Pochi se ne accorgono, ma c’è una nuova discriminazione in atto, strisciante e non vista perché vera – ma che va denunciata. Il successo nella vita non dipende, ahinoi, solo dall’impegno, dalla costanza e dall’intelligenza. Secondo uno studio pubblicato dal British Medical Journal, a fare la differenza c’entra molto anche l’altezza. Eh sì, la cara vecchia statura determina se, nella vita, ci sarà ricchezza e successo oppure miseria e frustrazione.
La ricerca parla chiaro: persone tozze e paffute godono di un’istruzione peggiore, hanno una carriera più limitata e condizioni di vita meno buone. Chi è alto e magro, invece, se la gode tutta. La cosa notevole è che lo studio non considera, per scelta, il contesto di provenienza dei soggetti esaminati. Si prescinde, cioèdal fatto che, di partenza, le persone siano ricche o povere. Questo, nelle intenzioni, renderebbe il dato universale.
E allora, se donne slanciate e uomini alti hanno la meglio nella vita, non conta (tanto) da dove vengono. Lo spiega (meglio) il professor Timothy Frayling, della University of Exeter Medical School: “Un indice di massa corporea alto e una bassa statura sono collegati, in un rapporto di causa ed effetto, a situazioni socioeconomiche basse”. Tradotto: se si è bassi e grassi si sarà poveri, se si è alti e magri no. Per entrare nei particolari, “nelle donne l’indice di massa corporea è decisivo per quanto riguarda lo stipendio. Mentre per gli uomini è più la statura che influisce sul grado di istruzione, sullo stipendio e sul tipo di lavoro”. Si chiama “seizeism”, che si potrebbe tradurre con “staturismo”.
Si tratta, come sempre, di tendenze generali. Registrano però un atteggiamento di fondo (cioè ostilità per le persone sovrappeso, disprezzo per chi non è alto) che determina a sua volta discriminazione, disseminando insicurezza nei soggetti meno avvantaggiati. Di conseguenza, creando le condizioni per un minor successo sociale. Poi, come capita in tutti i casi, esistono importanti eccezioni.