La Brexit e il tramonto della “legge McDonald’s”

L'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea contraddice le analisi dell'economista Friedman e a breve termine sarà un salasso per i sudditi della Regina

Il coro è stato praticamente unanime. A pronunciarsi la Confindustria britannica, le grandi banche della City, il team di esperti mobilitato dal Cancelliere dello Scacchiere George Osborne, le maggiori società di analisi e consulenza. Poi sono scesi in campo la Banca centrale Europea, il Fondo Monetario e, perfino, per le materie di sua competenza, il numero uno della Nato, Jens Stoltenberg. Tutti, con sfumature minime, hanno detto la stessa cosa: un’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea avrebbe a breve-medio termine conseguenze economiche pesanti per i sudditi della Regina.

Quanto all’andamento sul lungo periodo tutto dipenderebbe dalla capacità britannica di negoziare nuovi accordi con i tradizionali partner commerciali. Ma sul punto si è espresso con chiarezza il presidente americano Obama nella recente visita a Londra: inutile che vi facciate illusioni, ha detto agli inglesi: sulle intese internazionali si tratta per anni, “voi finirete alla fine della coda”.

Un’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea avrebbe a breve-medio termine conseguenze economiche pesanti per i sudditi della Regina

Eppure, nonostante questo fuoco di fila, le posizioni dei Brexiters non sembrano affatto indebolite: a poco più di un mese e mezzo dal referendum del 23 giugno, i sondaggi danno risultati in bilico, alcuni segnalano addirittura un prevalere del partito del “leave”. Un paradosso? La dimostrazione che i cittadini del Regno Unito, «un popolo di bottegai», come diceva Napoleone, hanno perso il tradizionale pragmatismo e si sono trasformati in una nazione di teste calde irrazionali? Forse, semplicemente, è il definitivo tramonto della “Legge McDonald’s” sulla globalizzazione.

Una ventina d’anni fa fu Thomas Friedman, editorialista del New York Times a enunciarla: non è mai successo, diceva, che due Paesi dove opera il colosso degli hamburger si siano fatti la guerra. Un’immagine efficace utilizzata per sottolineare come il prevalere di stili di vita occidentali, l’accettazione delle leggi del mercato, l’adesione ai principi liberali, con la loro promessa di benessere diffuso, finissero per prevalere sulle altre forze della storia. Il collante universale era l’economia con i suoi corollari. Poi nel 2008 la Russia (primo McDonald’s nel 1990) ha dichiarato guerra alla Georgia (primo McDonald’s nel 1999), più di recente ancora la Russia ha invaso la Crimea ucraina. La legge Mc Donald’s è andata in frantumi.

La “Legge McDonald’s” enunciata da Thomas Friedman: non è mai successo, diceva, che due Paesi dove opera il colosso degli hamburger si siano fatti la guerra

Oggi in Gran Bretagna se ne ha una prova ulteriore: la forza della razionalità economica risulta soccombente di fronte a quella dell’identità, le ragioni del cuore prevalgono su quelle del cervello. Gli attivisti della Brexit sono per la maggior parte tradizionalisti, bianchi, sopra i 50 anni, spesso di senza un titolo di studio superiore. A motivarli è sì la fiducia in un futuro di benessere al di fuori dell’Unione, nonostante tutte le previsioni contrarie.

Ma le vere parole d’ordine sono “sovranità” e “anglosfera”, termine che affonda le sue radici nell’Ottocento e abbraccia la comunità dei Paesi anglosassoni, in cui la Gran Bretagna deve ritrovare il suo posto di primo piano una volta liberata dall’abbraccio soffocante del Vecchio Continente. I nemici sono Bruxelles, simbolo della tecnostruttura burocratico-economica uscita vincente dai processi di globalizzazione in crisi e in generale le èlite intellettuali e giornalistiche.

E’ la stessa narrazione che risulta così efficace in molti altri Paesi europei. Ed è anche per questo che il referendum britannico coinvolge davvero tutti.

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