Work in the UsaSorpresa: l’economia Usa si sta “italianizzando”

Meno giovani e più Neet: gli Stati Uniti si stiano sempre più avvicinando al modello europeo, spesso superandolo in peggio, e sviluppando caratteristiche che, fatte le debite proporzioni, nei prossimi anni potrebbero portarli ad assomigliare più all’Italia che agli Usa di un tempo

Dagli Stati Uniti in questi ultimi anni siamo stati abituati ai titoli trionfalistici sul recupero dei posti di lavoro dopo la grande recessione del 2008-09, e in particolare sul crollo della disoccupazione, che ha raggiunto il 4,9%, un minimo che non si raggiungeva da molto.

Non a caso il nostro premier Renzi ha semplificato la questione negli ultimi giorni accusando Juncker di non avere fatto politiche per l’occupazione e la crescita come invece Obama oltreoceano.

E naturalmente quelle statistiche sono il vanto del presidente americano e una delle cartucce su cui puntano i democratici per le elezioni di novembre.

Tuttavia vi sono dei lati oscuri, e dei dati che, annegati nelle cifre assolute dei nuovi occupati o nelle percentuali del tasso di disoccupazione, non compaiono molto e raccontano, però, un’altra storia.

Di come gli USA si stiano sempre più avvicinando al modello europeo, spesso superandolo in peggio, e sviluppando caratteristiche che, fatte le debite proporzioni, nei prossimi anni potrebbero portarli ad assomigliare più all’Italia che agli USA di un tempo.

Non è un difetto solo americano, anche in Italia e in Europa si trascura spesso il tasso di occupazione, ovvero quanti effettivamente lavorano, concentrandosi su quanti cercano un impiego senza trovarlo. Negli USA, in più, si calcola questo tasso sul totale della popolazione adulta, e non solo tra i 15-64enni (o 20-64enni), e l’invecchiamento della popolazione certamente influisce sui dati.

Tuttavia quanto accaduto negli ultimi anni è poco equivocabile: la proporzione di americani con un lavoro è decisamente minore di quella di un tempo.

La poderosa ripresa dell’economia ha provocato un aumento veramente marginale del rapporto tra occupati e popolazione, che rimane sotto il 60%, e decisamente sotto i livelli di 20 anni fa, indipendentemente dalla congiuntura economica.

E’ un dato strutturale, che tra l’altro coinvolge sia i bianchi, che i neri, che gli ispanici.

Il problema è che è sempre più basso il tasso di partecipazione alla forza lavoro, ovvero di coloro che lavorano o cercano un lavoro.

b

Certamente tra questi sono sempre meno coloro che un lavoro lo cercano ma non lo trovano, da qui i dati positivi sulla disoccupazione, ma come detto anche la proporzione di quanti lavorano.

E nello stesso tempo anche dopo la ripresa vi sono, rispetto al periodo pre-crisi, più “scoraggiati” (termine usato anche negli USA) o lavoratori “marginally attached” ovvero coloro che vorrebbero lavorare ma non hanno cercato un’occupazione nelle ultime 4 mesi, e sono quindi sull’orlo dello scoraggiamento.

I difensori della narrazione sulla ripresa dell’occupazione negli USA rimarcano il fattore dell’invecchiamento della popolazione, i baby-boomer stanno andando in pensione, sostengono, e questi dati ne sono semplicemente una conseguenza naturale.

In realtà i pensionamenti non possono spiegare i dati del grafico di seguito, che riguardano solo i 25-54enni, ovvero il core dei lavoratori.

Di fatto gli USA sono tornati ai livelli degli anni ‘80, quando si stava uscendo dall’era della donna che stava in casa invece che lavorare.

E tuttavia questa volta si tratta soprattutto di giovani, che si occupano meno di un tempo. Come accade in Italia e, in misura minore, in Europa.

E non a caso come nel nostro continente fa scalpore da alcuni anni negli USA l’aumento della percentuale di giovani che vivono con i genitori, una volta una sorta di tabù.

In realtà a guardare i dati relativi nel periodo più caldo della crisi, negli USA i tassi di partecipazione al lavoro sono scesi anche più che nel nostro Continente, e oltreoceano anche le donne, che in Europa hanno guadagnato diverse posizioni, hanno ripreso a non occuparsi.


Gli USA si stanno italianizzando? In realtà i tassi di occupazione o di partecipazione alla forza lavoro rimangono molto superiori, la società americana rimane più giovane e dinamica, ma i trend preoccupano, soprattutto perchè permangono anche in una fase positiva per l’economia.

Cosa succederà se, come alcuni paventano, gli USA rallenteranno e subentrerà una nuova recessione?

Nel 2016 si vota per il successore di Obama. Una quota maggiore di esclusi, scoraggiati, NEET, è correlata con una percentuale maggiore di voti ai populisti comunque ai radicali anti-establisshment, in Europa lo sappiamo bene.

E le vittorie di Trump e Sanders forse sono proprio un altro indicatore che l’America è sempre più vicina all’Europa.

X