Si fa presto a dire 1%. I miliardari nel mondo sono tanti, sono diversi e vari sono anche i modi con cui hanno accumulato le loro ricchezze. Ci sono gli ereditieri, i manager, i fondatori di imperi industriali, i fortunati creatori di software di successo (uno per tutti: Mark Zuckerberg). Per fare un po’ di chiarezza nell’universo, piccolo ma sontuoso, dei ricconi globali, alcuni ricercatori hanno studiato la classifica dei miliardari di Forbes, dal 1995 al 2015. Vent’anni di grandi redditi.
E che si scopre? Molte cose. Come spiegano Caroline Freund e Sarah Oliver, le ricercatrici che hanno seguito lo studio, i miliardari sono aumentati. Nel 2015 se ne sono contati, secondo i parametri di Forbes, 1.826. Un record. Sono aumentati anche i miliardari under 40 e perfino le miliardarie. Insomma, la ricchezza si fa giovane e rosa.
Non solo. Osservando questo particolare e invidiabile segmento di popolazione, si possono trarre almeno tre osservazioni importanti sulle varie economie del mondo.
I miliardari aumentano in modo più veloce nelle economie emergenti rispetto a quelle avanzate. India, Cina e Brasile hanno visto un boom di nuovi ricchi: sono fondatori di nuove aziende, perlopiù legate all’innovazione (ma va?) e non sono più legati allo sfruttamento di risorse, né alle ramificazioni di potere della politica. O meglio, non più così tanto.
Allo stesso tempo, gli Usa si difendono alla grande. Sono sempre dinamici, vivi, attivi. Qui le ricchezze nascono e muoiono in poco tempo, per cui non basta fare soldi: bisogna anche tenerli. I nuovi ricchi soppiantano i vecchi, come le nuove forme di intermediazione (quasi sempre di tipo tecnologico) soppiantano quelle precedenti. Alla fine, la media dell’età del super-ricco americano è sempre la stessa: 42 anni, ma cambia il nome di chi c’è dietro.
L’Europa, fedele a se stessa, non è così. Anche qui ci sono nuovi super-ricchi, ma meno. Restano prevalenti le ricchezze (e le posizioni) ereditarie, segno che la vecchia guardia resta in sella. Il riccone europeo ha un’età, in media, di 61 anni. E le aziende che si tramandano hanno una vita media di 91 anni, mentre negli Usa arrivano a 76. Se si scorre la lista dei nomi europei su Forbes, insomma, sono sempre gli stessi.
Restano, infine, i mondi africano e mediorientale. Qui le quote di ricchezza ereditaria aumentano, mentre diminuiscono i fondatori di nuove aziende. Mercato fermo? Zero innovazione? Oppure ripensamenti di investimento, oltre che una certa fissità sociale.
Nulla di nuovo, certo. Tanto per dire che il mondo, se visto da lassù, non è tanto diverso. Certo, a quella quota cambia la qualità dell’aria.