Si fa presto a dire “puttana”

L'uso generico di questo sostantivo è il più sicuro indice di cultura sessista e discriminatoria. Aboliamolo!

Puttana. Quante volte l’abbiamo detto nella vita e quante volte ce lo siamo sentito dire, che siamo delle puttane, che quella è proprio una puttana. Così, da donna a donna, davanti ad altre donne. Voi vi chiederete: perché mai fai questa riflessione proprio in concomitanza con la Festa della Donna, quando tutto l’internet e i social interi sono pieni di meravigliose quotes e meme che inneggiano alla sublime e nobile entità femminile?
Risposta: per il semplice fatto che mi piacerebbe tanto se, superati l’entusiasmo e l’afflato femminista del giorno, quando non saremo più nei trend topic del Twitter, riuscissimo a portare con noi qualcosa dello spirito di questa ricorrenza (al netto delle presunte serate tra amiche e degli streaptease – ma qualcuna ci va ancora agli streaptease?!). Mi piacerebbe tanto se, passato il santo passata la festa, non ricominciassimo a usare parole a caso, o non ricominciassimo ad andarcene in sbattimento per quel filo di cellulite immaginaria, mentre oggi tutte condividiamo le rughe di Anna Magnani.

Puttana, dicevamo.

Di fatto, quale che sia il crimine commesso da una donna, compreso tra l’omicidio di primo grado e una camicetta troppo scollata, quella viene etichettata come “puttana”. Non importa che ella sia una narcotrafficante, un’opportunista, un’arrivista, una falsa, una nazista, un’invidiosa, una razzista, una xenofoba, un’omofoba, una truffatrice, una bugiarda, un’egoista, una ladra, una gretta, un’inetta, un’ignorante. L’insulto principe, la prima colpa che – a torto o a ragione – le verrà imputata, l’unico immancabile improperio che le verrà rivolto, universalmente riconosciuto e idiomaticamente trasversale, è sempre lo stesso: puttana (con un ampio inventario di insulti e bestemmie a corollario del genere “figlio di p.”, “p. tua madre” e via discorrendo). È un habitus talmente radicato che tutte sapremmo insultare anche nei paesi anglofoni (bitch) e in quelli ispanici (puta).

Ma le donne sono puttane anche per molto meno, sia chiaro. Basta che ci taglino la strada nel traffico, che ci sorpassino in coda al supermercato

Quando io andavo alle scuole medie c’era anche “pumitrozzola” che era proprio il non plus ultra dell’insulto per una ragazza, perché stava per Pu(ttana)mi(gnotta)tro(ia)zzo(co)la.

Le donne sono “puttane”, sempre. Lo sono se flirtano troppo; lo sono se si vestono in maniera troppo provocante; lo sono se sono consapevoli del proprio fascino; lo sono se sul loro conto girano voci poco lusinghiere; lo sono se sono dialetticamente piacevoli per gli altri uomini; lo sono se sono troppo intraprendenti; lo sono se sono sensuali e se con la loro sensualità sanno giocare; lo sono se fanno carriera; lo sono se sono troppo libere o troppo indipendenti; lo sono se sono competitive; lo sono se rivelano qualche nostra confidenza a qualcuno; lo sono se approfittano del sesso per ottenere favori; lo sono se fanno un po’ troppo sesso, non per noia né per professione, ma per passione, come diceva De André; lo sono se suonano il flauto traverso a pagamento; lo sono soprattutto se vanno a letto con l’uomo sbagliato (il capo, il collega, il marito di un’altra, il fidanzato della nostra migliore amica, l’amante, quello che piaceva a noi).
Ma le donne sono puttane anche per molto meno, sia chiaro. Basta che ci taglino la strada nel traffico, che ci sorpassino in coda al supermercato, che alla svendita di Paciotti si portino via l’ultimo paio di scarpe del nostro numero.
E ciò che sempre mi colpisce di questa scelta semantica, del puttanesimo per l’appunto, è che non ci rendiamo conto di quanto sia svilente per il nostro genere, darci con tanta leggerezza delle puttane/zoccole/troie. Perché la meravigliosa lingua italiana prevede una quantità sconfinata di attributi e sinonimi, più precisi e spesso meno offensivi di “puttana”.

E io, che sono una grande supporter delle parolacce perché ad esse riconosco il potere di donare un’ineguagliata incisività al discorso, ritengo che il “puttana facile” sia un’aberrazione, una degenerazione, un malcostume dialettico che abbiamo contratto anche noi donne. È sessista, profondamente, e anche solo per questo dovremmo centellinarlo molto bene, come insulto. Essere più creative e più variegate, se proprio sentiamo l’urgenza di dire cose nefaste su altre donne.

E io, che sono una grande supporter delle parolacce perché ad esse riconosco il potere di donare un’ineguagliata incisività al discorso, ritengo che il “puttana facile” sia un’aberrazione

Perché, vedete, il punto è proprio qui: le riduzioni sessiste dei nostri ruoli, quelle che ci vogliono o angeli del focolare o amazzoni metropolitane, la retorica dell’opposizione tra la santa e la mignotta, che livella e appiattisce (come solo il peso della superficialità può fare) una cosa complessa ed eclettica quale è la femminilità nell’anno 2016, ebbene questo arcaicismo culturale o lo superiamo o lo subiamo. E se decidiamo di superarlo, dobbiamo accettare il peso della critica e la difficoltà dell’analisi, e dobbiamo ripudiare l’istantaneità dei giudizi e la ferocia delle sintesi estreme, anche quando farlo è difficile.

Perché il mondo è pieno di donne, alcune stronze e alcune in gamba. La maggior parte della quali, tuttavia, è un po’ l’una e un po’ l’altra cosa. E finché continuiamo a dare della puttana a destra e a manca, attingendo a piene mani ai (pre)giudizi di genere, possiamo anche smetterla di considerarci emancipate, o di indignarci quando gli uomini fanno altrettanto. Se una è stronza, è stronza. Non è puttana. Ok? Sembrano scemenze, ma non lo sono, perché le parole che scegliamo dicono molto di noi, e comunque più di quello che vorremmo dicessero.

Ricordate che ogni volta che diamo della puttana con leggerezza a qualcuna, stiamo erodendo un pezzetto di quel processo culturale evolutivo che dura da decenni, che evidentemente non è compiuto e che molto ancora durerà. E che non stiamo contribuendo a farlo progredire ma che lo stiamo boicottando.

Ogni “puttana” è un mattonino in meno.

E in questa partita, nessuna di noi vince.

Né le sante, né le puttane. Che poi sono la stessa cosa: donne.

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