Quando Wittgenstein trovò ispirazione in un fiordo norvegese

Il filosofo austriaco aveva bisogno di spazio e tempo per pensare. E soprattutto, quiete. A Skjolden, in una capanna di sette metri per otto, concepì alcune delle sue opere migliori

Freddo e filosofia. Solitudine e speculazione. Isolamento e produttività. Tutto questo può essere riassunto in un solo nome: Ludwig Wittgenstein. Nel 1913 e nel 1914 il pensatore austriaco abbandonò il mondo di Cambridge (in via temporanea) e si ritirò per scrivere e pensare nell’oscuro gelo del fiordo, a Skjolden, alle estremità del Lustrafjord, in Norvegia. Bertrand Russell, prima che il suo allievo partisse, lo aveva avvisato: “Sarai molto solo”. Ma lui rispose: “Ho prostituito la mia mente parlando con persone intelligenti”. In quella zona non correva rischi, pare.

Per chi volesse intraprendere tour filosofici abbinati a esplorazioni di aree selvatiche e abbandonate, la sua stamberga (pardon, dimora) è ormai scomparsa, ma sono rimaste le fondamenta e un paio di sentieri che il filosofo utilizzava per spostarsi e pensare. Quel rifugio di sette metri per otto fu chiamato “Piccola Austria”, in anni in cui l’Austria, quella vera, stava per sfaldarsi sotto il peso di separatismi e guerre mondiali. Una micro-capitale del pensiero, un minuscolo palazzo del sapere. Del resto, “i problemi filosofici emergono quando il linguaggio va in vacanza”.

Questo video racconta la ricerca della sua abitazione nei luoghi incantati e gelidi del fiordo norvegese. Realizzato dalla regista Kirsten Dirksen, mostra da un lato il paesaggio e dall’altro narra la storia di Wittgenstein, del suo esilio e della sue evoluzioni filosofiche.

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