Prima clip: il ragazzo non sembra austriaco ma urla qualcosa in uno strano tedesco. Lo urla mentre fugge a tutta birra lungo il cemento, perfetto e curato, di Adamgasse – una via del centro di Innsbruck.
Scappa da una gazzella della polizia tirolese: all’incrocio con Salurner Strasse sfreccia a pochi metri da noi, abbandona la bicicletta per terra che aveva rubato poco prima – a Innsbruck le biciclette stanno appoggiate ai pali, molte senza catena – e si dà alla macchia dentro a un parchetto recintato della città. La volante lo insegue.
Scendono un uomo e una donna: il poliziotto, forse condizionato degli inseguimenti cinematografici, decide di saltare “a una mano” il cancello del parco – in stile Olio Cuore. La donna, meno avvezza a forme olimpioniche di caccia al fuggitivo, apre la porta del cancello, che è solo accostata, e prosegue l’inseguimento attraverso la passerella
Prima clip: un ragazzo fugge per le vie di Innsbruck urlando qualcosa in un tedesco stentato. È un inseguimento che rompe la notturna “calma apparente” nel capoluogo del Tirolo, fra fuggitivi e sbirri austriaci che tentano una bella figura col salto Olio Cuore
Lo bloccano. Vola qualche parola grossa e un paio di schiaffi. Abbiamo seguito la scena, convinti che lo straniero fuggitivo fosse uno dei nove migranti somali che abbiamo seguito oltre il confine italo-austriaco del Brennero poche ore prima. Non era così. Era semplicemente uno dei tanti “turbatori” della notte austriaca. Viene portato al commissariato di polizia di Kaiserjäger Strasse, gli uffici centrali della gendarmeria e di lui, fino al mattino, non si più nulla.
Seconda clip: la filodiffusione offre un concerto di musica classica – come da tradizione asburgica. Tutta la notte. Però non ci troviamo nella sala d’aspetto del Tiroler Landestheater di Innsbruck, in attesa di assistere alla messa in scena di una sinfonia di Joseph Haydn. Ci troviamo a camminare lungo i pavimenti di Innsbruck Hauptbahnhof, la principale stazione ferroviaria del Tirolo, in una notte qualsiasi di marzo. E c’è la musica. Sia dentro che fuori dalla stazione.
È un mosaico strano quello che offre alla notte la stazione centrale di Innsbruck. A noi così abituati a considerare i nostri scali ferroviari come “terre di nessuno” dopo le 11 di sera. Qui invece si respira una calma apparente: Pavimenti puliti, negozi di specialità dolciarie e salumeria, i treni della compagnia ferroviaria OBB, sempre puntuali, che viaggiano fino alle 2 di notte per poi ripartire alle 5 del mattino.
Una troupe televisiva giapponese sta girando in piena notte uno spot pubblicitario per dell’attrezzatura da montagna: i due attori indossano zaini, scarponi, racchette da neve, felpe termiche. Accompagnati da tre cameraman, un regista e un paio di altri tuttofare – alla faccia della crisi che colpisce il settore dalle nostre parti.
Ma spostandosi un po’ dalle aree “patinate” della struttura si capisce che la suddetta calma è soltanto apparente. Perché dentro le due sale d’aspetto, aperte tutta la notte, si respira un clima infernale e pesante. Letteralmente: l’odore stantio che proviene dai corpi di una dozzina di persone “accatastate” in pochi metri quadri che sostano all’interno. Qualcuno per terra, altri sulle sedie in ferro che di giorno servono ad ospitare chi attende il suo turno all’info point.
Alcuni dei nostri compagni di stanza sono senzatetto del capoluogo del Tirolo. Cercano il calore per difendersi dal freddo che, a nord della Alpi, è tagliente in questo periodo. Altri ancora sono migranti, in attesa di ripartire verso una destinazione diversa dalla Mitteleuropa al mattino successivo, dopo aver visto la loro richiesta d’asilo bocciata in Austria o in Germania.
C’è anche una donna che sembra avere più di sessant’anni e il colore dei suoi capelli ricorda quello di Julian Assange. Ha con sé una valigia che contiene i suoi pochi averi: ci appoggia sopra la testa per dormire, la valigia scivola via, lei rimane con la testa a penzolare nel vuoto e nemmeno se ne accorge. Troppo stanca o troppo ubriaca per svegliarsi. Seduto accanto alla signora sta un ragazzo sveglio, austriaco, con i capelli lunghi. Visibilmente in astinenza non riesce a prendere sonno e quindi cammina dentro-fuori fra la sala d’aspetto.
Il tutto viene monitorato ogni mezz’ora da agenti di sicurezza della stazione, ligi e biondi. Vengono nella sala d’attesa, gettano un’occhiata e, se tutto è tranquillo, se ne vanno. Se qualcuno invece cammina per la sala parte l’interrogatorio. Questa volta tocca a noi e l’uomo in divisa preferisce dirigere la sua attenzione sulla nostra macchina fotografica appesa al collo, che evidentemente rappresenta un “diversivo” eccitante nella sua quotidianità di guardiano notturno in stazione.
«Perché fai le foto?», chiede minaccioso, come se esistesse una risposta diversa dal «perché mi va e nessuno me lo vieta». Qualcosa di vietato però, a quanto pare, esiste. «Non puoi stare seduto qui», dove “qui” è il gradino di una scalinata, ci avverte il gendarme. E perché mai? «Perché questo è un luogo di passaggio» è la risposta spiazzante.
Spiazzante non perché non sia vero ma perché sono le tre del mattino e di passaggio su questi gradini non c’è più nemmeno lo straccio dello spazzino. Per non creare problemi ci spostiamo appoggiati a una colonna dall’altro lato ma pare che anche quella sia “zona di passaggio”.
L’agente di sicurezza della stazione ci prende in giro con l’unico argomento che unisce i popoli europei: lo sport. «Sei di Milano? Inter e Milan giocano male quest’anno». Non abbiamo capito se lui è un supporter del Fußballclub Wacker Innsbruck o Fußballclub Red Bull Salzburg
Dopo una discussione riusciamo a trovare un’accordo col nostro guardiano temporaneo parlando dell’unico argomento che accomuna i popoli in Europa: lo sport. «Da dove vieni?» ci domanda. E quando sente rispondere «da Milano» se la ride un po’ sotto i baffi. Un po’ indispettiti chiediamo la ragione di questa ilarità. «Non giocano bene Inter e Milan quest’anno, non siete più il centro del calcio italiano». È la verità, eppure non risulta che i supporter del Fußballclub Wacker Innsbruck possano andare in giro per l’Europa a dare lezioni a nessuno su questo punto. E così, giusto, per sdrammatizzare, gli chiediamo: «E tu per chi tifi? Per il Lienz o il Salisburgo?”.