Olimpiadi a Roma, serve un referendum come ad Amburgo

I radicali l’hanno proposto, Giachetti e il Pd non lo vogliono, ma il Consiglio Comunale non ha mai votato il dossier del comitato promotore. Ad Amburgo si è svolto un referendum e la candidatura è stata ritirata. Perché a Roma non si può?

Roberto Giachetti, candidato Sindaco del Pd alle amministrative di Roma, si è detto contrario al referendum consultivo proposto dai Radicali sulle Olimpiadi del 2024 . Sebbene favorevole al coinvolgimento dei cittadini nelle scelte della città, sulle Olimpiadi che comporteranno un investimento di quasi dieci miliardi di euro – per oltre metà soldi pubblici – il candidato Sindaco del Pd sostiene che consultare i romani sia superfluo perché l’Assemblea Capitolina si è già espressa con una mozione votata a maggioranza – per inciso, la maggioranza che sosteneva Ignazio Marino, Sel compresa, con l’unica eccezione del consigliere radicale Riccardo Magi.

Ma su cosa si è pronunciata in realtà l’Assemblea Capitolina il 25 giugno 2015? La mozione comunale – approvata con 39 voti favorevoli, 6 contrari e nessun astenuto – è contenuta in una paginetta consultabile sul sito del Comune di Roma. La mozione riconosce i “valori dello sport”, e sostiene che le Olimpiadi siano una “occasione unica per atlete ed atleti e mondo Olimpico e Paralimpico di svolgere i Giochi in uno scenario che non ha eguali nel mondo”, oltre che una “occasione unica per Roma di accelerare il processo di crescita, rigenerazione, rafforzamento dei servizi e dell’offerta turistica, anche nella prospettiva dell’anno giubilare del 2025”.

Nella mozione si sostiene anche la opportunità del rispetto di “alcuni principi etici e pratici” – nello specifico: “sostenibilità ambientale, rigenerazione urbana con particolare riferimento al riutilizzo degli impianti sportivi esistenti” e si assicura il principio della “compatibilità economico-finanziaria”, ovvero “le risorse che saranno effettivamente disponibili” rispetto ai “progetti e tempi” ed alla “programmazione delle opere e delle infrastrutture da realizzare tutte in funzione dell’uso di cittadine e cittadini dopo i Giochi.”

Una mozione tuttavia non è un atto amministrativo, ma un atto di indirizzo politico. All’epoca della votazione comunale oltretutto non era nemmeno stato pubblicato il dossier che il Comitato promotore delle Olimpiadi ha presentato al Cie solo otto mesi dopo, il 17 febbraio 2016.

Su cosa si sono pronunciati quindi i consiglieri comunali? A ben vedere, la mozione dell’Assemblea capitolina che secondo Giachetti rende superfluo consultare i romani è in realtà il frutto dell’entusiasmo mediatico seguito all’incontro in Comune presenziato dall’allora Sindaco Ignazio Marino, con il Presidente del Comitato di Roma 2024, Luca di Montezemolo, il Presidente del Coni Giovanni Malagò ed una delegazione di atleti incaricati di perorare i valori dello sport.

L’approvazione trasversale con cui consiglieri comunali romani hanno accolto il progetto del Comitato promotore, dunque, non era fondata su una valutazione ponderata del progetto. Né all’epoca del voto né successivamente al voto è infatti mai stato sottoposto ai decisori, ai diversi livelli, alcuno studio di fattibilità. L’unico studio serio di fattibilità, cioè uno studio indipendente, risale solo al 2011 quando, ai tempi del Governo Monti, venne istituito un Comitato di compatibilità economica presieduto dall’economista Marco Fortis con l’incarico di valutare l’ipotesi di candidare Roma all’organizzazione di altri giochi Olimpici, quelli del 2020.

Nella relazione redatta allora dal comitato di studio, si osservava come la valutazione economica dei promotori presupponesse in realtà che le opere fossero “portate a termine nelle modalità e nei tempi previsti senza alcun aggravio in termini di costi rispetto a quanto preventivato” e che le stesse opere venissero realizzate in “osservanza di condizioni di efficienza amministrativa in un clima di leale cooperazione istituzionale da parte di tutti i soggetti coinvolti nell’organizzazione dei Giochi”. Su questi presupposti si basò la decisione dell’allora Presidente del Consiglio Monti di rinunciare alla candidatura romana.

Non sembra nemmeno che i membri dell’Assemblea Capitolina, nel pronunciarsi a favore delle Olimpiadi di Roma, abbiano valutato gli studi sull’impatto economico delle Olimpiadi come quello dell’Università di Oxford citato dai Radicali di Roma in un dossier dedicato al progetto olimpico del 2024. Lo studio realizzato dagli economisti Bent Flyvbjerg ed Allison Stewar mette a confronto i costi preventivi dei Giochi Olimpici invernali ed estivi degli ultimi cinquant’anni – dal 1960 al 2012 – con le spese effettivamente sostenute dalle città ospiti, dimostrando come nella totalità dei casi i costi reali si moltiplichino talvolta in maniera abnorme, talaltra in maniera significativa, in ogni caso mai restando conformi al budget preventivato al momento dell’approvazione del progetto.

All’epoca della votazione comunale non era nemmeno stato pubblicato il dossier che il Comitato promotore delle Olimpiadi ha presentato al Cie solo otto mesi dopo, il 17 febbraio 2016.

