È inutile girarci intorno: come fluidità di gioco il rugby non funziona. Agli occhi del profano le lunghe pause, le azioni brevi come fiammate restituiscono uno spettacolo che può apparire confuso, ultraregolamentato, anarchico o dominato dalle bizze del più forte. Più o meno come l’Unione Europea.
Per i palati fini, non c’è rimedio sulla terra. Bisogna cercare sott’acqua, e guardare al Rugby subacqeo. Mai sentito? No? È un grande sport. È nato in Germania nel 1961, come forma di allenamento per sub, e si è evoluto in un vero e proprio gioco autonomo.
Certo, non è semplice da giocare e con il rugby vero e proprio ha poco in comune. Mancano le mete, ma sono sostituite da canestri. La palla non è ovale: è tonda, ma è riempita con una soluzione di acqua salata, che la rende non galleggiante e la fa affondare a una velocità precisa (1000-1250 mm/s). A differenza del rugby, non ci sono preclusioni sulle direzioni che può prendere la palla (si può lanciare anche in avanti, per capirsi), ma bisogna ricordarsi che in acqua la percorrenza arriva a un massimo di 2/3 metri prima che l’inerzia la blocchi. Le squadre, poi, sono composte da 12 giocatori, ma in acqua sono solo in sei (con cambi fissi: è un gioco faticoso). Cosa lo rende simile al rugby? Le botte, parrebbe:
Dalle sperimentazioni tedesche si è arrivati a creare un campionato, un mondiale, un intero sistema. Potrebbe diventare lo sport del futuro? Chissà. Di sicuro è un ottimo sistema per mantenersi in forma. E divertirsi.