Sarà stato anche un genio, ma non è che Albert Einstein le avesse poi azzeccate tutte. La dimostrazione sperimentale dell’esistenza delle onde gravitazionali ha, per implicazione, dato una definitiva conferma alla correttezza della sua teoria, elaborata ben 100 anni fa, sulla relatività. Bravo Einstein! Peccato che lo stesso genio tedesco, circa 20 anni dopo aver elaborato la sua ipotesi sulle onde gravitazionali, ci avesse ripensato e avesse perfino scritto un articolo in cui faceva una ritrattazione. Si vede che la vecchiaia colpisce un po’ tutti, anche i supergeni.
In ogni caso, la carriera scientifica di Einstein non è esente da altri errori. Tutti sbagliano, insomma, e il New York Times lo ricorda con una simpatica ma pungente, forma di affetto. Ad esempio, è accaduto con l’entanglement quantistico. Per capirsi, si tratta di un fenomeno proprio della fisica quantistica e non della classica, per cui un oggetto (quantistici), nel momento in cui vengono osservati, influisce all’istante su un altro, distante e non collegato. Non importa quanto siano lontani. È un concetto difficile da immaginare e da accettare per una persona normale e – stupisce – lo fu anche per Einstein, che lo definì un “inquietante azione a distanza”. Per lui non era possibile, ed era uno dei motivi per cui la fisica quantistica, ai suoi occhi, fosse infondata. Ecco, non è così.
Un altro granchio, invece, riguarda la lente gravitazionale. In parole povere, un corpo dotato di massa se messo tra una sorgente luminosa e un osservatore, provoca a causa della gravità, una deflessione della radiazione, quasi fosse la deviazione di una lente (ovviamente non è quello, ma rende bene l’idea). Insomma, gli oggetti nello spazio possono modificare la traiettoria della luce. Einstein lo conosceva bene, in teoria. Ma in pratica, scrisse, “non c’è alcuna speranza di osservare questo fenomeno in via diretta”. Errore: pensava alle stelle, e alla loro deflessione, e non a quella delle galassie, dove invece è osservabilissimo. E oggi è uno degli strumenti più utilizzati per mappare l’universo.
E poi tocca alle onde gravitazionali, appunto. Einstein le aveva previste e poi, colto da abbagli senili, ci ripensò, tanto da scrivere un paper di ritrattazione. La rivista scientifica cui lo inviò vi scovò un errore di calcolo (addirittura!) e Einstein reagì malissimo: come osano fare una peer review a me? Gridò. In ogni caso riprese in mano il paper, trovò da solo l’errore, lo corresse e poi ripropose il lavoro a un’altra rivista, semisconosciuta, per il gusto di prendersi una vendetta. Ecco, non funzionò molto.