Roma contende la candidatura ad ospitare i Giochi Olimpici del 2024 a Budapest, Los Angeles e Parigi. Avrebbe dovuto esserci anche Amburgo nella lista dei competitor ma il 30 novembre, nonostante la ufficializzazione al CIO del settembre precedente, Amburgo ha ritirato la propria candidatura, dopo la consultazione popolare tenutasi la domenica precedente, durante la quale il 51,7% dei votanti aveva espresso parere contrario all’organizzazione dei giochi.

Il referendum consultivo proposto dai Radicali è stato sottoposto il 15 marzo all’approvazione della commissione capitolina composta da esperti indipendenti che dovrà verificarne l’ammissibilità entro il 15 aprile. Se la commissione dovesse accogliere la proposta di consultazione, entro un mese dovrà cominciare la raccolta firme che dovrà compiersi entro tre mesi con la sottoscrizione di almeno l’1% dei residenti, cioè circa 28mila persone. Obiettivo ambizioso per i soli radicali. Cosa farà in tal caso Giachetti: rifiuterà di dar loro una mano?

Il progetto di Roma 2024 prevede un budget di 9,7 miliardi di Euro, di cui 5 privati. Il cuore del progetto verte sull’utilizzo delle infrastrutture sportive già esistenti e solo in parte sulla costruzione di nuove opere ad hoc. Tra queste, oltre il prolungamento della Metro C – o, in alternativa, delle linee ferrate di superficie – il completamento del Villaggio Olimpico di Tor Vergata di cui Wikispesa così ricostruisce la storia: “opera incompiuta che si sarebbe dovuta comporre di un palasport con 8mila posti, un edificio per la pallanuoto con 4mila posti, una piscina olimpionica esterna con tribune fisse per 3mila posti e una pista di atletica. Rispetto al progetto redatto inizialmente dal SIIT (Servizi Integrati Infrastrutture e Trasporti) del Lazio che prevedeva 120 milioni di euro di spesa, quello successivamente approvato nel 2006 costava il doppio, 240 milioni di euro. Dopo l’approvazione (settembre 2006) il Comune di Roma chiese a Santiago Calatrava un’ulteriore stesura del progetto, per rendere candidabile la capitale alle Olimpiadi del 2016, col fine quindi di adeguarlo agli standard olimpici. La stesura definitiva venne passata al Comitato Tecnico e Amministrativo del Provveditorato alle Opere Pubbliche il 5 febbraio del 2007 con il risultato che la spesa aumentò raggiungendo i 323 milioni di euro, di cui circa 239 per lavori. Il progetto definitivo venne autorizzato il 25 febbraio del 2009 con dei cambiamenti rispetto al progetto iniziale (due edifici vengono alzati a 76 metri e il palazzetto dello sport ingrandito per ospitare 15mila spettatori, ossia 7mila in più) e l’importo definitivo del prospetto raggiunge i 607.983.772 euro.

I 426 milioni necessari per il completamento del villaggio olimpico di Calatrava rappresentano da soli il 24,3% delle risorse necessarie a concludere le 683 opere pubbliche incompiute censite dal ministero delle Infrastrutture e dall’Ance

Tornando all’oggi ed al progetto del Comitato promotore di Roma 2024 che fa leva proprio sull’espansione di Tor Vergata per la “legacy” che le Olimpiadi lasceranno alla città, si rileva come l’opera dell’archistar Calatrava continui a giacere incompiuta, dopo essere già costata agli italiani oltre 210 milioni di euro (IVA esclusa). E gli altri 426 milioni necessari per il completamento, rappresentano da soli il 24,3% delle risorse necessarie a concludere le 683 opere pubbliche incompiute censite dal ministero delle Infrastrutture e dall’Ance. Ricaviamo questi dati dal dossier redatto dai Radicali.

Secondo Riccardo Magi per Roma 2024 non ha senso parlare di Olimpiadi low cost e «non si capisce quale dovrebbe essere l’eredità del progetto principale, quello del villaggio Olimpico di Tor Vergata, dove sono previsti ben 17 mila posti letto quando al campus universitario ne servirebbero al massimo mille. Senza considerare la distanza del villaggio di Tor Vergata dal Foro Italico, sede principale delle gare, distanza che già di per sé non costituisce certo un buon viatico all’approvazione della candidatura romana da parte del Cio.

Il progetto del comitato per Roma 2024 prevede anche un lago artificiale di 2,5 km di lunghezza da realizzare nei pressi della Nuova Fiera di Roma. «Da quello che vediamo – osserva Magi – questo lago ricade nell’area di massimo vincolo di sicurezza dell’aeroporto di Fiumicino, dove è rigorosamente vietato realizzare bacini di acqua artificiale, anche perché attirerebbero un gran numero di uccelli, con comprensibili rischi per gli aerei che decollano e atterrano. Un lago così semplicemente non si può fare»

Il punto dunque non è tanto se fare o no le Olimpiadi a Roma nel 2024, ma se sia legittimo sottoporre ai cittadini il progetto proposto dal Comitato presieduto da Montezemolo, o se sia piuttosto opportuno favorire la conoscenza sulla fattibilità economica e tecnica del progetto e delle infrastrutture connesse. Se insomma, aldilà dell’indirizzo politico su cui l’Assemblea capitolina uscente si è espressa, non vi siano ragionevoli motivi – politici, economici – per avviare un dibattito pubblico trasparente da sottoporre a consultazione referendaria come già avviene nelle grandi, democratiche capitali di mezzo mondo.

@kuliscioff

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