Viva la FifaLa Cina si compra il calcio mondiale. Con l’approvazione di Infantino

Con l'arrivo del nuovo presidente eravamo convinti di esserci liberati di Blatter. Dello zio sì, ma non del nipote Philippe, ceo di Wanda Sports, ex Infront, che è diventata partner globale della Fifa. Un nuovo tassello sulla via che porterà i cinesi ad avere il controllo totale sul calcio

“Ora che l’azienda ha speso 1,2 miliardi di dollari per acquisire Infront aprendosi un canale verso la famiglia Blatter, tutte queste connessioni avranno ancora un senso per Wang?” La domanda se l’è fatta il sito di Bloomberg poco meno di un anno fa, quando cioè abbiamo cominciato a inorridire per il velo alzato sugli scandali che per anni hanno oliato il sistema della Fifa.

La risposta ci è stata servita pubblicamente dalla Fifa lo scorso venerdì 18 marzo, nel pomeriggio, quando i mercati e le Borse sonnecchiano placidi pensando al weekend e i tifosi si preparano a pensare alle partite. E la risposta è questa: il gruppo Wanda, che nel 2015 ha inglobato della propria galassia Infront, è diventato partner globale della Fifa. Vale la pena ricordare non solo che la holding è cinese ed è di proprietà del ricchissimo uomo d’affari Wang Jianlin, ma anche che il ceo della inglobata Infront è Philippe Blatter, nipote del da poco ex numero uno della Fifa Sepp Blatter.

Vale la pena ricordare non solo che la holding è cinese ed è di proprietà del ricchissimo uomo d’affari Wang Jianlin, ma anche che il ceo della inglobata Infront è Philippe Blatter, nipote del da poco ex numero uno della Fifa Sepp Blatter.

La risposta della Fifa alla domanda (retorica o no) di Bloomberg apre una serie di scenari che se siano inquietanti o meno proviamo a capirlo subito. Cominciamo intanto a spiegare in cosa consiste l’accordo. Wanda sarà global sponsor della Fifa: significa che deterrà diritti su tutte le competizioni della Fifa e le corporate activities fino al Mondiale del 2030. L’accordo, stando a quanto spiega lo statement ufficiale pubblicato sul sito della Fifa, prevede anche lo sviluppo del calcio in Cina e in tutta la zona asiatica.

Ma non si tratta di sviluppo del calcio. Significa di fatto controllarlo. Basta analizzare cosa significa diventare partner Fifa, ovvero “avere il più alto livello di associazione con la Fifa e i suoi eventi e, allo stesso modo, di supportarne la crescita”. Ed occupare quindi il piano più alto della piramide che rappresenta la struttura, rigidamente divisa in importanza geografica ma non solo, degli sponsor che rappresentano il grande circo della Fifa.

Un circo che ha bisogno di soldi per allettare il grande pubblico. E l’ultimo report finanziario ha rivelato che nel 2015, per la prima volta dal 2002, la Fifa ha chiuso il bilancio in passivo per 122 milioni di dollari per colpa della perdita, causata dall’emersione dello scandalo-Blatter, di alcuni partner (vedi alla voce Sony ed Emirates) che hanno preferito non associare il proprio nome alla Fifa e quindi allo stesso ex colonello svizzero. Non solo, perché nel contempo sono aumentate le voci di costo come “spese legali” e per i meeting straordinari alle quali la Fifa è stata costretta negli ultimi anni.

In compenso, il budget rivisto per il triennio 2015-18 è stato approvato dall’ultimo Comitato Esecutivo. al ribasso? No: è stato aumentato a 1,4 miliardi di dollari, per investire più fondi nello sviluppo del calcio in tutto il mondo”, come spiega il report finanziario. E come quindi conferma l’accordo con Wanda. Che quindi diventa il maggiore foraggiatiore del calcio mondiale assieme a Adidas, Coca Cola, Gazprom, Hyundai e Visa. E potenzialmente, può essere quello più influente. Perchè se guardiamo gli introiti della Fifa nel 2015, scopriamo che la voce più consistente è data da ricavi provienti da diritti tv (629 milioni di dollari) e voci come hospitality rights (35 milioni di dollari). Proprio due delle principali attività di Wanda Sports, come Infront è stata ribattezzata nel novembre 2015.

