Alice Paba (forse) lo sa: vincerà The Voice perché è già un’artista

Il talent di Rai 2 alla puntata finale con i concorrenti pronti a cantare i propri "inediti" e lanciarsi nel mercato discografico. Ma per evitare che l'allieva di Dolcenera venga fagocitata il giorno dopo ci vuole un Pigmalione

Alice Paba è felice. Non tanto e non solo perché ha diciannove anni, un grande talento e sta per giocarsi la finale di The Voice of Italy, talent di Rai 2 giunto alla quarta edizione. No, Alice Paba è felice per una questione molto più pratica, perché per poter essere intervistata da me, che poi ho scritto queste parole, almeno per un giorno nell’ultimo mese e mezzo non deve mangiare nella mensa della Rai. Ed è felice anche perché, durante il pranzo, un tizio della produzione le dirà che per la serata finale, durante l’esecuzione del brano inedito (perché nella finale i quattro concorrenti cantano i loro inediti, chiamiamoli così per ora), i cantanti potranno utilizzare il gobbo, senza quindi doversi imparare a memoria il testo.

Perché, affrontiamo subito l’argomento, gli inediti dei quattro ragazzi non sono esattamente gli inediti dei quattro ragazzi. Sono sì inediti e sono sì cantati dai quattro finalisti di The Voice, ma sono brani che i coach e i loro collaboratori hanno scelto per i ragazzi. Niente di strano e niente di male. I coach, Dolcenera, Max Pezzali, Emis Killa e Raffaella Carrà, sono persone di esperienza, e stanno lì proprio per portare i loro ragazzi alla vittoria finale. Ci mettono la faccia, abbastanza, e ci mettono il cuore, a volte. In tutti i casi fanno il loro lavoro, e lo fanno bene. E nel loro lavoro è compreso scegliere i brani inediti da far cantare ai loro ragazzi. Nel caso della coach di Alice, Dolcenera, musicista e cantautrice, l’apporto dato alla scelta, all’arrangiamento, anche all’interpretazione è stato notevole, rendendo una canzone pop qualcosa di un po’ diverso, un po’ più fricchettona, un po’ come è Alice.

Ma è chiaro che se un cantante si trova a dover cantare un brano non pensato per lui/lei, non scritto, magari, se di cantautori o cantautrici si tratta, da lui/lei, insomma, se si trova a interpretare una canzone capitata lì un po’ per caso, tra le tante selezionate dai veri repertori degli editori, scritte da autori rodati, certo, ma pur sempre autori che scrivono anche per altri ragazzi che escono da altri talent, beh, forse un piccolo bug nel sistema potrebbe esserci.

Ma Alice tutto questo non lo sa, per dirla col poeta. Alice non lo sa. Alice è felice. Lei, Alice, è un’artista, mi sento di dirlo senza se e senza ma. Lo sto dicendo da oltre un mese, ormai è diventato quasi un mantra. Alice è un’artista, e non dobbiamo lasciare che il mondo dei talent, e più in generale il mondo della discografia, se la fagociti.

L’ho sentita cantare, l’ho sentita far proprie canzoni difficili da cantare, tecnicamente, ma soprattutto difficili da interpretare, perché canzoni importanti, cantate in precedenza da cantanti importanti. Importanti come voci, come vissuto, come artisti. Lei, Alice Paba da Tolfa, diciannove anni, un’aria svagata, un po’ magica, un po’ svampita, ha preso quelle canzoni, A mano a mano di Riccardo Cocciante nella versione di Rino Gaetano, Almeno tu nell’universo nella versione di Mia Martini, So quiet di Bijork, e le ha fatte sue. Le ha interpretate tirando fuori una voce sorprendente, perché in effetti ha sorpreso, e le ha interpretate, almeno in occasione di Almeno tu nell’universo, manifestando anche certe fragilità, fragilità da artisti, appunto. Alice tutto questo non lo sa, dicevamo, perché sta vivendo con la stessa stravaganza con cui affronta il palco anche questo talent. E forse proprio questa stravaganza, questa svagatezza, difficile anche da fermare in una singola parola, le permette di affrontare tutto questo senza finire vittima di ansie o di patemi, o finendoci ma superandoli trovando soluzioni inaspettate dentro la borsa, come Mary Poppins, personaggio che, sembra, saprebbe interpretare senza problema alcuno. Niente patemi, sì.

Perché quel che l’aspetta da quando la televisione trasmetterà i titoli di coda di questa quarta edizione di The Voice, sia che, come auspico con tutto me stesso, come invoco, addirittura, lei vinca, sia che, e qui faccio gesti scaramantici indicibili, non vinca (andando, ne sono altrettanto certo, a interpretare il ruolo che è stato l’anno scorso di Chiara Dello Iacovo, vera vincitrice morale del talent di Rai 2 nel 2015) non è poi così scontato.

Ha interpretato i brani assegnati tirando fuori una voce sorprendente, perché in effetti ha sorpreso, e le ha interpretate, almeno in occasione di Almeno tu nell’universo, manifestando anche certe fragilità, fragilità da artisti, appunto. Alice tutto questo non lo sa, dicevamo, perché sta vivendo con la stessa stravaganza con cui affronta il palco anche questo talent.

Un po’, in realtà, Alice lo sa. Lo si capisce parlandoci, qui a tavola, durante questo pranzo lontano dalla mensa Rai, perché parlandoci dalla sua voce stralunata (Dio, aiuto, fammi trovare la parola giusta) traspare un po’ di timore per il domani. Domani inteso non come martedì, giorno dopo la finale, ma domani metaforico, dopo la finale di The Voice, ma anche dopo il dopo The Voice, nel futuro, nella vita.

