.
Le commedie romantiche tendono a dipingere in modo positivo quelli atteggiamenti aggressivi nel rapporto tra i sessi. Uomini insistenti, che non prendono mai il no come una risposta, sono lodati (e alla fine premiati), Le donne che sopportano e che, alla fine, acconsentono sono quelle che saranno felici. Lo stesso vale, anche se è più raro, a parti invertite. Viene alterata la percezione di quello che dovrebbe essere un atteggiamento “normale”, e si insegna a un’intera generazione di uomini che essere intrusivi e ossessivi non è un problema, anzi: è romantico. E che le donne, che pure in pubblico mostrano di non gradire, in realtà, sotto sotto, ne sono lusingate. Niente di più sbagliato.
La verità è che non è vero che l’amore vince sempre, o che “in amore e in guerra tutto è concesso” (anche perché, a ben guardare, nemmeno in guerra tutto è concesso). Eppure questa cultura hughgrantiana è penetrata a tutti i livelli della società. Anche nei tribunali: “in casi di processi per stalking, la vittima viene sottoposta a un esame molto attento. Se si scopre che ha detto o fatto cose leggermente diverse da un rifiuto inequivocabile nei confronti del corteggiatore”, allora la sua posizione diventa meno solida, “anzi diventano argomenti a favore del persecutore”, spiega la Lippman. Tutto a danno della vittima, e a favore di Hollywood.