«Il vento è cambiato e sono felice e orgoglioso di poter annunciare oggi un nuovo sponsor, un nuovo partner per la Fifa», ha annunciato un raggiante Gianni Infantino, neo numero uno del Governo del calcio Mondiale, al termine del suo primo Comitato Esecutivo da presidente.

Al momento, però, l’unica cosa che sembra cambiata è la geografia dei bonifici che vengono accreditati sul conto della Fifa. Che da venerdì scorso si è messa in mano alla Cina in maniera globale. Prima, lo faceva solo dal punto di vista dei diritti tv e della hospitality, attarverso la Infront Sports & Media, società con sede a Zug, in Svizzera, nata dalle ceneri del fallimento della Isl e passata per il 68% nelle mani di Wang Jianlin lo scorso anno.

Attraverso una propria sussidiaria, la Hbs, Infront detiene i diritti per la produzione televisiva dei Mondiali di calcio, oltre ad aver ottenuto nel 2011 l’esclusiva per la vendita e distribuzione dei diritti tv degli eventi Fifa compresi tra il 2015 e il 2022 per il mercato asiatico (nel dettaglio, si tratta di 26 Paesi). Non solo, ma Infront so occupa anche ti tutto ciò che sta intorno a una partita di calcio (oltre le telecamere), dai led a bordocampo all’hospitality (detenendo il 5% della Match Hospitality), come già succede nella nostra Serie A. E così come nel calcio di casa nostra la questione ha posto un problema di conflitti d’interesse, dato che Infront è advisor per i diritti tv della Lega di A e partner per aree commerciali e di hospitality di club come la Lazio del consigliere federale Claudio Lotito e di altri pezzi grossi come Galliani e Preziosi, la presenza di Infront nella Fifa ha fatto sollevare le sopracciglia a qualcuno.

Perché come Ceo della società c’è Philippe Blatter, nipote di Sepp, il cui nome è già stato legato alla Fifa. Le relazioni non solo parentali ma anche affaristiche tra zio e nipote sono già state indagate nel 2000, quando la Fifa si legò alla società di consulenza McKinsey, nella quale lavorava il giovane Philippe. «Io non c’entro niente», si affrettò a chiarire il più esperto Sepp, mentre staccava un assegno da 12 milioni di franchi svizzeri per affidare alla McKinsey il compito di ristrutturare il Governo del calcio mondiale. Nel 2005, Philippe ha laciato la società per legarsi a Infront, nata nel 2002 per gestire i diritti tv legati al Mondiale di quell’anno.

Le relazioni non solo parentali ma anche affaristiche tra zio e nipote sono già state indagate nel 2000, quando la Fifa si legò alla società di consulenza McKinsey, nella quale lavorava il giovane Philippe. “Io non c’entro niente”, si affrettò a chiarire il più esperto Sepp

Infront, idealmente ma non solo, è divenuta l’azienda che ha fatto da successore alla Isl (International Sport and Leisure), società di marketing andata in bancarotta nel 2001per colpa di un business model particolare, che prevedeva l’uscita dai propri conti correnti di corpose bustarelle che puntualmente personaggi come l’ex numero uno della Fifa Joao Havelange e il capo della Federcalcio brasiliana Ricardo Teixeira pretendevano con puntualità svizzera. Forse perché la Isl aveva sede nel Paese dei cantoni, o magari perché il sistema dell’assegnazione degli appalti per la gestione del marketing degli eventi Fifa andava ben oliato. Tra il 1992 e il 2000 i due dirigenti brasliani ricevono tangenti fino a contribuire al crac da oltre 153 milioni di sterline al quale la tedesca Kirchmedia (tramite Kirchsport), arrivata a dare un mano, non era riuscita a far fronte.