Alice è svagata, stralunata, anche un po’ svampita, sembra, ma vive su questo mondo, e una mezza idea di quel che potrebbe capitare una volta uscita da un talent se la sarà fatta, lei che già è passata da Amici. Quindi appare, unico momento assolutamente non stravagante, un po’ disincantata. Brutta faccenda quando chi sembra capace di donare incanto di colpo sembra non vederne di fronte a sé. Ma situazione comprensibile, dotata dello stesso pragmatismo che l’ha fatta sorridere di gioia per il suo non essere in mensa RAI.

Alice sa che una volta che saranno spente le luci ha davanti una incognita. Ha la percezione di aver bucato, e non potrebbe essere altrimenti, non fosse altro perché sta parlando con me, che con questo ho scritto su di lei già sette articoli. Ha la percezione di aver bucato, ma sa che quel che l’aspetta, nell’immediato, è di finire l’anno scolastico, sperando di avere poi la chance di incidere un album, di trovare qualcuno che creda in lei, davvero, che investa in lei, che la sappia guidare. Ecco, la parola guidare ricorre, nella nostra chiacchierata. E non potrebbe che essere così, perché Alice è una ragazza di diciannove anni, giovanissima. Una ragazza giovanissima che crede nella musica, che coltiva sin da piccola il suo talento, che ci mette l’anima, e si sente, si sente perché quando canta ti toglie la pelle, cosa che, lo dico da vecchio saggio, durante un ventennio di critica musicale mi è capitata assai raramente.

Ecco, ci siamo. Diciannove anni, tanti ne ha Alice Paba. Vent’anni, tanti ne sono passati da quando ho cominciato a scrivere di musica. Un nesso. Lo dico adesso, quando ancora non è stata fatta la finale, quando la vittoria di Alice a The Voice è una possibilità, una delle quattro possibilità in atto, e una speranza (per lei, i suoi fan, e, lo ripeto, anche per me), mi offro, mi candido, mi propongo come guida di Alice Paba, una volta finita questa sua avventura. Ho un po’ già cominciato a farla, a vestire i panni del Pigmalione, scrivendo tanto di lei, in queste settimane, esponendomi e mettendoci la faccia, incontrandola, sostenendola e sostenendo la sua squadra, quella della mia amica Dolcenera (ma è mio amico anche Max, per essere chiari, quindi la scelta di mettere la faccia su Alice è stata davvero dettata dal talento di Alice).

Mi offro, mi candido e mi propongo come guida, mettendo a sua disposizione, e anche a disposizione della major che si trova a gestirla, la Universal. Voglio davvero essere il Pigmalione di Alice Paba

So che nel farlo presterò il fianco, non appena mi ritroverò, e capiterà, ne sono certo, a criticare il mondo dei talent. Ma le mie critiche saranno ancora più forti proprio per il mio averlo seguito, ora lo posso dire, da dietro le quinte. Ho seguito i live dai camerini, dal backstage, come se facessi parte di questa situazione, in virtù del mio essermi esposto per Alice, ospite di Dolcenera. Quindi, bando alle ciance. Mi offro, mi candido e mi propongo come guida, mettendo a sua disposizione, e anche a disposizione della major che si trova a gestirla, la Universal. Voglio davvero essere il Pigmalione di Alice Paba. Non sono un discografico, non sono un manager, non sono un artista parte dello show business, ma sono da anni al fianco di tutte queste figure. Il mondo della musica è il mio mondo, lo conosco e il mio lavoro è analizzarlo, così come è analizzare la musica. Se mi offro di fare la guida so di cosa sto parlando.

Per dire, apprezzando il lavoro fatto sul singolo dal team Dolcenera, in tempi ristrettissimi, senza aver potuto lavorare troppo su Alice, ma cercando comunque di alicizzare la canzone, per quel che era possibile fare con quel tipo di canzone, mi sentirei di indicare altre strade per il futuro. Ho parlato con Alice, appunto, mi sono fatto dire qual è il suo mondo musicale, quali le sue influenze. Lei, una ragazza di diciannove anni, per dire, mi ha parlato di Angelo Branduardi, nome che mai avrei pensato di sentir uscire da una ragazzina. Allora, mi chiedo, come potrebbe suonare un suo lavoro se al suo fianco, per dire, ci fosse la ritmica che ha reso Branduardi Branduardi, quindi Andy Surdi e Gigi Cappellotto, rispettivamente batteria e basso? Come potrebbe essere se, invece di guardare a quel pop, seppur alicizzato, si guardasse a situazioni più acutstiche, che so? Suzanne Vega? Vogliamo rimanere in Italia? Perché non chiedere collaborazioni a Alessandro Mannarino, la cui carica freak e caciarona benissimo si adatterebbe alle sue corde? Qualcuno dirà, ok, ma non vogliamo sentire anche qualcosa di un po’ più movimentato, che possa passare in radio? Guarda che anche rimanendo in ambito acustico, batteria minimale rullante e cassa, double bass, chitarra, al limite un pianoforte, si possono fare grandi cose. Guardate i Violent Femmes, per dire, guardate a certo Elvis Costello.

Insomma, di discorsi da fare, da strade da cercare di intraprendere ce ne sono. L’età è dalla sua, il talento è già lì. Lo dico oggi, così che domani nessuno possa parlare di salire su certi carri, e lo dico vada come vada, perché un talento è tale a prescindere da quel che ottiene da un talent: Alice, se vuoi, sarò il tuo Pigmalione. Alessandro Massara, presidente della Universal Music Italia, a disposizione. E che vinca la migliore, lei.

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