Stepchild Adoption, Cirinnà: «Non si può rinunciare a nessun diritto»

La promotrice del ddl parla a Linkiesta: «Il disegno di legge, nella versione attuale, è già ricavato da un compromesso. In aula ci sarà spazio solo per limature e migliorie. È importante dare al Paese una legge ben fatta»

È lampante: la stepchild adoption resta la grande incognita del Ddl Cirinnà. È l’aspetto sui cui i detrattori hanno concentrato fin da subito i propri strali, trasformando la semplice adozione del figliastro (in sostanza il riconoscimento legale del figlio naturale del convivente) in un «cavallo di Troia» truffaldino che condurrebbe fatalmente al fantomatico «utero in affitto».

È anche l’aspetto che ha dato più da discutere all’interno dello stesso Partito Democratico, aprendo la strada all’ipotesi dell’affido rafforzato proposto dai senatori «cattodemocratici», che rispetto all’adozione rimane sempre revocabile e prevede un continuo monitoraggio da parte del giudice.

Resta dunque da capire se dal voto finale di metà febbraio la legge uscirà pressoché indenne o ulteriormente mutilata dalla valanga di emendamenti. E per la stepchild in particolare, senza arrivare ai vaticini distruttivi del profeta Mario Adinolfi («Succederà che l’articolo 5 sulla stepchild adoption non passerà e così cadrà l’intera legge»), è comunque prevedibile un tentativo di stralcio. Tanto più che per gli emendamenti riguardanti l’art.5 (la stepchild, appunto) è previsto il voto di coscienza senza preventiva indicazione. Voto che, molto probabilmente, sarà segreto.

Monica Cirinnà, senatrice del PD e prima firmataria della legge, sembra però avere le idee chiare: «Il disegno di legge, nella versione attuale, è già ricavato da un compromesso», spiega a Linkiesta, «In aula ci sarà spazio solo per limature e migliorie. È importante dare al Paese una legge ben fatta, un passo che ci faccia tornare a camminare al fianco degli altri Paesi europei sul tema dei diritti civili». E alla domanda «Quale contenuto del Ddl ritiene irrinunciabile» la risposta è netta: «Non si può rinunciare a nessun diritto».

Nonostante la legge sia considerata dai suoi promotori pressoché immodificabile, l’ipotesi del «super canguro» (l’emendamento premissivo che avrebbe fatto cadere in un colpo solo migliaia di emendamenti) è stata abbandonata in favore di un’ulteriore mediazione. «La tecnica del canguro» spiega Cirinnà «è sempre un rimedio estremo. Io ho sempre sostenuto convintamente la necessità di un dibattito aperto e franco. E alla fine anche l’opposizione ha capito che è la strada giusta e ha deciso di ritirare il 90% dei propri emendamenti. È chiaro che depositare migliaia di emendamenti è una provocazione più che una ricerca di dialogo».

Tutto starà dunque alla capacità del PD di arrivare a una mediazione per far sì che il riconoscimento del figlio del partner non venga del tutto stralciato dalla legge.

Tutto starà dunque alla capacità del PD di arrivare a una mediazione per far sì che il riconoscimento del figlio del partner non venga del tutto stralciato dalla legge.

Matteo Renzi, come ha più volte ribadito, vuole a tutti i costi portare a casa il provvedimento, anche per colmare un vuoto normativo denunciato persino dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. L’Italia è a oggi infatti l’unica delle sei nazioni fondatrici dell’Unione Europea a non riconoscere né i matrimoni omosessuali né le unioni civili. Nonché uno dei nove Paesi europei a non avere alcun tipo di tutela per le coppie omosessuali. Contro i quindici che invece hanno già legiferato in proposito.

D’altra parte però anche non creare fratture con l’ala cattolica è tra gli obiettivi del premier. E la piena approvazione stepchild resta incerta: un braccio di ferro tra laici e cattolici.

Se alla fine di questa lunga trafila il risultato dovesse essere una legge troppo blanda, il rischio sarebbe un contentino che mette a tacere opinione pubblica e Corte Europea, facendo venir meno ogni stimolo per la futura approvazione di ulteriori diritti che vadano verso l’uguaglianza piena, come il matrimonio e l’adozione.

Anche perché la senatrice Cirinnà negli obiettivi a lungo termine resta favorevole al matrimonio egualitario: «L’ho messo nero su bianco a inizio legislatura sottoscrivendo il Ddl 15 del senatore Lo Giudice. Credo nella totale uguaglianza, sostanziale e formale. Ma questa è una mia posizione personale, ora pensiamo ad approvare una legge ampiamente condivisa».

Anche per quanto riguarda il post voto la senatrice appare ottimista e non teme un possibile referendum: «Non ho timori particolari. Prima di tutto dubito che un quesito che abroghi le future unioni civili possa essere ritenuto ammissibile, lascerebbe un vuoto normativo in una materia che vede il nostro Paese condannato perfino davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. In secondo luogo, ho fiducia negli italiani: ricorda il referendum sul divorzio? Non poteva che essere anche quello un referendum abrogativo… il resto è nei libri di storia».

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