Alla fine, il codice degli appalti potrebbe servire solo a complicare tutto. Le nuove regole erano state presentate dal presidente del Consiglio Matteo Renzi con queste parole: «Una riforma strutturale con regole semplici e meno astruse che chiude la strada alla corruzione». Ma, oltre al fatto che di semplificato c’è ben poco – come fa notare Lavoce.info – le falle che potrebbero lasciare spazio alla corruzione sono ancora molte. Tant’è che l’Anac, Autorità nazionale anticorruzione, di Raffaele Cantone ha stilato subito una lista di linee guida (sulle quali fino al 16 maggio si possono inviare contributi e osservazioni) che affrontano le questioni più urgenti.
A partire dal criterio preferenziale dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Uno dei pilastri del nuovo codice avrebbe dovuto essere l’abolizione della regola del massimo ribasso, il meccanismo secondo il quale la gare sono assegnate a chi offre il prezzo minore. Prezzi che spesso e volentieri sono al di fuori delle cifre di mercato e che non permettono grandi margini di guadagno. Tant’è che alla fine le aziende applicano le solite varianti e i costi cominciano a lievitare. In questi passaggi spesso si annida il germe della corruzione. E infatti il criterio del massimo ribasso nel nuovo codice avrebbe dovuto sparire, a favore della cosiddetta offerta economicamente più vantaggiosa, che tiene conto invece del rapporto qualità/prezzo. Peccato però che, dopo una serie di trattative da mercato per stabilire l’importo minimo della gara da cui fa partire il nuovo criterio, nel nuovo codice degli appalti si dice che l’offerta economicamente più vantaggiosa sarà applicata solo per le gare al di sopra di 1 milione di euro. Tradotto: oltre l’80% delle gare –questo vale soprattutto nelle amministrazioni locali – resterà con il criterio del massimo ribasso.
Nel nuovo codice degli appalti si dice che l’offerta economicamente più vantaggiosa sarà applicata solo per le gare al di sopra di 1 milione di euro. Tradotto: oltre l’80% delle gare resterà con il criterio del massimo ribasso
Non solo. Il nuovo codice prevede che nelle procedure di appalto con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa la valutazione per la proposta migliore sia affidata a una commissione giudicatrice composta da esperti del settore. Per garantire la massima trasparenza, i commissari dovrebbero essere estratti a sorte da un elenco preparato dall’Anac. Ma anche qui c’è l’inghippo. Perché la regola vale solo per le gare di importo superiore alle soglie comunitarie, cioè sopra i 5,2 milioni di euro. Sotto questa cifra, la stazione appaltante può nominare componenti interni. I commissari saranno scelti quindi dalla stessa amministrazione che assegna l’appalto.
La scelta non è piaciuta all’Anac. Nelle linea guida Cantone ha spiegato che se le commissioni esterne sono vincolanti per gli appalti sopra i 5,2 milioni di euro, al di sotto di questa soglia l’utilizzo è comunque consigliato. Per esigenze di trasparenza. Questo vale soprattutto per i lavori sopra un milione di euro. E anche «quando per precedenti aggiudicazioni vi siano stati fenomeni degenerativi, quali tentativi di corruzione, gravi errori accertati da parte della commissione giudicatrice, ecc.», ha detto Cantone al Sole24ore.
Altrimenti, tutto resta nelle mani delle amministrazioni pubbliche, dalla valutazione al controllo. «Spetterà alle stazioni appaltanti stabilire cosa far prevalere: se il prezzo più basso o il criterio di qualità», spiega Edoardo Tozzo, membro del consiglio direttivo di Civicum, associazione che lavora per l’applicazione del merito e della trasparenza nella pubblica amministrazione. Come ha fatto notare anche Cantone, in questo modo «aumentano le procedure negoziali e viene estesa la discrezionalità nelle mani della pubblica amministrazione». Non solo nella scelta finale. Ma anche «nella ponderazione dei criteri e delle specifiche tecniche di un appalto». È in questo spazio di negoziazione che potrebbero innestarsi le irregolarità. Oltre al fatto che per valutare le offerte tecniche «servono funzionari competenti e aggiornati con quello che il mercato offre», dice Tozzo. «Il problema è che le amministrazioni pubbliche non sempre sono competenti per decidere quando applicare il criterio del massimo ribasso e quando invece puntare sulla qualità. E la formazione interna nella Pa è quasi totalmente assente. Le nuove procedure negoziali sono positive, purché siano applicate con raziocinio e competenza. Gli spunti sono buoni, ma andrebbero applicati alla realtà fattuale della nostra pubblica amministrazione».
Su questo sono intervenuti anche i parlamentari di Sinistra italiana con una lettera inviata al presidente della Repubblica, in cui denunciano l’eccessiva dicrezionalità in mano agli amministratori. E propongono un unico sito istituzionale che renda trasparenti le procedure con tre livelli: uno per le stazioni appaltanti, uno per gli operatori economici, e uno per i cittadini, che possono vedere tutti i documenti di gara, i soggetti coinvolti e le scadenze.
I problemi però non sorgono solo in fase di aggiudicazione, ma soprattutto nella gestione esecutiva degli appalti. I costi lievitano e i tempi di lavorazione si allungano. Per questo, l’associazione Civicum sta lavorando a un modello che aiuti a monitorare la gestione dei lavori pubblici. Si chiamerà Sat, Stato avanzamento lavori. «Partendo dai dati forniti dalle amministrazioni», spiega Edoardo Tozzo, «l’obiettivo è informare sui tempi di esecuzione e il flusso finanziario dei lavori, in modo da monitorare se quello che è stato indicato nel progetto iniziale venga rispettato o meno». Un monitoraggio che il nuovo codice degli appalti, almeno per il momento, ignora.
Aumentano le procedure negoziali e la discrezionalità della pubblica amministrazione. Non solo nella scelta finale. Ma anche nella ponderazione dei criteri e delle specifiche tecniche