Poco male. La società venne inglobata dalla Fifa e poco tempo dopo, dallo scorporamento di Kirchsport da Kirchmedia, nacque Infront. Che negli anni si è gettata prima nei mercati tradizionali (vedi l’Italia), poi in quelli nuovi come i Paesi arabi e la Cina. Nei primi, Infront si è insediata stabilmente dal 2013 con la creazione della società InfrontAspire, che ha sede in Qatar, è in affari con il sultano Mohammad bin Abdulrahman Al-Thani e si occupa del core business della casa madre: broadcasting, hospitality e ticketing, proprio lì dove si terranno i Mondiali del 2020 voluti da zio Sepp.

Thomas Lessenich (manager di InfrontAspire) con il sultano Mohammad bin Abdulrahman Al-Thani e Philippe Blatter (Foto Jospeh Capellan/Sport 360)

Ora, tocca alla Cina. Che negli ultimi mesi è risultata attivissima nel settore calcio. Nel gennaio 2015 lo stesso Wang Jialin ha investito una quota (per lui irrisoria) di 45 milioni di euro per rilevare una fetta dell’Atletico Madrid corrispondente al 20%. All’epoca il legame tra il ricco cinese e il club dei Colchoneros era dettato dalla volontà di investore nel mattone della frizzante capitale madrilena, ma c’era di più. C’era la volontà di sondare il mercato, capire come si potevano mettere radici.

Da lì a qualche mese sono arrivati altri investimenti, ben più massiccci: da una parte gli acquisti operati da club cinesi in Europa (vedi a titolo d’esempio i 42 milioni di euro spesi per Jackson Martinez e gli accordi stilati da re del calciomercato, Jorge Mendes), dall’altra i 400 milioni di dollari spesi dal consorzio cinese guidato dalla merchant bank cinese Citic e da China Media Capital Holdings (una società di venture capital specializzata nello sviluppo e crescita di aziende, oltre che in operazioni di mergers & acquisitions) per acquisire il 13% del Football City Group, il consorzio arabo che fa capo al Manchester City e ad altri club tra Usa, Australia e Giappone. Da motore dell’economia asiatica, la Cina può guidare l’ascesa di nuovi ricavi per l’intero gruppo e – di conseguenza – per chi l’ha finanziata: il City, che è locomotiva del FCG, ha 400 milioni di fan globali, di cui 70 milioni in Cina e 80 dal Sud Est asiatico, dove Nike e Adidas (che sono entrambi sponsor di maglia dei club legati al FCG) si stanno dando battaglia e dove la Premier è il campionato più visto in tv.

Ecco, la tv: se ci lamentiamo che sono i suoi soldi a comandare in Italia, non è molto diversa la cosa a livello globale. E se InfrontAspire è arrivata dopo l’assegnazione dei Mondiali 2022, stavolta l’accordo globale può precedere l’evento che ormai sembra inevitabile: l’assegnazione di una prossima coppa del mondo alla Cina. L’accordo Fifa-Wanda durerà fino al 2030, anno Mondiale assieme al 2026: sono due slot ancora liberi. Tempo fa si era vociferato di una possibile Coppa del Mondo del centenario, da giocare cioè 100 anni dopo il primo Mondiale del 1930, e da far organizzare dallo stesso Paese dell’epoca (l’Uruguay) magari congiuntamente con l’Argentina. Una cafonata all’insegna del marketing come la Copa America del centenario da giocare quest’estate negli Usa con la scusa di portare tra New York e Los Angeles Messi e Neymar. Ma i due Paesi sudamericani non sono nuoivi mercati, la Cina sì. D’altronde lo ha detto Infantino: il vento è cambiato. E soffia fortissimo verso est.

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